Una sola volta nella vita. Romanzo di Tom Hanlin

Torna in libreria il capolavoro di Tom Hanlin “Una volta sola nella vita”

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«Meraviglioso». Così John Steinbeck definì il romanzo Una volta sola nella vita di Tom Hanlin nel corso di una conversazione con Jock Hollimon in cui analizzava alcuni testi fondamentali del suo periodo. Il libro – vincitore del primo premio di 500 sterline della Big Ben Books competition organizzata dalla Wells Gardner, Darton and Companyvenne pubblicato a Londra nel 1945 per i tipi di Nicholson & Whatson e nelle prime tre settimane vendette 250mila copie. Tradotto in un varie lingue, giunse in Italia nel 1947 per Mondadori e con la traduzione di Giorgio Manganelli. Mai più editato da allora, ora torna in libreria grazie a Graphe.it, sempre con la traduzione di Manganelli e con la curatela di Niccolò Brunelli.

Tom Hanlin
Ritratto di Tom Hanlin realizzato da Giacomo Putzu per l’editore Graphe.it

L’endorsement dell’autore di Uomini e topi è senza dubbio significativo: del resto Hanlin racconta una storia che ha in sé tutta la fatica del vivere con l’inevitabile fallimento dei piani architettati da noi esseri umani. «Un meraviglioso romanzo che potrebbe essere la storia del tuo primo amore, irresistibile nel suo fuoco e nella sua commozione» ebbe a commentare il New Yorker.

Fin dal primo capitolo appare evidente che la storia d’amore tra Frank Stewart e Jenny Dewar non avrà un esito positivo: al pari de La morte di Ivan Il’ic di Lev Tolstoj, la tragedia irrompe nella narrazione tenendoci in sospeso nell’attesa del momento in cui effettivamente essa si abbatterà sui protagonisti. Lo ammette lo stesso autore, nel secondo capitolo del romanzo, quando scrive: «Per questo ho cominciato con quel capitolo del pozzo, che dovrebbe stare prima dell’ultimo capitolo, ma va bene all’inizio. Io non conosco tutti quei trucchi per scrivere, e così mi limito a raccontare le cose come sono avvenute». Va da sé che i “trucchi per scrivere” Tom Hanlin li conosce, e molto bene. In ogni capitolo racconta qualcosa della storia d’amore tra quelli che sono due ragazzini e poi adulti: un innamoramento nato tra i banchi di scuola e tra le vie polverose di una città mineraria e cresciuto con le difficoltà di chi deve fare ogni giorno i conti con la povertà. Ogni capitolo si conclude con un rimando a quella fine tragica che aleggia su ogni pagina. Così, ad esempio, il primo bacio fra Frank e Jenny ha in sé la disperazione della fine. L’impegno di Jenny per migliorare la propria vita andando a servizio nella grande città, per poi finire, giovane madre, a lavare le scale dello studio medico proprio mentre Frank vi si sta recando. Un romanzo difficile, drammatico, non per tutti, per ammissione dello stesso autore: «Se voi vi sentite tanto superiori da non riuscire a interessarvi di minatori e di serve, smettete di leggere. D’ora in poi, io mi rivolgo ai minatori ed alle serve di tutto il mondo».

Giorgio Manganelli
Giorgio Manganelli ritratto da Giacomo Putzu

La drammaticità della storia è resa anche plasticamente dall’immagine della copertina della nuova edizione italiana che si ispira direttamente all’originale inglese ed è stata realizzata dall’artista sardo Giacomo Putzu: sullo sfondo si intravede una città mineraria, mentre in primo piano spicca un albero secco sotto i cui rami si trova la panchina su cui Frank e Jenny si giurano amore eterno. Un ossimoro visivo, a ben guardare, tra un amore che si vorrebbe eterno pur nella coscienza della propria transitorietà, e un albero impietrito con i rami inutilmente tesi al cielo.

Pregevole, e non poteva essere altrimenti, la traduzione di Giorgio Manganelli: il testo appartiene alla “sua stagione di febbrile traduttore” per dirla con Viola Papetti e dello stile del Manga è piena, come nota Niccolò Brunelli nella sua nota finale, in cui dà contezza del certosino lavoro di confronto tra l’edizione originale, quella statunitense (pubblicata da Viking Press e, prima, a puntate su Woman’s Home Companion) e quella italiana per restituire alla lettura dei giorni nostri un’opera da cui è bene togliere la polvere della storia.

Tom Hanlin morì nel 1953 per problemi cardio-respiratori (minatore, aveva abbandonato la scuola a 14 anni per lavorare, per poi tornare alla sua passione per la scrittura). Ci ha lasciato una trentina di racconti, diversi romanzi, saggi e radiodrammi i cui temi fondamentali, come nel caso di Una volta sola nella vita, ruotano intorno al realismo del quotidiano quale cartina al tornasole dell’universale e a una visione tragica della vita.

Senza voler stilare elenchi di letture imprescindibili, ci sentiamo autorizzati dall’autore stesso, ad affermare che siamo in presenza di uno dei libri da leggere almeno una volta nella vita. «Questa storia è per voi, scritta nella vostra lingua, e quel che vi accade, accade a voi tutti i giorni. Nessuno, prima, ha mai scritto in questo modo; e per quanto io voglia raccontare la più vecchia storia di questo mondo, la racconterò in un modo che a leggerla proverete la stessa sensazione che vi danno le “recentissime”, ancor fresche di stampa».

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