Mi sono rotto della sciatteria, dell’ignoranza. Mi sono rotto di non avere una Destra seria, lucente, che guardi al futuro. Mi sono rotto di non ricevere lezioni, alte, intelligenti. Mi manca la scuola, quella in cui mi interrogavano. Non che la mia fosse perfetta, anzi, ma possedeva quel minimo di patto sociale per cui la lotta nel cuore di un ragazzo era nel fare propria la consapevolezza di sé e della collettività, nel farsi una visione della distanza fra sé e la persona che poteva diventare. Ora, ributtando in mezzo il merito, il governo vorrebbe che i ragazzi misurassero la distanza dal prossimo. Sono più bravo io, sei più bravo tu. Questo governo, come i precedenti, neppure si preoccupa di comprendere le basi della pedagogia. Mi sono rotto della retorica e del potere, sempre più improvvisato. Dalla retorica dell’«onestà» del M5s siamo passati al «merito» (come fosse necessario rubare per essere disonesti e non già entrare in Parlamento senza avere la benché minima esperienza politica). È solo retorica, certo, parole vuote, e allora cosa cambia? Nulla, scrive Antonio Gurrado su «il Foglio», “il Ministero dell’Istruzione e del Merito – afferma – poteva chiamarsi anche Ministero dell’Istruzione e della Selezione Spietata, Ministero dell’Istruzione e della Bocciatura Sistematica, Ministero dell’Istruzione e dello Sterminio Indiscriminato degli Studenti – non sarebbe cambiato assolutamente nulla […] a far girare il meccanismo restano sempre i sottoposti: provveditori, funzionari, insegnanti. I quali ultimi non hanno la minima intenzione di applicare nella scuola il merito nella maniera minacciosa e un po’ sadica che l’opposizione ha ventilato”.
Certo questo fa il paio con la realtà di fatto, non si discute. Ma quelle menzionate sono figure le cui ragioni, verità, orizzonti mentali troppo poco hanno a che fare con i ragazzi. Cambiare il nome dei ministeri significa costruire un’insegna (insegna) sotto cui passerà mezza generazione di studenti, che leggeranno questo invito alla competizione e soprattutto al fraintendimento di che cos’è la persona e del suo ruolo nella società. Non esiste uno studente uguale a un altro. Per questo il merito non esiste nei processi di apprendimento e insegnamento. Ma ti pare che si preoccupano di sapere che cos’è l’Universal Design for Learning? Ti pare che studino, questi responsabili della scuola? Esiste la cosiddetta “zona di sviluppo prossimale”, concetto introdotto da Vygotskij che indica l’area in cui si può osservare cosa lo studente è in grado di fare da solo e quali sono i potenziali apprendimenti nel momento in cui è sostenuto da un adulto competente. Un’area che può strutturarsi come apprendimento e abilità specifiche, qualcosa che abbiamo tutti e grazie alla quale nessuno è secondo a nessuno. Comunque vadano le cose in classe, quale che sia o non sia l’impegno e i convincimenti di provveditori, funzionari, insegnanti, non so se è chiaro, nessuno arriva primo, nessuno arriva ultimo. Per questo il merito non ha a che fare con la scuola e non deve averci a che fare. Ecco invece il ruolo dello Stato. Fornire l’aiuto necessario in equità, cioè dare strumenti diversi per natura e quantità a seconda delle necessità affinché nessuno resti indietro. Fosse solo per la zona di sviluppo prossimale, senza citare le innumerevoli altre ragioni che ricadono nella pedagogia, se solo costoro si degnassero di interpellarla, fosse solo perché non sanno neppure cosa sia la zona di sviluppo prossimale, dovremmo cacciarli. Non ne posso più dell’ignoranza al potere. Voglio persone che sappiano di cosa parlano, che sbaglino mira magari, ma che almeno vedano il bersaglio! Niente da fare.
Nessuno tra coloro che siedono tanto in alto nelle istituzioni riesce a sentire la verità, che striscia, striscia sempre, qua giù. Allora mi rivolgo ai bambini, che hanno orecchie piccole per ascoltare le cose sottili. Mi rivolgo a ogni bambino individualmente: conosci te stesso e conoscerai gli altri e la natura. Non c’è altra scuola che questa, al momento.