Sinestesia o del dare rilievo all'arte, letteralmente. La nascita di Venere vista con le mani

Dare rilievo all’arte, letteralmente. La nascita di Venere vista con le mani. La sinestesia e l’opera d’arte #2

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Sinestesia, o del dare rilievo all’arte. Ecco come portare l’arte fuori dai musei

La figura retorica che ho usato nel titolo, sinestesia, è il medium che unisce la luce e il buio nella percezione, cognizione e interpretazione dell’opera d’arte. La parola sintetizza le diversità sensoriali ed è il primo passo verso l’integrazione sociale e culturale in cui siamo tutti, reciprocamente, diversamente abili. È tramite la sinestesia che la Nascita di Venere può uscire dal Palazzo degli Uffizi di Firenze, dai manuali d’arte, dai libri, dalle decalcomanie sugli oggetti più disparati e, per quella che è ormai la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, esce dalla sua stessa cornice per entrare in contatto diretto con l’uomo. Gli offre un lato differente del mistero che l’accompagna e che la carezza[1] e il tocco degli occhi non sono riusciti a svelare completamente. Forse perché è un mistero legato a percezioni visive non veloci come quelle a cui siamo abituati dai nuovi media, ma lente, intense, consapevoli e soprattutto interroganti. Un mistero che richiede il tempo di ascoltare antiche voci e richiamare alla memoria antichissimi ricordi.

Fritz Saxl, nel suo saggio su Le ragioni della storia dell’arte, spiega il rinnovato interesse per mostre e musei e l’aumento dei testi d’argomento artistico con il fatto che il tempo in cui viviamo sia un’epoca visiva e che molte persone siano più inclini a trarre piacere intellettuale dall’immagine piuttosto che dalla parola stampata o detta. E questo senza che si abbia una preparazione reale all’incontro con l’opera d’arte. Scrive:

Io penso che la maggior parte della gente vada a sentire le conferenze di storia dell’arte con la segreta speranza di imparare ad apprezzare un’opera d’arte, a farne una propria conquista spirituale, insomma ad arricchire la propria vita[2].

Sinestesia una nuova percezione di sé e della realtà facendo leva sulla comunicazione non verbale, fino alla danza

Nella mia esperienza di art counselor[3], soprattutto in ambito internazionale, ho avuto modo di verificare l’assoluta convergenza emotiva nei confronti dell’opera d’arte, sia di tipo visivo, che plastico, che architettonico. L’opera d’arte visiva è quella che più unisce gli uomini e che li mette in risonanza intima. Questa comunione spirituale si fa più evidente al momento della descrizione reciproca dell’immagine mentale che la percezione e quindi la cognizione e l’interpretazione di una rappresentazione visiva hanno prodotto. La comunicazione non è sempre o completamente di tipo verbale. In genere si propone una “riscrittura” dell’immagine recepita, con gli stessi codici della “lettura”. Per esempio, una fotografia o un dipinto o una ripresa cinematografica vengono utilizzati per riscrivere un’immagine visiva letta precedentemente. Una danza o un esercizio motorio per una rappresentazione sensoriale diversa. Nella mia esperienza con i non vedenti indiani, ho potuto constatare che le attività sinestetiche si evidenziano, particolarmente, nel proporre una danza come significazione di una musica per l’analogia tra i ritmi o una rappresentazione pantomimica come senso di una descrizione verbale.

L’espressione artistica, in tutte le sue forme, è lo strumento comunicativo universale, vero medium globalizzante, soprattutto tra persone con un qualsiasi disagio, sia esistenziale, culturale, sociale, fisico o intellettivo, e nonostante le arti visive, pittura, fotografia, cinema, per loro stessa definizione, sembrino escludere in partenza dalla loro fruizione coloro che non possiedono la vista.

Attraverso l’esperienza estetica, l’arte non è solo motivo di piacere di stili e forme ma anche conoscenza della società che li ha prodotti

L’arte e la sua storia sono il mezzo per affermare la propria appartenenza al genere umano e presumono, nella fruizione, una grande responsabilità: la custodia e la trasmissione dello scrigno della memoria del pensiero e della vita religiosa, filosofica e quotidiana della stessa specie umana. L’arte è conoscenza non solo di stili, di forme, di materiali, ma, anche e soprattutto, della società che li ha prodotti. È quindi diritto irrinunciabile di ogni uomo, con o senza disabilità o disagi esistenziali, sia dal punto di vista della fruizione per puro piacere estetico che come conferma di appartenenza sociale. È un importante strumento pedagogico perché aumenta le competenze linguistiche ed espressive mediante la lettura, cioè la decodifica consapevole della rappresentazione artistica, e la scrittura, cioè l’uso attivo, espressivo e creativo dei suoi codici. Sviluppa le capacità critiche e il gusto estetico. Promuove l’alfabetizzazione emotiva e l’elaborazione psicologica. Sviluppa le capacità cognitive e metacognitive portando alla maturazione della personalità, dell’identità e della conoscenza del Sé individuale, relazionale e sociale.

Tutto questo va sotto il nome di ben-essere della persona, nel senso del vivere la propria vita con la consapevolezza di essere, noi stessi, un’opera d’arte unica e insostituibile.  Essere consapevoli di questo diritto al ben-essere, ben esistere, nonostante gli eventuali limiti personali, porta con sé il benessere individuale e quindi una vera integrazione sociale, fondata sul riconoscimento della diversità e non sulla sua assimilazione. RIPRODUZIONE RISERVATA

[1] Molto interessante è l’intervento del professor Parret Herman, L’occhio che accarezza: Pigmalione e l’esperienza estetica, <http://w3.uniroma1.it/emiliogarroni/PROVA_ATT.HTM>,  (19 marzo 2007)

[2] Saxl Fritz (1990), La storia delle immagini, Editori Laterza, Bari, pp. 244-245

[3] La figura professionale dell’art counselor è da pochi anni presente in Italia, mentre è conosciuta da decenni nei paesi anglosassoni. L’art counselor è esperto di linguaggi artistici e multimediali che utilizza per promuovere e tutelare i processi di crescita culturale, personale e sociale di sostegno alle fasce sociali deboli.

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