La nostra società già viveva una fase di profonda crisi di valori e d’impegno civile grazie alla caduta delle idealità e alle trasformazioni imposte dalla globalizzazione e dell’intervento della finanza nell’economia. Esse hanno cambiato molti di quelli che erano i paradigmi valoriali su cui si erano fondate le società occidentali coese e solidali.
Lo stesso pensiero unico, nato dalla globalizzazione e dalla finanza, ha imposto un ridimensionamento di tutele e garanzie che erano state raggiunte grazie ai sacrifici di anni di lotte sociali, ma anche alcuni aspetti delle libertà e dei diritti dell’uomo a cui aveva contribuito l’esperienza laica e socialista. Questo dogma ha cercato, in tutti i modi, di limitare qualsiasi forma di libero pensiero.
In questo periodo, oltre ad una crisi di etica e di morale, si è determinata anche una crisi economica che ha aumentato moltissimo la distanza sociale, la povertà e l’emarginazione. La Pandemia ha ulteriormente peggiorato lo stato delle cose con i suoi precetti, imponendo ai cittadini di chiudersi in casa, e determinando un’ulteriore caduta di certezze ed un isolamento delle persone, rafforzando così l’idea che ci si può salvare solo individualmente. Precetti che, secondo me, hanno posto anche una domanda sulla costituzionalità di tali provvedimenti. Infine, la guerra, la crisi delle materie energetiche e il conseguente aumento dei prezzi delle materie prime, con il crollo del potere di acquisto dei salari e delle pensioni e la diminuzione dell’occupazione hanno ancora di più isolato la politica dalle persone.
Crisi della democrazia reale. La democrazia diretta, strumento per aggirare i vincoli costituzionali. Stanno passando in secondo piano tutte le tutele essenziali
Esigenze quotidiane primarie, finanche costituzionalmente tutelate, come la casa, l’occupazione, l’assistenza sociale, la sanità, la previdenza, sono passate in secondo piano in nome del pareggio di bilancio, del debito pubblico, dello spread. Questo testimonia null’altro che la politica, che ha perso ruolo, è divenuta succube di numeri che nulla più hanno a che fare con quella che è l’economia reale di una società, ossia il suo benessere. Il tutto come se l’economia si ponesse su un altro piano rispetto alle condizioni di vita di chi ne fa parte.
In questi ultimi trent’anni, in contemporanea, si è affermata una concezione plebiscitaria della democrazia che non si limita a determinare l’allentamento o l’aggiramento dei vincoli costituzionali, ma parallelamente, innesca anche una dissoluzione della dimensione politica della rappresentanza, che viene di fatto svuotata dalla deriva populista, con il risultato di definire il quadro di una radicale crisi della democrazia italiana.
Tutto il sistema di rappresentanza, infatti, sta attraversando una crisi di legittimità, che si esprime nell’apatia e nella non partecipazione politica e in questo scollamento dalla comunità, troviamo le radici del disamore, del disinteresse, della disaffezione, della sfiducia, se non anche del disprezzo della politica. Questo è il sintomo evidente di un rifiuto e di una mancanza di fiducia in tutta la classe politica, che viene progressivamente delegittimata dal crescente aumento dell’astensione dal voto. Tutto ciò è dovuto a molte cause, compresa la strategia di reprimere proprio la partecipazione dei vari soggetti della democrazia, che non sono più ritenuti portatori di interessi diffusi, ma vere e proprie palle al piede che frenano le decisioni del potere. Invece, come sostenne Noberto Bobbio:
L’elezione per essere democratica deve essere regolata in modo da permettere l’espressione del dissenso, ed è per questo che la regola aurea delle decisioni democratiche è la regola della maggioranza, non quella dell’unanimità, che se fosse richiesta per una votazione di un numero elevato di persone […] renderebbe impossibile qualsiasi decisione *
In momenti come questi, di fronte alla drammaticità della situazione, c’è bisogno di ritrovare il gusto di una battaglia ideale e politica per ripristinare le condizioni in cui il cittadino si senta realmente cittadino e non suddito. Bisogna ripristinare una consapevolezza, per prima all’interno di ognuno, di una necessaria funzione, per rilanciare quegli antichi valori su cui si era costruita la società moderna in Europa della solidarietà, della coesione, della libertà, delle pari opportunità e dell’emancipazione sociale, economica e politica. Valori che hanno rafforzato la centralità dell’uomo e hanno dato le giuste risposte al vivere civile. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
*N. Bobbio, Autobiografia, cit. pag.200, Laterza, Roma Bari 1997 Photo credit: Marcelo Colmenero|Burst