La tristezza e la bellezza del Cono Sur
Leggendo questo nuovo articolo di Edda Cinarelli, avverto l’urgenza e l’indignazione della nostra collaboratrice e nello stesso tempo l’impotenza di chi, intendendo esprimere una ferma e dura opposizione alle “ricette” economiche del neoeletto presidente argentino, pensa evidentemente che quello con gli Stati Uniti possa essere il “bacio della morte” per il paese sudamericano.
È accaduto che l’avvicinamento alla comunità dei BRICS, da parte del presidente uscente Alberto Fernandez, doveva rappresentare l’opportunità decisiva per sciogliersi da quell’abbraccio mortale. Immediate, quindi, le ripercussioni nel dibattito politico interno dell’ intenzione, manifestata da Milei, d’ interrompere questo processo per ritornare alla solita e malvissuta dipendenza dall’America del nord.
In realtà la nazione argentina, storica meta di nostri emigranti d’ inizio novecento, sconta nella sua storia bi-centenaria e soprattutto dopo la prima presidenza di Juan Domingo Peròn, dipendenze multiple. Se come singola nazione, l’ Italia ha una sorta di dovere-diritto di mantenere viva l’attenzione su questo paese, come Unione Europea scontiamo una certa freddezza: le linee di credito, che in termini di risparmio si traducono negli investimenti, pubblici o privati, nel loro Fondo sovrano, dopo il default del 2001 sono state congelate. E in seguito alla oggettiva accelerazione dell’integrazione europea negli ultimi vent’anni, sia pure con la allarmante eccezione del ritorno di vari governi europei al sovranismo nazionalista, la barra della politica economica della UE sembra saldamente diretta a privilegiare i rapporti fra comunità di stati, piuttosto che coltivarne di asimmetrici fra l’Unione e i singoli stati. Fra 2023 e 2024 è andato avanti, infatti, il negoziato per un accordo commerciale generale con i paesi del MERCOSUR, altra entità economica con l’ambizione di unire, rafforzandone il potere negoziale, vari paesi dell’ America latina come Brasile, Argentina, Paraguay, Cile e Venezuela.
Allo stato attuale non è dato sapere se l’ostilità manifestata da Milei nei confronti dei “comunisti” dei BRICS riguardi anche il MERCOSUR o meno. Se la vocazione anti-comunista del presidente è così spiccata potrebbe facilmente rivolgersi contro il Venezuela, per via della deriva “castrista” abbastanza evidente tanto nel defunto presidente Chavez, quanto nel suo successore Maduro. È chiaro però che Milei ha sbancato le presidenziali grazie alla sua proposta più traumatica, cioè l’ adozione del dollaro americano come valuta nazionale. È su questa proposta, centrale per dare compimento alle promesse elettorali, che si misurerà l’efficacia del mandato di questo anarco-liberale, iscritto in una categoria politica di sua schietta invenzione.
L’ “oggetto misterioso” oggi alla guida del grande paese del Cono Sur, inoltre, può essere annoverato fra le ultime creature dell’ondata sovranista iniziata sette anni fa con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti? E’ un’ipotesi plausibile, se si mette da parte l’apparente contraddizione di un presidente (Milei) che, a fronte della bancarotta del proprio paese, decide di regalare la sovranità monetaria – ancor oggi rimpianta da molti italiani – ad uno stato estero. Se ciò accadesse, sarebbe un precedente assoluto e un evento storico dagli effetti imprevedibili.
(Franco Garofalo)
Il 24 agosto 2023 l’allora Presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez, con un comunicato stampa ha annunciato che a partire da gennaio 2024 l’Argentina sarebbe entrata nei BRICS, parola composta dalle lettere iniziali di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica (ce ne siamo occupati in questo articolo, in relazione alle dichiarazioni di Mario Draghi), paesi emergenti che si sono uniti nel 2006 per promuovere tra loro la cooperazione economica, politica e finanziaria e fare da contrappeso all’egemonia degli Stati Uniti. Le loro economie sono complementari, da una parte il Brasile e la Russia sono fornitori di materie prime mentre la Cina e l’India sono paesi fortemente tecnologizzati e il Sud Africa è provveditore di commodity ma è anche molto sviluppato in comunicazioni e tecnologia. Il gruppo ha acquisito un’importanza innegabile nell’economia globale e ha una marcata tendenza all’espansione. A gennaio 2024 nei BRICS, come previsto, sono entrati l’Egitto, l’Etiopia. l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti ma dell’Argentina nemmeno l’ombra. Il nuovo Presidente Javier Milei ha deciso di restarne fuori perché il Brasile ha un governo populista comunista e la Cina è comunista e lui non “trata con comunistas”. Argomento poco valido, quasi da irresponsabile se si considera che il Brasile e la Cina sono i principali soci commerciali dell’Argentina, seguiti dall’Unione Europea e gli Stati Uniti, a prescindere dal fatto che non sono comunisti e che lui si considera anarchico liberale e non c’è un altro presidente nel mondo che la pensi come lui.
Il Golpe de Estato del ’76, le continue provocazioni di Milei a Brasile e Cina. I tagli alla sanità, alla Scuola, e la mancata protesta popolare
A parte la sua arbitraria decisione Milei provoca sempre sia il Brasile che la Cina, ma perché un uomo come questo ha vinto le elezioni e perché la gente non protesta nonostante la ritirata completa dello Stato nell’assistenza alla popolazione, i tagli alla sanità, alla educazione, l’aumento della benzina, quello spropositato dei servizi, la paralizzazione quasi completa dell’economia argentina con i conseguenti licenziamenti in tutti gli ambiti, pubblici e privati? La storia è lunga ma per spiegarla almeno in parte occorre retrocedere al 1976.
ll 24 marzo di quell’anno in Argentina c’è stato un Golpe de Estato, l’inizio di una dittatura violenta che ha perseguitato, torturato, ucciso e fatto sparire 30 mila persone, molte delle quali sono state tirate vive da un aereo nel Rio de la Plata o nell’Oceano Atlantico. Il golpe è stato civico militare con la complicità di un settore della Chiesa, della classe dirigente argentina, degli Stati Uniti, della loggia massonica Propaganda 2 che volevano mantenere lo status quo, messo in crisi dai vari gruppi terroristici che agivano nel paese. La Junta militar che ha avviato il processo di Reorganizacion nacional era integrata da Jorge Rafael Videla dell’Esercito, Emilio Massera della Marina e Orlando Agosti dell’Aeronautica, una dittatura tra le più efferate della storia. Da sottolineare che i militari prima di andarsene si sono autoamnistiati. Nel 1983 è tornata la democrazia dalla mano di Raul Alfonsin, un mitico presidente, che ha subito rivolte e minacce dai carapintadas (militari), pressioni dal partito Justicialista peronismo, scioperi dal sindacalismo e intolleranza da parte di una sfera ecclesiastica, ma cosciente dell’importanza storica del suo mandato, ha resistito e ha messo sotto processo militari e terroristi nella storica causa NUNCA MAS, come l’ha definita Julio Strassera, il pubblico ministero che ha svolto e diretto le indagini contro gli indagati, e ha preso questo nome dal rapporto su quegli anni scritto con la prefazione di Ernesto Sabato. Sotto un’atmosfera di apparente appoggio al coraggioso presidente, la società ha però continuato ad essere divisa in due, da una parte i progressisti dall’altra un gruppo ristretto di conservatori, tra cui molti militari, poliziotti e i loro parenti che ancora oggi odiano Alfonsin, che sotto la pressione di questa fetta della società, è stato obbligato a promulgare le Leggi del “Punto Final” (1986) y “Obediencia Debida” (1987) che hanno attutito la rabbia dei militari e dei loro sostenitori ma hanno suscitato la delusione dei parenti delle vittime. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, dal 1983 al 2019 poche persone avrebbero messo in dubbio la sistematica violazione dei Diritti Umani perpetrati dalla Giunta Militare. Il Presidente Carlos Saul Menem (1089 – 1999) ha dato l’indulto con gran giubilo dei militari e dei loro sostenitori ma con la frustrazione e un immenso dolore dei parenti delle loro vittime, la storia continua. Nestor Kirchner, del Frente para la Victoria, Presidente dal 2003 al 2007, ha riaperto le cause contro i militari e se da una parte ha soddisfatto i parenti delle persone vittime della repressione, che clamavano giustizia, dall’altra ha alimentato il rancore dei conservatori, un livore che con gli anni è cresciuto in forma esponenziale anche perché la casta militare ha sempre avuto un ruolo da protagonista e di grande rispetto nella storia della società argentina, formata proprio da generali. San Martin, Belgrano e più avanti Julio Argentino Roca.
I BRICS e l’Argentina: l’accordo saltato a causa di Milei. Ecco le responsabilità di un sedicente liberale che mette in crisi la crescita del paese
Nel 2019 ha vinto le elezioni presidenziali la formula Alberto Fernandez presidente, ex capo gabinetto del Consiglio del Ministri di Nestor Kirchner, e Cristina Fernandez vedova di Kirchner, vice presidente, che ha iniziato il suo mandato durante una forte crisi economica con un tasso di povertà del 40%, l’inflazione del 55% e la disapprovazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui Bolsonaro, ex presidente del Brasile, che in segno di sdegno non è venuto alla cerimonia di assunzione di Fernandez.
Un governo iniziato quindi con la bocciatura della destra e del paese con la bandiera a stelle e strisce.
Nonostante questo si sperava che il nuovo governo avrebbe migliorato la situazione economica invece, complice il Covid e un periodo di siccità, è iniziato per l’Argentina un periodo ancora più difficile. Fernandez grazie al ministro della salute Gines Gonzalez Garcia ha saputo fronteggiare bene l’epidemia ma il lock down è durato troppo tempo ed ha avuto delle gravi ricadute sull’economia. Per la siccità non sono entrate le divise previste per la vendita della soia e di altri prodotti agricoli. È calato il lavoro e la classe media ha dovuto pagare più imposte per devolvere il ricavato in aiuto dei poveri. Questa situazione ha frustrato e esasperato i borghesi che non volevano mantenere, secondo loro, i nullatenenti e gli impiegati statali sospettati di appartenere a una rete clientelare, ma ha anche scontentato gran parte dei poveri che desideravano lavoro e non sussidi e si sono sentiti umiliati. La rabbia stimolata dall’opposizione e dai media è montata così come è cresciuto l’intolleranza verso il governo e i fruitori dell’assistenza economica statale, considerati vagos vagabondi, e anche verso molti impiegati statali. La crepa tra Kirchneristi, sinistra popolare, e antikirchneristi si è approfondita fino a diventare insanabile, si aveva l’impressione che la società fosse diventata una pentola a pressione in procinto di esplodere. Il19 novembre 2023, ci sono state le elezioni, e Javier Milei del partito la Libertad Avanza ha potuto vincere il suo rivale Sergio Massa, vicino al governo, sommando ai suoi voti quelli di Patricia Bullrich di Juntos por el Cambio (Uniti per il Cambiamento).
Alea iacta est, il dado è stato tirato, Milei è diventato presidente ed ha immediatamente dichiarato che il suo scopo è quello di arrivare al deficit zero. Ha dimostrato di essere capriccioso, autoritario e conservatore, dà sermoni contro l’aborto e il femminismo, di liberale non ha niente. In politica estera si è allineato immediatamente con il Partito Repubblicano degli USA, con Israele e la Gran Bretagna ed ha fatto saltare, forse per accontentare i suoi elettori apparentemente di destra, l’accordo con i BRICS. Solo Axel Kiciloff, governatore della Provincia di Buenos Aires e membro di rilievo dell’opposizione continua a mantenere un dialogo con loro. Milei ha preferito dare le spalle ai BRICS, non rispettare gli accordi con la Cina, che addirittura finanziava in parte l’Argentina, e vendere il paese pezzo dopo pezzo a fondi comuni d’investimento o ai grandi gruppi concentrati di potere.