dalla globalizzazione alle città-mondo
Central Business District in Singapore.

Dalla globalizzazione alle “Città-mondo”: i pericoli per la democrazia nel prossimo futuro

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La globalizzazione da una parte, le “piccole patrie” dall’altra ma senza che nessuna delle due sia una alternativa

La sovra-nazione Europa, la globalizzazione scientifica tecnologica economica, la dimensione intercontinentale, quando non planetaria, di ogni problema ambientale, demografico, energetico, la ricerca disordinata e cruenta di nuovi equilibri geopolitici tra le maggiori potenze del mondo, rimpiccioliscono e fanno apparire provinciali le questioni sottese alla riforma delle istituzioni democratiche nel singolo Paese. D’altra parte, su scala inferiore alla dimensione nazionale, giuste rivendicazioni di competenze e poteri locali si caricano e si distorcono di tonalità antistoriche rispetto ai traguardi raggiunti dall’esperienza dell’unità nazionale, enfatizzando fantasiose diversità etniche, minacciando separatismi e secessioni, diffondendo uno spirito d’intolleranza ed infine proponendo l’egoismo dell’Autonomia differenziata.

La fibrillazione di gruppi subnazionali, etnici, linguistici, religiosi è la risposta paradossale ai processi di globalizzazione in tutti i paesi e la paura della diversità spinge alla solidarietà esclusiva entro le piccole patrie locali, mentre tutt’attorno cresce la mobilità delle persone, delle merci e dei capitali, per la disseminazione del lavoro in ogni luogo del mondo, data la strategia degli investimenti e delle organizzazioni d’imprese fuori delle frontiere politiche. E soprattutto crescono i flussi migratori dai paesi poveri del Sud e dell’Est del mondo verso quelli industrializzati e ricchi del Nord e dell’Ovest.

Il paradosso della “democrazia politica” senza cultura democratica

In questa situazione si rischia una “democrazia politica” senza cultura democratica diffusa nei cittadini, che però a questo punto non sarebbe più una democrazia. È vero che un approccio filosofico porta a considerare la democrazia un concetto intrinsecamente imperfetto: ad esempio nella democrazia, intesa come volontà della maggioranza, è insita una contraddizione e cioè se la maggioranza desiderasse un governo antidemocratico, la democrazia cesserebbe di esistere e qualora ci si opponesse a tale risultanza cesserebbe di essere democrazia, in quanto andrebbe contro alla volontà della maggioranza. Non è un caso teorico, infatti, in alcuni paesi una forte maggioranza religiosa porta al potere i leader religiosi, disconosce la laicità dello Stato e instaura una teocrazia. Infine è da considerare che, contrariamente a quanto normalmente si reputa, parole “democrazia” e “libertà” non necessariamente vanno di pari passo, infatti, in un sistema politico può esserci democrazia senza libertà e può esserci libertà senza democrazia. Pertanto bisogna stare molto attenti perché anche in un sistema democratico come il nostro è possibile determinarsi mancanza di libertà. E questo violerebbe anche il concetto di uguaglianza.

La democrazia, fornendo a tutti l’opportunità di partecipare attivamente alla vita politica, promuove, più di ogni altro sistema politico, l’autonomia personale, il senso critico e tutte le qualità personali migliori. In ultima analisi, come diceva J. S. Mill, anche gli interessi personali sono meglio tutelati in un ordinamento democratico, dato che gli individui hanno la forza e gli strumenti per proteggerli direttamente. Nel momento in cui le regole e i valori democratici definiti nella teoria vengono applicati al mondo reale, è evidente che si determina un livello di approssimazione più o meno soddisfacente. Il governo ai governati è nelle democrazie contemporanee una metafora ideologica, perché il governo è neppure dei rappresentanti ma della loro maggioranza. Il principio di maggioranza guadagna una sua assolutezza, dal momento che la consultazione elettorale si risolve in un’operazione aritmetica, essendo il voto un’unità astratta in cui si traduce la volontà politica del cittadino. È il principio del voto personale ed eguale, libero e segreto, di cui all’articolo 48, 2° comma, della nostra Costituzione. La logica della maggioranza che si trasfigura a volontà generale non ha nulla a che fare con il governo ai governati.

Dalla mondializzazione alla globalizzazione alle città mondo. La democrazia moderna rispecchia sempre meno la concretezza dei corpi sociali

A differenza di quella degli antichi, la democrazia dei moderni e più ancora quella contemporanea non rispecchia più la concretezza dei corpi sociali. Le singolarità elettorali consentono di dare alla volontà della maggioranza il volto e l’autorità assoluta della volontà generale. La causa profonda del processo storico che sembra voler destrutturare la democrazia nella sua ispirazione fondamentale sta nel fatto che la democrazia classica è restata soccombente dinanzi a un processo di mondializzazione del potere, così come quella contemporanea, nata negli stati-nazione, è insidiata dalla globalizzazione. Si ha un bel dire che le società omogenee ordinate entro le Costituzioni degli Stati nazionali stanno cedendo e mutando in società multietniche, multireligiose, multiculturali. Ma con quali leggi, ordinamenti e principi? Quelli dell’integrazione e dell’inclusione o della tutela delle diversità e dell’esclusione?

Per far sopravvivere la democrazia occorre ancorarla a dei valori che la salvino anche nei grandi scenari della deterritorializzazione del potere, delle unioni sopranazionali, delle egemonie transnazionali, insomma di quelle forme inedite che andrà assumendo la globalizzazione, ivi comprese quelle città-mondo in cui sta andando a concentrarsi metà della popolazione del pianeta, e che fungono da capitali dei mercati globali.

Cerchiamo di definire quali possono essere questi valori

Il rifiuto della guerra è entrato in solenni documenti internazionali e costituzionali, quali la Carta delle Nazioni Unite, la Costituzione italiana, quella giapponese, nella Legge fondamentale della Germania federale. Ma purtroppo la guerra in Ucraina, voluta da Putin, sta cancellando tutti i buoni propositi. Dobbiamo rivendicare con forza la fine della guerra e la conseguente pace. Il valore della Pace si rapporta con il valore della vita dell’uomo e se una democrazia si legittima anche per i fini che persegue, ebbene la preservazione della vita umana dalla guerra diventerà valore supremo. La legittimazione sostanziale della democrazia sta nella sua radicale alienità dalla rivoluzione e dal terrorismo. Ne consegue che la violenza verbale, la delegittimazione reciproca di maggioranza e opposizione, vanno evitate perché eccitano intolleranza e scontro tra i cittadini. La democrazia è colloquio in ogni luogo sociale se è colloquio nella sua istituzione fondamentale che è il Parlamento. E ancora, il valore costitutivo della democrazia deve essere la cultura. Oggi la libertà dell’insegnamento e della ricerca è proclamata in ogni Costituzione democratica. La democrazia stessa ha bisogno di un consenso libero e critico dei cittadini, per non cadere nelle coazioni demagogiche di una propaganda politica alimentata dall’ignoranza, dalla disinformazione, dalla cultura o subcultura faziosa. Garantire la libertà della cultura è oggi garantire il pluralismo dei media, delle istituzioni scolastiche, universitarie e di ricerca, delle imprese editoriali, delle associazioni di tendenza, delle accademie, delle manifestazioni artistiche. Vi è poi la partecipazione. Un ruolo d’importanza fondamentale in questa direzione è attribuito ai corpi intermedi. La riorganizzazione del mondo in senso globale ha assestato un duro colpo alla democrazia rappresentativa com’è stata consegnata alla tradizione politica europea dall’Illuminismo settecentesco. Grandi battaglie, come in passato, possono di nuovo smuovere le coscienze e far ritornare alla militanza attiva le persone e i lavoratori. Ricreare un circuito di partecipazione consapevole, che ridia speranze e certezze per un avvenire diverso e di crescita anche per le nuove generazioni, oltre che per gli anziani ed i lavoratori.

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