L’allarmismo dei media per un ‘bug’ inesistente o per reali traumi collettivi, purché siano eclatanti e immediati. A quelli distribuiti nel tempo volevano ci abituassimo
La fine degli anni Novanta si potrebbe riassume con l’invisibile minaccia del Millenium bug, difetto informatico che si sarebbe dovuto manifestare nel cambio di data tra il 31 dicembre 1999 e il 1º gennaio 2000. Si presumeva che questo “passaggio” avrebbe sconvolto i sistemi informatici del pianeta. C’è da dire che in alcuni dispositivi questo fatto si manifestò, ma rivelandosi tutto sommato per un inconveniente di facile gestione, anche per merito dei tanti accorgimenti presi negli anni precedenti. Nonostante il Millenium bug fosse una possibilità, l’avvicinarsi al Capodanno 1999 è stato lautamente anticipato da allarmismo sfrenato da parte dei mass-media – gli stessi mass-media che in futuro, nello scenario mondiale dominato da Covid19 in tutte le sue varianti e declinazioni possibili, si sarebbero auto definiti “professionisti dell’informazione” per mettere in guardia dalla fake news. Riassumendo, sulla base delle notizie in circolazione alla fine del millennio, il “mondo economico” sarebbe dovuto terminare insieme ai botti di capodanno per colpa di un “bug”. Così non è stato ma, nell’orizzonte imminente dell’umanità, un’altra minaccia, ben più grave, si preparava a entrare in collisione con la società. Mi riferisco alla tragedia degli attentati dell’11 settembre 2001. Se il Millenium bug, oggi, lo si potrebbe guardare come a un evento quasi goliardico o di folklore, l’11 settembre ha marcato in maniera indelebile una nuova cesura. Il trauma sociale e collettivo è stato immediato, così concentrato in poche ore della medesima giornata. Ma senza nulla togliere a questa tragedia mondiale e con il massimo rispetto per ogni vittima degli attentati, mi viene naturale spostare la riflessione su quanto si stava preparando nel frattempo come futuro in particolare modo dell’Europa. Senza che possieda titoli o esperienza da economista, anzi non capendo quasi nulla delle troppe questioni legate all’economia, mi limito a una riflessione da cittadino e uomo medio che, giorno dopo giorno, è costretto a fare i conti con la quotidianità senza il privilegio di scorciatoie o favoritismi di genere. Limitando a osservare l’evoluzione dei primi anni Duemila, ho percepito i segnali del fatto che la qualità della vita sarebbe mutata in peggio per molti europei. Mi è bastato concentrarmi sull’infelice evoluzione dell’Euro e alle esperienze dirette ad esso, che riassumo così:
Il doppio listino di un bar che non esiste più. Anche distribuito nel tempo, un trauma resta tale
Nel periodo di transizione Lira-Euro ero solito frequentare un bar di Genova. In questo locale, che oggi non esiste più, il titolare aveva fatto preparare per l’occasione un nuovo listino prezzi a due voci: il costo del prodotto il Lire e, di fianco, la corretta trasposizione in Euro. Erano tempi dove siamo stati ampiamente e con attenzione indottrinati al cambio, allenati a contare i centesimi, aiutati da calcolatrici il cui scopo non era più il calcolo ma la conversione precisa da moneta a moneta. E da portamonete dedicati al raccoglimento ordinato delle monetine di rame. Intanto le persone, abilmente manipolate dai media, avevano sposato l’idea che, proprio grazie a un pugno di monetine, si sarebbe finalmente pagato il giusto senza dover rimetterci per arrotondamenti in eccesso. Era una prospettiva così buona, una nuova era di trasparenza economica, uno scenario idilliaco, ma in pochi immagino abbiano pensato che questa Arcadia poetica avrebbe avuto vita breve. Infatti è bastato un anno circa perché, in quello stesso bar che nel frattempo ho continuato sporadicamente a frequentare, il listino prezzo cambiasse nuovamente. Una conseguenza normale del fatto che la Lira stava progressivamente andando in disuso? Chiaramente sì, a parte una nota che però stonava, almeno ai miei occhi, ovvero la nuova conversione: un “arrotondamento” che, oltre ad avere cancellato i centesimi, aveva brutalmente equiparato il prezzo del momento a quello che era stato in Lire. E così un succo di frutta da Lire duemila era mutato in Euro due. Considerato anche il fatto che la merce annualmente aumenta, così come aumentano le spese, l’aumento non dovrebbe però significare un raddoppio. Ripeto, non ho nessuna nozione di economia ma confido in un certo buonsenso che mi ha sempre portato a osservare, riflettere e stendere un’opinione personale. Quindi mi viene naturale tornare a riflettere anche su questo tipo di trauma, distribuito nel tempo, perché l’Euro, che piaccia o no, è diventata la moneta dell’Europa e l’infelice raddoppio delle spese è accaduto anche al di fuori di quel bar e nel silenzio pressoché generale. Oggi, sulla scia di quanto appena sommariamente riportato, viene logico un’estensione del ragionamento. Mi capita spesso di pensare, mentre sto per pagare una bolletta, che se fossimo ancora nella perduta Arcadia della Lira i cento Euro sarebbero forse centomila Lire. Oppure un affitto di cinquecento Euro, sarebbe probabilmente un affitto da cinquecentomila Lire e così via, arrivando sino al banalissimo prezzo di un caffè. È triste, a pensarci, se si tiene presente che raramente uno stipendio è raddoppiato in questi ultimi vent’anni. Anzi, per le pensioni, per gli stipendi, per l’ABC della sopravvivenza insomma, mi pare che la conversione sia stata mantenuta ai tempi della calcolatrice e dei portamonete abili raccoglitori di centesimi. Sono consapevole che la presente riflessione dovrebbe limitarsi alla chiacchiera da bar o, al massimo, frequentare uno dei tanti social network tanto sembra partorita dalla pancia, ma è una realtà e per una fascia di popolazione la si può definire trauma a lunga durata. E oggi, a distanza di due decenni dall’avvento dell’Euro, penso sia legittimo per chi quotidianamente si vede costretto a fare i conti con gli spiccioli per sopravvivere pensare a quanto sia stato positivo o dannoso l’Euro. ©RIPRODUZIONE RISERVATA