L’Italia deve uscire dall’apatia per tornare alla solidarietà e alla fratellanza. Steccato di Cutro naufragio della nostra società

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Non cedere all’edonismo e restare fedeli alla solidarietà

Dopo che per oltre un trentennio si è imposta la rivincita conservatrice sulla solidarietà e sulla coesione bisogna individuare un percorso alternativo. Non è semplice ma rinunciare significherebbe accettare l’ineluttabilità di un possibile declino dell’uomo e dei suoi diritti. È però un compito difficile quello di rimanere fedeli ad un sistema di valori in una società profondamente trasformata dagli interessi di pochi, dalle leggi di uno sviluppo economico senza regole, dall’affermazione del consumismo, dell’edonismo, del narcisismo, dalla competizione selvaggia, della venuta meno di qualsiasi forma di solidarietà, di coesione e di fratellanza, che stanno imbarbarimento i rapporti umani.

L’ultima vicenda dei migranti morti nel naufragio, del 26 febbraio, a Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, dimostra a quale livello è arrivata la solidarietà verso gli altri. Al di là delle strumentalizzazioni politiche, che non voglio fare, non mi posso  esimere da una riflessione sul poco valore che si dà della vita umana. Non possiamo assistere impotenti!

L’egoismo imperante, la chiusura in sé stessi

Viviamo in una società sempre più caratterizzata dall’egoismo che fa girare la testa dall’altra parte, quando l’altro ha bisogno di noi, ma anche da una paura inculcata dai fenomeni di micro-delinquenza, che ornai ogni giorno si succedono nelle città italiane, spesso fatte da extracomunitari. L’ultima in ordine di tempo la vicenda di Milano, dove un extracomunitario ha colpito sette persone con un coltello. Ormai ci si chiude sempre più in sé stessi, con la graduale sostituzione, nel vivere emozioni e sentimenti, della realtà virtuale in luogo della realtà vera e dalla riduzione, nella mente delle persone, dell’importanza dei rapporti sociali e del rispetto dell’altro.

Per questo bisogna ritornare a fare una grande opera per riportare alcuni antichi valori nella società, in modo da recuperare il senso della vita e ridare centralità alla solidarietà, alla coesione e soprattutto al vivere civile, considerando l’altro un fratello a cui porgere la mano.

Ripartire dalla Costituzione e dalla Scuola

Da dove partire? A mio modesto parere, bisogna iniziare dal rileggere la Costituzione e farla studiare già nella scuola elementare. Essa è l’essenza del convivere unitario della comunità e ci insegna a rispettare tutti, a prescindere dalla razza, dalla religione, e dalle convinzioni politiche. Essa trasmette i valori ai nostri figli, dà un senso all’essere cittadini italiani. Ogni articolo della Costituzione rappresenta la coesione di un popolo e testimonia i principi che fanno forte una nazione ed orgoglioso il popolo di viverci: dall’art. 1, che riconduce il fondamento della nostra Repubblica al lavoro, ai successivi che riconoscono alla persona il diritto di emanciparsi attraverso il lavoro, al diritto al salario, un salario che deve essere in grado di far vivere dignitosamente la propria famiglia. La Costituzione italiana difende, ancora, valori fondamentali quali la libertà di pensiero, di religione, di partecipazione civile e di associazione. Tutto ciò può essere mantenuto anche attraverso la mediazione culturale, per mezzo dei circuiti formativi che insegnino il pensiero della convivenza e della coesione. La Costituzione permette ad ogni cittadino di essere protagonista della vita politica e quindi della democrazia. Consacra la sovranità del popolo in quanto gli riconosce il diritto di eleggere i propri rappresentanti e la partecipazione alle scelte. Nella Costituzione vi sono le tutele di diritti fondamentali quali il riconoscimento della solidarietà e della coesione sociale, attraverso il welfare, cioè per mezzo della sanità, la previdenza, l’istruzione.

Tra militanza e partecipazione democratica insufficiente. La politica disimpegnata è una contraddizione in termini

Purtroppo, anche in campo politico esistono, oggi, troppe apatie, troppe deleghe, fino all’abbandono della militanza politica che rende insufficiente la partecipazione democratica! Bisogna ridare alle istituzioni la loro autorevolezza in modo che, ancor prima che con le norme, possano divulgare la cultura della legalità, della partecipazione, dell’emancipazione civile, democratica e sociale. È necessario restituire ruolo centrale al progetto sociale basato sull’Uomo, ricollocando i suoi bisogni, materiali, culturali e spirituali, in un quadro armonico che sappia tener conto delle trasformazioni della società intervenendo per correggerne le storture.

Tutto quello che è avvenuto in negativo, in questi anni, è anche perché non ci sono stati strumenti di partecipazione in cui impegnarsi, autorità morali e ideali che svolgano la funzione di stimolo ed esempio. In questa nuova realtà che si è determinata rischia proprio la democrazia. Allora, per ripristinare la comunità che era statuita nella Costituzione, partiamo dal rimettere in discussione quel modello di sviluppo che ritiene che i costi sociali siano solo sperperi. Per questo la prima azione deve essere quella di riproporre una iniziativa politica per ripristinare condizioni di equilibrio nella gestione delle risorse a favore dell’intera collettività. Bisogna ridare motivazione alle persone, dimostrare loro che possono essere proprietari del loro futuro, attraverso l’impegno di ognuno. A volte basta anche l’impegno di uno anche quello più piccolo, per smuovere gli altri, per rimettere in moto l’intera società. Bisogna, invece, mantenere, in un sistema che ancora voglia essere democratico, pesi e contrappesi, per evitare la dittatura della maggioranza.

Scriveva Mill:

Il rischio maggiore per la democrazia era il dispotismo mentale. Per non contraddire il potere del conformismo, si diffonde una sorta di pacificazione delle menti che sacrifica il coraggio morale e intellettuale. Quando la paura dell’eresia conduce anche le menti più critiche al silenzio, la vita intellettuale del popolo muore perché la verità trae alimento dal dialogare libero e contraddittorio[1].

Tutto questo fotografa quello che sta avvenendo oggi in Italia dove prevale il conformismo e viene meno la possibilità di dialogo e di dissenso. E ancora Popper:

La mia convinzione è che ogni teoria della sovranità trascura di affrontare una più fondamentale questione: la questione, cioè, di sapere se non dobbiamo sforzarci di realizzare un controllo istituzionale dei governanti bilanciando i loro poteri mediante la contrapposizione di altri poteri. Questa teoria dei freni e dei contrappesi può almeno pretendere un’attenta considerazione[2].

Riscoprire lo spirito laico per uscire dall’apatia

Per fare questo ci vorrebbe una diversa politica. Purtroppo, nel nostro Paese è venuto meno lo spirito laico che aveva caratterizzato in passato la politica e le relazioni. Quando dico spirito laico, intendo quella esperienza che ha formato intere generazioni, nel dubbio e non nelle certezze; nella difesa della libertà di chiunque di potersi esprimere liberamente anche quando è in posizione di minoranza; nell’evitare dogmi ed egemonie culturali e politiche; nel valutare tutti gli aspetti dei cambiamenti e soprattutto nel ridefinire regole di partecipazione per tutti i soggetti rappresentativi. La società si sta orientando sempre più verso la virtualità delle discussioni, i partiti politici non hanno più un rapporto con la base, anche perché le modifiche del sistema elettorale riducono sempre più la necessità di ricercare il consenso, anche perché il potere si sta spostando progressivamente sempre più dalla volontà popolare e dai rappresentanti eletti del popolo alle decisioni di pochi leader. È necessario un grande impegno, anche culturale, per rigenerare una politica democratica, nella quale antichi valori possono essere riaffermati. E quali se non il riformismo, la laicità, la solidarietà e la coesione?

L’azione riformista, infatti, ripudia la rivoluzione e la mera conservazione dell’esistente ed interviene a governare il mutamento sociale quando questo non si ispira alla giustizia come equità. Mira alla ricerca del benessere all’interno della società con politiche di inclusione e di vera emancipazione delle persone, attraverso modifiche democratiche dell’ordinamento politico, giuridico, sociale ed economico.

Oggi, come ieri, servirebbe anche una nuova classe politica che ripristini una mediazione vera con le componenti sociali, che si contrapponga agli interessi economici finanziari e sia in grado di assicurare le garanzie di una democrazia partecipata e condivisa.

Uscire dall’apatia, e ritrovare la volontà di fare politica. Presentare nuovi programmi politici in cui ci si ravvedano i cittadini. Programmi che raffermano diritti e tutele. Riproporre l’esperienza sui contenuti abbandonati: sanità, istruzione, energia, casa, trasporti e diritti civili. Ridisegnare un nuovo contenitore. Non ha importanza il nome, in un mondo che ha rinnegato i valori e gli ideali, ma che si ispiri ai valori laici e socialisti. Non è facile, ci vuole molto impegno e lavoro, ma è essenziale se si vuole ridare un’anima alla politica ed uno stimolo ad una nuova militanza e partecipazione per ricostruire una società, come si diceva una volta “più giusta e più equa”.  ©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

[1] John Stuart Mill, Saggio sulle libertà, Milano, il Saggiatore, 1981.

[2]Karl Raimund Popper, La società aperta e i suoi nemici. Platone totalitario, Roma, Armando editore, 1973.

 

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