Il 5 settembre 2023 è uscito L’ultima cosa bella sulla faccia della terra di Michael Bible per la casa editrice Adelphi e da subito il romanzo riesce a farsi strada tra le opere americane contemporanee. In un momento in cui la letteratura americana vanta molti titoli che esprimono appieno le ideologie, le problematiche, i dubbi e le vittorie degli Stati Uniti e si pensa di aver letto tutto, Michael Bible sfonda questa certezza, portando un romanzo che raccoglie tutti i timori primitivi di un paese giovane, che combatte continuamente con le sue origini, fino a trasformarsi in un rapporto sregolato che caratterizza i suoi personaggi.
Tutto accade ad Harmony, cittadine del Sud degli Stati Uniti dove i punti di vista si incrociano
Bible ci dà in mano una lente di ingrandimento per analizzare meglio ciò che scrive e poi ci chiede di buttarla in corsa, fuori dal finestrino, mentre siamo su una macchina d’epoca che sfreccia lungo le strade notturne americane.
L’ultima cosa bella sulla faccia della terra si amplia su diversi archi temporali, toccando, rispettivamente, gli anni del 2018, del 2006, del 2005 e del 2019. Il fulcro della narrazione parte dall’avvenimento che ha cambiato per sempre le sorti di Harmony, una città dimenticata nel sud degli Stati Uniti. La gente è in una sorta di loop, non fa che altro che lavorare, pregare e pensare alla tragedia avvenuta anni prima, quando Iggy ha dato fuoco alla chiesa del luogo, portando alla morte venticinque fedeli.
Il romanzo prende punti di vista differenti, dapprima troviamo un narratore onnisciente:
Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai.
Successivamente, leggeremo i fatti attraverso gli occhi di Iggy, Farber, Nuvola. Cosa accomuna le differenti versioni della storia e i ricordi ad essa collegati?
L’ultima cosa bella sulla faccia della terra e “La Costante” della nostra esistenza
Il tempo è il protagonista principale: con il suo incedere e andare a ritroso nelle pieghe della vita e negli avvenimenti, diventa una presenza ingombrante che grava sulle spalle di ogni personaggio, soprattutto di Iggy, che racconta la vita in carcere e quello che lo attende in futuro. Condannato alla morte, ripercorre tutta la sua vita, i suoi sbagli, le sue gioie per lo più effimere e cerca di spiegare perché sia arrivato a bruciare un’intera chiesa.
Ciò che risulta essere estremamente significativo all’interno della storia è la parola “fine”, tutte le sue complicanze e tutto ciò che può significare. È presente una fine nella vita di Iggy, non solo quella reale, che ucciderà il suo corpo, ma le innumerevoli interruzioni della vita, quei recalcitranti momenti di insofferenza ferina e oppressiva, che lui, insieme a Cleo, chiamerà “La Costante”.
Mi disse che provava una sensazione strana ma familiare.
È una cosa a metà fra uno struggimento continuo e un terrore improvviso, disse. Come un pomeriggio di pioggia con il sole che splende o il ronzio misterioso di una strada deserta di notte.
La Costante, lo chiamava.
La Costante è quel sentimento dolceamaro che prova ogni persona che si senta fuori-luogo, una sorta di “misftit”, una persona che non si sente parte del mondo, fatica a entrare nelle sue dinamiche e finirà sempre per sentirsi come un pesce fuor d’acqua. È il voler cambiare il mondo, pur sapendo che non c’è margine di miglioramento. Una malinconia che non guarda in faccia a nessuno e preme i suoi artigli lunghi e terribili nel cuore di chi brama di trovare un’altra vita, di andarsene, di essere parte di qualcosa di significativo, pur non riuscendoci mai.
Non succedeva mai niente. Non cambiava mai niente.
Quello che all’epoca ritenevo un problema era semplicemente la vita. Non era né un bene né un male.
Per Iggy, la Costante diventa un peso enorme, rappresenta il modo che ha di vedere la vita, il sentirsi disorientato e deluso dalla vita stessa, che non smette di abbatterlo, di proporgli sfide che lo sopraffanno, violenze, turbamenti. La sua voce non viene ascoltata e ritorna quella rabbia ferina a fare da sfondo, che dà sfogo a una violenza che dapprima si manifesta in modo isolato da lui: gli capita di guardare video feroci, in cui la brutalità è esplicita e ne diventa lentamente atrofizzato. La violenza non gli fa più effetto perché in qualche modo riecheggia dentro di lui, fino a diventare una dimensione reale, fino a diventare quell’incendio che scuoterà la realtà che Iggy tanto voleva cambiare, ma, alla fine, il più grande rammarico è che non cambierà nulla. Qui entriamo in un’altra dimensione del romanzo.
C’è una sottolineatura evidente sul tema della transitorietà della vita, sul fatto che tutto sia dinamico, ma al contempo statico, un tema molto attuale e contemporaneo
Alla base di tutto c’era la Costante. Il tempo e la migliore amica del tempo, la transitorietà. La bellezza e la tragicità di un fiore di corniolo che cade, c’era di mezzo qualcosa del genere. Ho deciso che le mie ultime parole saranno più o meno su questa falsariga. Su come alla fine la vita ci tradisce tutti.
Le violenze che subisce Iggy e i lutti che deve attraversare sono scaturite da una mentalità che fatica ad accettare l’entità del mondo in quanto luogo nel quale si scontrano diverse ideologie, culture e sensazioni e seppure all’inizio Iggy pensi che sia un fenomeno che caratterizza solo Harmony, capisce in seguito che è la vita stessa ad essere un mare pieno di contraddizioni e dolore. A volte, quelle maree sono troppo forti, sconquassano il corpo e la mente e l’idea della felicità comincia a svanire.
Era qualcosa di selvaggio, cosmico e strano. Stavo cominciando la mia lunga discesa verso un luogo oscuro che diventava sempre più oscuro. Era Cleo a tenermi lontano dall’orlo del baratro. Il sesso era un’arma che usavamo contro la Costante. Una barricata contro l’eterna paura. Anch’io sentivo la Costante. Sapevo che la situazione non sarebbe mai migliorata. Gli adulti ci dicevano sempre che eravamo troppo giovani per capire. Dicevano che avremmo dovuto essere felici. Io non ho mai capito la felicità. L’idea stessa sembrava oscena.
L’ultima cosa bella sulla faccia della terra si interroga sul territorio americano in quanto terreno dell’inconscio più profondo dei suoi abitanti. Non solo analizza il rapporto sregolato e tossico con la vita, ma anche quello con la morte, come essa venga percepita non solo da chi deve morire, ma anche da chi sta a guardare la morte altrui.
Centrale ne L’ultima cosa bella sulla faccia della terra è il rapporto tra violenza, Dio e i fedeli
Gli Stati Uniti sono un paese fondato, originariamente, sulla religione e questo tema è spesso parte integrante delle opere più significative del panorama americano. Bible fa spesso riferimenti ad alcuni sermoni, ad alcuni passi della bibbia per interrogarsi sul rapporto di Dio con l’uomo e viceversa. Cosa arrivano a fare gli uomini in onore dell’amore per Dio, dei suoi templi, delle sue parabole?
La violenza in quanto tale viene analizzata sotto vari pensieri e punti di vista: partendo dall’auto-sabotaggio, dal dolore che una persona può auto-procurarsi a quello che procura agli altri.
Di base c’è sempre una forte mal sopportazione della vita. Il sentirsi inadatti e astratti di fronte a una realtà fin troppo reale, fin troppo dolorosa, fin troppo tangibile si scontra di continuo con un inconscio che si ribella, scalcia e batte i piedi per essere ascoltato. Quasi nessuno dei personaggi di Bible si ascolta o riesce a farsi ascoltare, continuano a sopravvivere, incespicando, entrando periodicamente e puntualmente in fasi di forte oscurità.
Il loop infernale di essere al mondo, ma non sentirsi parte di esso non smette mai. ©RIPRODUZIONE RISERVATA