Il capitalismo sta realizzando i suoi obiettivi, non tanto quelli di un mercato anarchico dove, come sosteneva Hayek, il mio denaro è la mia scheda elettorale, ma quella di un capitalismo del debito, dove chi governa è il capitale finanziario, tramite i propri agenti.
Il capitalismo di Auguste Comte: ora sono le cose a governare e non più gli uomini
Questo sogno del Capitalismo, già descritto da Auguste Comte, ha trovato proseliti. La democrazia, per Comte, rimane relegata all’ordine metafisico, dato che si basa su astrazioni come la sovranità popolare o l’eguaglianza dei diritti che non coincidono con le conclusioni dell’osservazione scientifica e delle leggi che da esse derivano:
In politica tutto è fissato in conformità a una legge realmente sovrana, riconosciuta come superiore a tutte le forze umane, visto che in ultima analisi deriva dalla nostra organizzazione, sulla quale non si potrebbe esercitare alcuna azione. In una parola, questa legge esclude, con la stessa efficacia, l’arbitrarietà teologica, ossia il diritto divino dei re, e la arbitrarietà metafisica, la sovranità dei popoli[1].
Così la fine dell’arbitrarietà si traduce in un nuovo tipo di governo, basato sulla politica scientifica, in cui gli uomini smettono di governare e sono le cose a farlo:
In questa politica la specie umana viene considerata come soggetta a una legge naturale che può essere determinata dall’osservazione e che prescrive, in ogni epoca e nel modo meno equivoco, l’azione politica che si può esercitare. Quindi l’arbitrarietà cessa necessariamente. Il governo delle cose sostituisce quello degli uomini[2].
L’Uomo non governa più, si fa governare, ma con la complicità di alcuni individui chierici del positivismo
Il governo delle cose sugli uomini ha bisogno comunque di alcuni intermediari che possano formulare e interpretare le leggi positive dettate dalle cose. I banchieri occupano, nella scala dell’industria, un posto privilegiato dato che, nella classe degli imprenditori, la loro funzione è più astratta e generale, ed è quella che meglio gli consente di conoscere le leggi fondamentali della società e di applicarle.
La gerarchia sociale degli imprenditori si eleva, scrive Comte, nel Catechismo positivista:
dagli agricoltori ai fabbricanti, da questi ai commercianti, per salire da ultimo fino ai banchieri, e ogni classe si poggia sulla precedente. Quelle operazioni più indirette, che vengono affidate ad agenti più selezionati e poco numerosi, richiedono quindi concezioni più generali e più astratte, così come una più ampia responsabilità.
Per questo motivo Comte attribuisce ad un triumvirato di banchieri il potere temporale in ognuna delle repubbliche che configurano l’ordine mondiale positivista:
In ogni repubblica particolare, il governo propriamente detto, cioè il supremo potere temporale apparterrà naturalmente ai tre principali banchieri.
L’utopia realizzata di un governo mondiale del Capitale. Abbiamo ancora le lezioni, ma chi eleggiamo e ciò che votiamo si sono svuotati di contenuti
Si profila così l’utopia di un governo mondiale del capitale attraverso i suoi agenti:
Duemila banchieri, centomila commercianti, duecentomila produttori e quattrocentocinquantamila agricoltori mi sembrano dirigenti industriali sufficienti per centoventi milioni di abitanti che compongono la popolazione occidentale. In questo piccolo numero di patrizi, si concentrano tutti i capitali occidentali la cui attiva applicazione dovranno dirigere liberamente, sotto la loro costante responsabilità morale, a beneficio di un proletariato trenta volte più numeroso.
Oggi siamo arrivati che poche banche e quindi pochissimi banchieri hanno realizzato l’utopia di Comte.
Anche se è difficile affermare che oggi viviamo sotto la dittatura del capitale poiché nei nostri paesi ci sono le elezioni e il popolo può cambiare la linea del governo. Ma l’evoluzione del sistema ci ha portato a un completo svuotamento dei contenuti della politica nella prima fase (monetarista, de-regolamentatrice) della controrivoluzione neoliberista e, nella sua seconda fase dominata dall’economia del debito, ad una aperta sparizione delle forme democratiche, a uno stato di eccezione permanente.
Dobbiamo rifondare la democrazia ma non più sulla base del capitale. In alternativa, è preferibile che il sistema crolli
La crisi della rappresentanza politica non è mai stata così avvertita e mai è stata più urgente e più sentita la necessità di rifondare la democrazia su una base diversa dal capitalismo.
Tuttavia sono poche e isolate le voci che mettono in discussione il pensiero unico neoliberista e noi ci rendiamo conto delle difficoltà, ma, come suggerisce Seneca a Lucilio “A volte non è perché le cose siano difficili che non si osa, ma è perché non si osa che esse diventano difficili”.
Chi obbedisce acriticamente non si rende conto che la “crisi” è stata causata dalle istituzioni finanziarie, che chiedono a noi di salvare il sistema. Ma se non possiamo salvare il sistema ciò non ci impedisce di poterlo eliminare o sostituire. La cosa più ragionevole sarebbe rifiutarsi di salvarlo perché esso non soddisfa le nostre esigenze di libertà e di democrazia. Ma oggi ritengo che non ci sia nessuno che possa immaginare di opporsi al sistema finanziario. O mi sbaglio? ©RIPRODUZIONE RISERVATA
[1] Comte A.-“Piano di lavori scientifici necessari per riorganizzare la società”, 1822 [2] Ibidem