La pittura per i ciechi: non più solo disegni in rilievo. Ora con il bassorilievo si introducono lo scorcio, la prospettiva, volume e altro. Metodi didattico-riabilitativi
Prima d’ora, i non vedenti conoscevano le opere pittoriche tramite le descrizioni verbali supportate da disegni a rilievo. Questi, pur essendo dei validi strumenti, non consentono la rappresentazione dello scorcio, della prospettiva, della relazione spazio-temporale tra i vari elementi della composizione e neanche il contorno, il volume e la superficie dell’oggetto. In breve, non consentono alcun riconoscimento cognitivo dei valori estetici ed espressivi della forma. L’Associazione Scuola di Scultura Applicata di Bologna ha studiato un metodo didattico-riabilitativo basato sulla lettura tattile di bassorilievi che riproducono immagini artistiche. Questi studi sono ormai pluriennali e si avvalgono del contributo di numerose istituzioni.[1]
L’uso del bassorilievo prospettico per un Rinascimento dell’Inclusione
L’utilizzo del bassorilievo prospettico, che risale al Rinascimento, solo da poco tempo è utilizzato per trasformare la pittura rendendola tangibile e comprensibile attraverso l’esplorazione tattile: la sua caratteristica peculiare è il sottosquadro: profilo staccato dallo sfondo, ricavato in superfici curve, che simula i piani di posa prospettici e crea un raccordo tra pittura e scultura. I piani di posa si susseguono come quinte sceniche la cui profondità è minima ma sufficiente a suggerire l’idea, così codificata, della tridimensionalità. L’unità di misura di profondità di campo di ciascun piano di posa condiziona la maggiore o minore sporgenza dei sottosquadri, questi ultimi si danno come linee guida che orientano le mani nella lettura aptica. Materialmente la costruzione del bassorilievo consiste nel trasferimento elaborato di contorni di figure piane su apposite matrici in bassorilievo, le quali permettono di evidenziare, tramite dislivelli, ulteriormente accentuati da sottosquadri, l’andamento dei contorni delle stesse figure bidimensionali e dei rapporti tra loro intercorrenti.[2]
La tecnica di realizzazione prevede che si decida in quale scala, rispetto all’originale, realizzare il bassorilievo e quindi lo studio dei valori stilistici formali e spaziali dell’opera da tradurre e il grado di leggibilità tattile tollerabile del rilievo. Come detto precedentemente, il risultato finale è opera di un’équipe di esperti in discipline diverse.
Toccare la pittura: un’esperienza che richiede particolari attenzioni
La lettura tattile non è lasciata all’improvvisazione, come mi ha dimostrato lo spaesamento e la frustrazione di Lucia, mia figlia, quando, senza aspettare la guida, ha iniziato a toccare per curiosità alcuni quadri-bassorilievo. Sentiva solo “ammassi informi, irriconoscibili e disordinati”.
La lettura non può essere fatta, esattamente come avviene per qualsiasi opera di cui non si conosca la grammatica e le regole compositive, senza una guida che ne insegni i fondamenti. Questo accompagnamento, ovviamente, durerà il tempo dell’apprendimento, variabile da persona a persona indipendentemente dall’handicap, fino all’obiettivo massimo di un’assoluta autonomia della ricezione e interpretazione. Compito della guida è il saper valutare la disponibilità all’apprendimento e le conoscenze pregresse del visitatore. Riconoscere, con una sensibilità che esula dalla professionalità, che tipo d’intervento offrire: a contatto (mano su mano), semi contatto (l’utente viene guidato sia mano su mano che lasciato libero nella percezione e guidato a voce) o a distanza (solo con l’ausilio della voce). Nel caso di un primo approccio si applica un semi contatto, mano su mano e voce, per valutare la reazione del non vedente. La guida a contatto è analitica e favorisce l’apprendimento dell’apticità e la tattilità fine. Quella a distanza si serve solo della voce e presuppone una certa autonomia di lettura aptica.
Le tre fasi della lettura di un bassorilievo prospettico
La lettura del bassorilievo avviene in tre fasi, percettiva, cognitiva, significativa, assimilabili, concettualmente, al metodo tripartito panofskyano[3]: lettura preiconografica, iconografica, iconologica. I tre livelli di lettura sono sempre presenti e sono strettamente correlati tra loro pur senza sovrapposizione.
Una volta fatto individuare lo spazio di lettura seguendo il contorno del quadro, la guida accompagna nel riconoscimento delle strutture geometriche e degli schemi compositivi (analisi preiconografica); quindi avviene il riconoscimento dei contenuti convenzionali (analisi iconografica) e per ultimo propone le varie letture critiche e il senso dell’opera d’arte (analisi iconologica).[4] La verbalizzazione è discreta, denotativa, informativa ma stimolante, per evitare il rischio che l’immagine mentale del fruitore si cloni su quella della sua guida e che l’esperienza estetica risulti, ugualmente, non personale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
[1] Oltre all’Istituto Cavazza e alla Scuola di scultura applicata, collabora con il museo la Cattedra di ottica fisiopatologica dell’ospedale Sant’Orsola e l’Unione italiana ciechi. Il museo coopera, in Italia e all’estero, con dipartimenti di Scienze dell’educazione e arti visive, dipartimenti di ricerca sull’educazione speciale ecc. [2] Secchi Loretta (2004), L’educazione estetica per l’integrazione, Carocci, Roma p. 66 [3] Panofsky Erwin (1999), Il significato nelle arti visive, Einaudi, Torino, pp. 31-44 [4] L. Secchi L’educazione estetica… cit. pp. 71-77