Enrico Calamai una vita per i diritti umani
Blatti e Calamai ritratti all'Università di Napoli | L'Orientale | ©Riproduzione riservata

Fare qualcosa, salvarne molti. La vita di Enrico Calamai diventa un docufilm

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Il docufilm di Enrico Blatti Enrico Calamai una vita per i diritti umani, selezionato al XXI Festival Filmare la Storia di Torino, riporta l’attenzione su questo diplomatico italiano attivo a Buenos Aires negli anni della dittatura militare, al quale si deve la salvezza di almeno trecento perseguitati.


Enrico Calamai una vita per i diritti umani
La locandina del docufilm

Enrico Calamai una vita per i diritti umani. Il docufilm tratto dalla vita del diplomatico italiano

Era il 1972 quando il giovane diplomatico Enrico Calamai è inviato in Argentina come vice console di Buenos Aires.

Nel libro che ha scritto per cercare di mettere insieme i ricordi su quel periodo movimentato e cruciale della sua vita, dal titolo Senza asilo politico, comincia con la descrizione dei momenti previ al suo viaggio per l’Argentina, sulla nave Giulio Cesare, ed emoziona quando racconta che le persone sul molo salutano gli amici e i parenti in partenza sventolando dei fazzoletti. Una scena che nel passato si ripeteva sempre e durava fino a quando la nave si perdeva all’orizzonte. Parla poi del viaggio e con una certa noia del suo arrivo a Buenos Aires. Rivela un po’ di delusione quando scrive:

“Che senso ha fare tanti chilometri per trovarsi in una città che potrebbe essere in Italia?” Evidentemente non sapeva cosa lo avrebbe aspettato e come avrebbe reagito, in effetti il libro, dinamico e con colpi di scena che rispondono alla realtà, racconta il cammino della scoperta di se stesso fatto dal giovane diplomatico per affrontare le situazioni pericolose che gli si sono presentate in Cile e in Argentina, era un eroe e non lo sapeva. Quando arriva in Argentina gli si presenta una vita un po’ monotona, lavoro d’ufficio, ricevimenti, visite alle varie associazioni italiane. La sua vita si complica quando viene inviato a Santiago del Cile, dopo il colpo di Stato del generale Augusto Pinochet -11 settembre 1973. Con un’ abile gestione riesce a far esiliare in Italia 412 perseguitati che si erano rifugiati nell’Ambasciata italiana. Il periodo di adrenalina non era finito per Calamai, che dopo la vicenda di Santiago è rimandato a Buenos Aires, due mesi prima del Colpo di Stato del generale Videla, 24 marzo 1976.

L’atteggiamento della dittatura argentina verso gli oppositori politici non era frontale come quella della dittatura cilena, la repressione era attuata di nascosto, in modo occulto, le persone sparivano all’improvviso di notte e di loro non restava nessuna traccia. Di giorno la vita sembrava quasi normale. È l’inviato del Corriere della Sera, Giangiacomo Foà a mettere sull’avviso Calamai, naturalmente oltre alle persone che si recavano in Consolato per chiedere alle autorità diplomatiche di aiutarle a cercare parenti che erano scomparsi da alcuni giorni.

I due chiedono aiuto a Filippo Di Benedettoun sindacalista della Confederazione Generale Italiana del lavoro (CGIL): un uomo semplice, umile ma estremamente determinato e senza paura. Formano così una cellula di resistenzatre persone coraggiose, disposte a rischiare la propria vita per salvare gli altri. Di Benedetto e Foà correvano il rischio di essere torturati e ammazzati mentre Calamai contava almeno e fino ad un certo punto sull’immunità diplomatica.

I tre capiscono che il Governo italiano preferisce ignorare la situazione e mantenere rapporti con il nuovo governo argentino e per questo non vuole prendere una posizione, mentre l’aveva presa nei riguardi della dittatura cilena. Comprendono che loro devono “Fare in modo che qualcosa filtri attraverso la stampa e che, dall’altra, le richieste di aiuto arrivino in Italia ad una forza politica”. In Italia trovano l’aiuto di un settore del Partito Comunista (PC) che presenta delle interrogazioni parlamentari sui casi di persone braccate dai militari. Il governo non può dire così di non sapere niente e non può lavarsi le mani di fronte a casi concreti. Trovano un sentiero.

Di Benedetto e Foà vengono a sapere i nomi dei perseguitati e li mettono in contatto con Calamai, che come vice console poteva rilasciare i passaporti fatti in fretta. C’era poi il pericoloso viaggio all’aeroporto, dove imbarcavano i ricercati su aerei diretti a Montevideo e da lì in Italia. In questo modo hanno salvato più di trecento persone.

“Enrico Calamai, una vita per i diritti umani” è un docufilm diretto da Enrico Blatti, compositore, regista e Presidente sezione ANPI “Orlando Orlandi Posti, tratto dal libro “Senza asilo politico”, che si è già presentato con standing ovation in varie città italiane: Padova, Campobasso, Milano, Roma e racconta questa storia di resistenza, coraggio e dignità.

Finita la proiezione si approfondisce la figura del protagonista, che fedele alla sua frase “C’è un solo modo per non essere colpevole anch’io: fare qualcosa” oggi continua a battersi per la dignità dei migranti e la loro accoglienza in Italia.

Calamai è stato definito lo Schindler di Buenos Aires è stato decorato con l’Orden del Libertador General San Martin, il 10 dicembre 2004, presso l’Ambasciata della Repubblica Argentina a Roma. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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