Un’anziana signora di 85 anni è stata condannata alla reclusione per avere occupato abusivamente un’abitazione per otto mesi. Un fatto considerato poi anomalo dalle autorità che hanno riconosciuto l’evidente mancanza di pericolo per la collettività. La pena, lo diciamo subito, è stata sospesa, molto grazie all’Associazione Antigone che ha segnalato il caso.
Questo fatto apre però a considerazioni che stanno a cuore al nostro settimanale e di cui abbiamo cominciato a occuparci, lo stato delle carceri italiane, sovraffollate a discapito dei requisiti minimi per la garanzia della dignità umana – ancora fanno eco le parole di Marco Pannella, che arrivava a parlare di «criminalità professionale» per condannare le istituzioni (discorso tenuto a Bari il 27 ottobre 2012), nonché la questione degli alloggi popolari e della loro assegnazione (e gestione) con criteri equi, democratici e trasparenti. A seconda da che parte cada la medaglia, è una questione a due facce, su una è l’emergenza Casa per chi non ce l’ha, dall’altra la questione degli abusi abitativi per chi ce l’ha e se la vede trattenere da chi non ha diritto ad abitarci. Su entrambe tenteremo di tornare in futuro con informazioni aggiornate. Intanto, insieme alle carceri, Casa e abusi abitativi continuano a essere macchie sul curriculum del nostro Paese.
Quante persone sono in carcere in attesa di condanna, quando, lo ribadiamo, la misura della reclusione dovrebbe essere l’ultima ratio, e quante di queste, bisognose di cure sono in condizione di salute tali da poter attendere un tempo indeterminato? Pensiamo ai tossicodipendenti, ad esempio, o quanti immigrati ancora senza una politica a riguardo, che sia di rimpatri o di assistenza degna di questo nome?