Con questo articolo, dal titolo Il Presidente Milei. Liberale o conservatore? inauguriamo la collaborazione, ne siamo certi proficua e in ogni caso interessante, con la giornalista e amica Edda Cinarelli, italo-argentina di Buenos Aires, che ci ragguaglia sulle recenti trasformazioni della politica nel grande paese del Cono Sur. L’Argentina, la cui estensione coprirebbe due terzi dell’Europa, è da oltre vent’anni avviluppata in una crisi economica senza apparente fine, su cui sarà opportuno ritornare con una accurata ricostruzione storica.
Le contraddizioni di uno sviluppo industriale, agricolo e commerciale decisamente precoce in rapporto al resto dell’America Latina, portarono nel 2001 al default del paese e alla sua fuoriuscita dalla meccanica finanziaria controllata dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Quella che potè sembrare una sfida agli equilibri internazionali – l’insolvenza del debito pubblico e la riduzione dei titoli pubblici del tesoro argentino a carta straccia, inaugurando una interminabile causa per risarcimento dei risparmiatori che dura ancora oggi – era in realtà una necessità inesorabile. Il corralito si risolse in una tragedia, che colpì in primo luogo e immediatamente gli argentini.
Alle nostre orecchie delicate di europei quegli eventi, lontani ma sempre incombenti, potrebbero sembrare fantapolitica: la parità peso/dollaro, voluta anni prima dal ministro dell’economia Domingo Cavallo, aveva consentito ai cittadini di tesaurizzare le proprie entrate da reddito o rendita direttamente in valuta convertibile. Il solo beneficio apportato dal provvedimento fu di portare in superficie ciò che era già di fatto, ossia la doppia circolazione: moneta nazionale non convertibile, il peso, equiparata ad una convertibile, il dollaro americano, con la quale avvenivano le transazioni relative ai beni più cari.
La conseguenza fu di portare l’inflazione dentro una spirale di prezzi quotidianamente crescenti, analoga a quella della Germania di Weimar negli anni Venti del Novecento. Con provvedimento non meno brutale di quel che fu percepito dai risparmiatori di tutto il mondo, da un giorno all’altro gli argentini non poterono più prelevare il loro denaro, mentre il governo studiava un nuovo cambio peso/dollaro de Ley che di fatto rispecchiasse il reale rapporto di cambio fra il peso e la valuta americana.
Nelle settimane successive si scatenò una vera e propria guerriglia urbana; le banche furono prese d’assalto e si dovettero proteggere con porte d’acciaio a tre strati che anche io ricordo molto bene; vi furono manifestazioni, assalti alla Casa Rosada sede della Presidenza della Repubblica ed entrarono in azione reparti paramilitari senza mostrine di riconoscimento, provocando molte morti.
Il nostro lettore sentirà echeggiare taluni contenuti dell’articolo su Finis Gloriae Mundi di qualche settimana fa: come scrivemmo allora l’aspirazione, in questi tempi, ad un intervento sulla natura di tipo luciferino, concepito da demiurghi dissennati “temibilmente alla cieca”, non riguarda soltanto la fisica o la biologia, ma anche e soprattutto l’economia.
Per quel che attualmente sappiamo il nuovo Presidente Javier Milei (anche lui d’origine italiana) sembra voler riprendere il discorso proprio dal punto in cui fu lasciato, drammaticamente, nel dicembre 2001: eliminare la doppia circolazione monetaria, che fra l’altro incoraggia l’economia sommersa e l’evasione fiscale, adottando unilateralmente la valuta statunitense. Una decisione che, se diventerà operativa, sarà senza precedenti nella storia e avrà conseguenze attualmente non prevedibili, come caso di cessione spontanea di sovranità.
Ringraziamo dunque Edda, confidando per il futuro in tanti suoi nuovi contributi giornalistici.
Il Presidente Milei. Liberale o conservatore?
Nel secondo turno delle elezioni argentine del 19 novembre 2023, Javier Milei, candidato della Libertad Avanza, con il 55,65 dei voti si è imposto su Sergio Massa, di Unione per la Patria, candidato del partito anteriormente al governo, che di voti ne ha totalizzati 44,31%.
La vittoria di Milei, apparentemente schiacciante, non è tale, infatti il nuovo Presidente ha preso il 30% dei voti degli elettori, soprattutto dei giovani, il resto glieli ha dati il PRO, la destra più organizzata, cioè Milei e Macri, fondatore del PRO, hanno potuto vincere Massa solo unendosi. Non si riesce a capire ancora se la società abbia voluto dare una sterzata a destra o se l’abbia votata perché stanca, insofferente all’ennesima potenza del governo anteriore, logorata dai continui intralci alla circolazione causati dalle manifestazioni dei partiti di sinistra o delle organizzazioni sociali e di sospetti di corruzione. Si ha l’impressione che la destra abbia saputo canalizzare la sua rabbia per farsi votare. In relazione ai giovani, abituati ai social media e a una società orizzontale pare che si siano identificati con Milei, ma che non abbiano associato il personaggio al suo programma, alle sue idee. Lo fa pensare il fatto che Milei sia contrario all’aborto e sostenga la tesi che non ci sia un cambiamento climatico dovuto all’azione dell’uomo, temi normalmente molto cari ai giovani. Una cosa è certa, la campagna di Milei è stata quella giusta nel momento giusto.
Milei ha ricevuto da Alberto Fernandez, il suo predecessore, un paese in agonia, con una svalutazione molto alta, a novembre 2023 è stata del 12,8%, gli stipendi sono tra i più bassi di America Latina, i poveri sono il 40,1% della popolazione e la indigenza è del 9,3%, e c’è anche molta microcriminalità.
In questa situazione era necessaria una terapia di shock e Milei, appena eletto, ha fatto quello che aveva promesso in campagna, ha presentato un Decreto di Necessità ed Urgenza detto DNU e la Legge Omnibus, ha chiesto anche il passaggio delle facoltà legislative al potere Esecutivo, praticamente vorrebbe eliminare il “Congreso” per almeno 2 anni.
Il Decreto di necessità ed urgenza per deregolamentare l’intera struttura economica dell’Argentina consta di articoli per modificare oltre 300 leggi relative a vari argomenti: lavoro, equilibrio fiscale, eccesso di ministeri, privatizzazione delle imprese dello Stato, estensioni e risorse territoriali, parchi nazionali, oceano e pesca. Non c’è bene che Milei non privatizzerebbe e non metterebbe in vendita. Ne approfitteranno persone o società molto ricche che avranno la possibilità di comprarsi tutta l’Argentina a prezzi di saldo.
Il DNU in Argentina è una soluzione assolutamente costituzionale, ne hanno fatto uso quasi tutti i presidenti, ma non era mai successo prima che in un colpo solo un Presidente volesse trasformare oltre trecento leggi, eliminare dei ministeri e passarli da ventidue a nove.
Il DNU per essere ratificato ha bisogno prima del vaglio di una commissione bicamerale, in seguito devono pronunciarsi il Senato e la Camera dei Deputati e risulta approvato se almeno una delle Camere lo approva, nel frattempo è vigente.
Intanto il Presidente ha aumentato il valore del cambio legale del dollaro quasi del doppio, da 400 pesos a 800 e da un giorno all’altro ha prodotto una svalutazione molto grande con il conseguente aumento di tutto: affitti, rate scolastiche, assicurazioni private sulla salute, le medicine. Si prevede che nei prossimi mesi falliscano molte piccole e medie imprese che non potranno resistere alla concorrenza di quelle grandi e straniere e non si sa cosa faranno i pensionati che per l’età devono fare uso di medicinali, divenuti carissimi perché sono o importati o prodotti con componenti comprate all’estero. Si consideri che la pensione minima equivale a circa 100 dollari al mese.
Il DNU toglie regole a tutto, compreso il lavoro, così si è aperto un confronto tra Milei e i sindacati che hanno organizzato un grande sciopero generale per il 24 gennaio. Qui, c’è un’incoerenza, il Presidente dice di essere un anarchico liberale ma il suo ministro di Sicurezza Patricia Bullrich ha varato un “Protocolo antipiquete”, per poter reprimere le manifestazioni in particolare la prossima del 24 gennaio. Ma non è l’unica incoerenza di Milei, diceva anche che non avrebbe alzato le tasse e invece le vuole aumentare agli esportatori di beni e servizi.
Milei criticava la corruzione del governo anteriore ma ha nominato Segretaria Generale della Presidenza della Nazione sua sorella Karina Milei, che apparentemente non ha nessun titolo o competenza per tale incarico. In attesa di poter trasferirsi nella Villa Presidenziale, che sta in Olivos, un comune vicino a quello di Buenos Aires, si era sistemato nell’Hotel Libertador, probabilmente di proprietà di Eduardo Elsztain e non si sa a che titolo gli abbia dato l’incarico di Amministratore dei Beni dello Stato.
Milei in politica estera è completamente allineato con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna ed Israele, si propone di fatto come il più stretto alleato degli USA in America latina, dove invece il Brasile fa parte dei Brics e la domanda spontanea è: nella campagna e susseguente vittoria elettorale, non ci sarà stato anche lo zampino degli Stati Uniti?
Per concludere, il partito fondato da Milei si chiama “La Libertà Avanza”, ma sembra che nei suoi primi passi come Presidente ci sia molto poco di liberale e abbastanza di conservatore.