Origini del Calendario dell’Avvento e l’avvento della fine
In questi giorni dedicati esclusivamente alle festività natalizie mi sono fermato a osservare quanto poco il commercio abbia a che fare con la tradizione. Questo su quasi tutti i fronti, ma un caso in particolare è quello del Calendario dell’Avvento. Calendario che, lo dice anche il “grande maestro” Wikipedia, è nato per indicare i giorni che restano sino alla vigilia del Natale. Nella tradizione più pura, il conteggio giornaliero, iniziava dalla prima domenica d’Avvento. Con il tempo questa data iniziale è stata spostata al primo di dicembre. Ma quando è nata la tradizione? Addentrandosi un poco di più nella voce enciclopedica, sembra dagli anni Venti e in Germania dove sono iniziati a circolare dei calendari di cartone con ventiquattro finestre apribili. All’interno di ciascuna un cioccolatino e disegni a tema natalizio. Da quel momento la sua diffusione è stata pressoché mondiale. Chi scrive, ad esempio, ha ricordi precisi di questo “momento” legato al Natale. Nella cucina di casa appendevamo il calendario nella parete di fianco al tavolo. Ed era piacevole seguire, giorno dopo giorno, solitamente la mattina a colazione, l’evoluzione di quell’opera. Perché proprio di una piccola opera d’arte fatta a mano, si trattava. Il “nostro” Calendario dell’Avvento, complici anche gli anni che erano trascorsi dalla sua nascita, si presentava di graficamente e creativamente più evoluto rispetto ai suoi antenati. Infatti, oltre al cioccolatino e lo sfondo disegnato, la finestra conteneva anche delle piccole frasi. Massime spirituali affinché il lettore (sempre se sensibile, s’intende), potesse beneficiare di un piccolo spunto di riflessione circa la propria esistenza. Era bello così, ma la finanza creativa, come è solita fare, non si accontenta ma pretende di più, passa anche per le cose più piccole, anche le più innocenti, tutto trasforma e tutto divora.
La bruttezza che divora il mondo si prende tutto, anche il calendario dell’Avvento pensato per i bambini e la poca memoria rimasta
E arriviamo così ai nostri giorni, a questo Natale, ma, con il ricordo, anche a quelli di poco precedenti, dove il calendario è diventato un semplice contenitore di cioccolata delle più grandi marche e anche delle più accanite sotto marche. Un brutta scatola di cartone, praticamente spogliata del suo spirito originario, sul genere di quelle sottili per cioccolatini da tutti i giorni e ricorrenze, con loghi esagerati ed esasperati delle case di produzione. Tutto questo ha svilito e volgarizzato la nobile delicatezza e l’intento delle origini. Se si trattasse solo di volgarità, non sarebbe poi questo grande problema. Viviamo in un’epoca dove nella società imperano velocità, apparenza, successo e praticamente zero valori. Niente di nuovo, quindi. Ma il fatto che mi riesce davvero difficile accettare è che contemporaneamente si è applicata anche una progressiva rimozione della memoria. Nel senso che oggi, un qualunque bambino, diciamo di cinque o sei anni, attirato dal cioccolato, se non ha la fortuna di avere genitori o nonni che pazientemente si mettono a raccontargli la vera origine del Calendario dell’Avvento, non ne saprà nulla. Anzi, peggio, crescerà nella convinzione che questo altro non è che un’estensione del piccolo uovo con la sorpresa, o del grande uovo di Pasqua, o, cosa ancora più triste, un qualcosa da banco del supermercato che niente ha a che fare con lo spirito più intimo del Natale. Sono riflessioni inutili, le mie. Quasi patetiche, me ne rendo conto. Perché sappiamo bene che la finanziarizzazione del mondo è una signora cafona, vestita a festa da stilisti altrettanto cafoni che arricchendosi hanno perso strada facendo il rispetto per il sacro. Ed è vero che il consumo è pronto ad accogliere ogni tradizione, facendola sua, ma solo se questa si presenta come un potenziale business. Non è così per tutto? E non è così che tutto assume quel potenziale per diventare un campione di vendite? Di fronte a questo genere di realtà pare non vi sia una soluzione, eppure sono convinto che sia ancora un pregio indignarsi e, per quel niente che può servire, resistere difendendo le proprie idee, e i propri simboli. Quindi, in estrema sintesi, posso dare la mia modesta opinione: il commercio ha nuovamente vinto, mangiandosi il Calendario dell’Avvento e vomitando sul mercato altra merce senza anima buona giusto per il fatturato. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Per l'immagine in alto: un palazzo addobbato come calendario dell'Avvento | fonte: Wikipedia