Graphe.it compie 18 anni
Roberto Russo, ideatore e titolare di Graphe.it Edizioni | © Per sua gentile concessione

Buon compleanno Graphe.it. Diciotto anni di editoria ragionata

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Graphe.it edizioni compie 18 anni (il “.it” fa parte del nome e la pronuncia corretta è “gràfe punto it” o “gràfe it”), casa editrice fortemente voluta e poi costituita nell’estate del 2005, incarna un’idea di progetto attenta alla qualità del testo e alle sue potenzialità di arricchimento spirituale per il lettore, si legge come incipit alla voce “Chi siamo” sul sito della casa editrice. Una dichiarazione d’amore per i libri e per il lettore che vanno a coniugarsi nella forte dichiarazione d’intento: i rapporti umani hanno la precedenza su quelli professionali. Un anno importante il 2023, che segna il diciottesimo anno di attività di questa “isola editoriale” e noi siamo qui a parlarne con l’editore Roberto Russo (qui il video che celebra i 18 anni della casa editrice).

Chi è Roberto Russo?

Due citazioni per descrivermi: «Nulla che sia umano mi è estraneo» (Terenzio) e: «Ogni volta che sono stato tra gli uomini sono tornato meno uomo» (Tommaso da Kempis). In questa tensione si dilania la mia vita.

Qual è l’idea che è poi diventata Graphe.it Edizioni?

«Tutte le parole non sono che briciole cadute dal banchetto dello spirito» recita un testo poetico di Khalil Gibran. Trovo che ben incarni l’idea che ha portato ad aprire la Graphe.it edizioni: ci sono tante briciole in giro e spiace che vadano perdute. Così questa casa editrice si è posta fin dall’inizio l’obiettivo di raccontare storie forse “minori”, ma pur sempre nutrienti.

Graphe.it compie 18 anni. Come è cambiato nel tempo il fare editoria?

Senza dubbio negli ultimi 18 anni, il mondo dell’editoria ha subito profondi cambiamenti a causa della crescente digitalizzazione e della diffusione di Internet. Potrei risponderti facendo un elenco ragionato dei cambiamenti (la digitalizzazione dei contenuti, i cambiamenti nei momenti di business, il self-publishing e le piattaforme di condivisione dei contenuti, crisi delle librerie tradizionali e via dicendo), ma l’aspetto che ho più notato è che c’è molta improvvisazione. L’ho percepito chiaramente durante la pandemia quando le riunioni tra editori si svolgevano online (come quasi tutto il resto) e ho avuto l’opportunità di confronto con tante colleghe e colleghi in tutta Italia: rimanevo basito nel notare che molti nuovi editori non fossero a conoscenza dei rudimenti di questo mestiere. In diciotto anni il mondo editoriale italiano è peggiorato, quindi? Un po’ direi di sì, anche se non mancano esempi veramente interessanti. Spero che Graphe.it non sia tra le case editrici “peggiorative”!

Ha ancora senso occuparsi di cultura?

Sebbene tutto induca a dire che ormai non ha più senso occuparsi di cultura, credo che sia fondamentale continuare a farlo. Senza voler essere snob, alla fine, cosa rimane se non la cultura? Basta guardarsi indietro per restare affascinati da quanto la cultura, nelle sue mille sfaccettature, ha proposto. Sarà così anche domani, pur se nell’oggi ci sembra di vivere veramente una notte oscura. Resto fermamente convinto che la cultura sia un elemento fondamentale per il benessere sociale, l’identità individuale e collettiva e il progresso dell’umanità. Continuare a occuparsi di cultura è essenziale per il nostro sviluppo come società e per preservare ciò che ci rende unici e diversi.

La libertà è un fantasma?

Quando si parla di libertà mi torna sempre in mente una lezione di antropologia filosofica di quando studiavo all’Università. Secondo il professore sono tre i tipi di libertà: libertà da, libertà di, libertà per. La prima è quella che comunemente si intende (libertà da costrizioni, per esempio); la seconda è attiva (libertà di fare qualcosa); la terza è propositiva (sono libero per te). Anche con la casa editrice, cerco sempre di essere propositivo, in modo che, quando anche, per un qualunque motivo, ci fosse un po’ meno libertà, ci si può sempre presentare come supporto per andare avanti. Non credo di aver risposto alla tua domanda, però…

Cosa ti piacerebbe che cambiasse nei lettori?

Vorrei che chiudessero i loro account Instagram! Ogni giorno che passa mi risulta più difficile da comprendere quest’ossessione per le copertine “instagrammabili”, per il libro bello da vedere, per le foto assurde fatte con i libri. Magari un domani inizierò a pubblicare libri con copertine vuote.

La tua più grande gratificazione da editore?

A una fiera si presentò un ragazzo e mi disse che aveva fatto un viaggio molto lungo pur di venire a conoscere l’editore della sua collana preferita (nello specifico: I condottieri).

Graphe.it
Lo stand di Graphe.it al Book Pride | Edizione 2023 | © Per gentile concessione

Cosa pensi dell’arroganza che contraddistingue molti autori (principianti e non)?

È uno dei motivi per cui blocco un libro o rescindo i contratti, senza pensarci due volte, anche nel caso in cui l’opera fosse eccelsa. Come sai i tempi di pubblicazione di Graphe.it sono lunghi, molto lunghi. Uno dei motivi è perché mi piace conoscere le persone che pubblicherò: quello di un libro è un cammino, fatto prima di tutto di rapporti umani, da compiere insieme. Se non c’è rispetto reciproco, se si vuole imporre il proprio punto di vista, per me non c’è futuro.

Pubblicare poco o tanto? E perché si pubblica così tanto?

Sono la persona sbagliata a cui porre la domanda! Io sono per la decrescita editoriale: pubblicare meno, per pubblicare meglio. Questa bulimia di carta non la capisco per noi piccoli editori. I grandi editori hanno i loro piani, ma noi medio-piccoli perché dobbiamo scimmiottarli? Tra l’altro “si dice” che si pubblica così tanto è per mantenere il proprio posto in libreria ed evitare che altri editori ti scalzino: che piccolezze! Meno è meglio anche nel mondo dei libri.

L’editoria a pagamento è una possibilità o un deragliamento?

Direi più la seconda. Mi chiedo sempre, comunque, perché si punti (giustamente) il dito contro l’editoria a pagamento e mai contro chi a quel tipo di editoria si rivolge. Alla fine se sei così sprovveduto da dare centinaia (e in alcuni casi migliaia) di euro a uno che stampa il tuo libro, qualche domanda devi pur fartela. Ne Il pendolo di Foucault Umberto Eco scrive: «La Manuzio [casa editrice a pagamento di cui si sta parlando in quel momento, ndr] non s’interessa dei lettori… L’importante, dice il signor Garamond [l’editore], è che non ci tradiscano gli autori, senza lettori si può sopravvivere». Forse dovremmo smetterla di chiamare “editoria” queste realtà, ma definirle semplicemente imprese. Del resto, ricorda sempre il Maestro Eco, in inglese ci si riferisce a questo tipo di realtà come “vanity press”: è un inglesismo che dovremmo adottare.

E l’autoproduzione?

Rientra in quella smania di pubblicazione di cui dicevamo prima. Se hai scritto qualcosa e vuoi fare un librino a tue spese da dare ad amici, complici, amanti fallo pure. Ma questo non è pubblicare.

Si dice che il romanzo sia la serie A, il racconto la serie B e la poesia la serie Z. Sei d’accordo?

Non sono mai stato un tifoso, quindi mi mancano i rudimenti per rispondere alla tua domanda! Anni fa mi trovavo a Vienna per un viaggio di lavoro ed entrai in una libreria (tanto per cambiare…). Al centro del negozio c’era un totem con diversi libri esposti su cui campeggiava questa scritta: “Non sono un genere, sono un libro. Leggimi!”. Trovo profondamente vera quest’affermazione. Buona parte della colpa di questa situazione per cui abbiamo tipi di testi lodati e altri snobbati credo sia anche di noi editori che parcellizziamo la cultura, pur di vendere. Ammiro la scelta de Il Saggiatore di chiudere tutte le collane e pubblicare libri. Ci sto pensando da un po’ e forse in un futuro più o meno prossimo anche la Graphe.it chiuderà tutte le proprie collane e pubblicherà libri: che bello avere una raccolta poetica accanto a un saggio di architettura, non credi?

Lo stand di Graphe.it Edizioni all’Elba Book Festival | Edizione 2022 | © Per gentile concessione

E la saggistica?

La saggistica non rientra nemmeno nei campionati, per riprendere la tua metafora. C’è l’idea che i saggi siano noiosi e solo per specialisti. Alcuni saggi sono noiosi, è vero (come lo sono anche romanzi, racconti e poesie); altri sono molto specialistici. Io, comunque, mi emoziono sempre dinanzi a un saggio, anche solo nello sfogliarlo: perdersi in quel mare di note, scorrere con gli occhi la bibliografia mi fa capire il percorso che è stato compiuto prima di giungere a quelle pagine scritte che ho tra le mani. Sono di parte, lo confesso, perché ho sempre amato più i saggi che tutto il resto!

Da editore c’è qualcosa che proprio non sopporti?

Chi vuole insegnarmi come fare l’editore. Spiace dirlo, ma spesso sono gli autori alle prime armi che hanno sempre tutte le risposte in tasca. Beati loro! In questi casi racconto sempre questo apologo russo. «Un vecchio ebreo vende cocomeri al mercato con il seguente cartello: “Un cocomero per tre rubli; tre cocomeri per dieci rubli”. Si avvicina un uomo e compra un cocomero per tre rubli. Poi ne compra un altro per tre rubli. E infine un terzo, sempre per tre rubli. Prima di andarsene, l’uomo fa notare al commerciante: “Guarda, ho comprato tre cocomeri pagandoli solo nove rubli. Il commercio non fa per te”. Al che, il vecchio ebreo risponde: “È sempre così: tutti prendono tre cocomeri invece di uno e poi vogliono insegnarmi a fare il commerciante”».

E qualcosa che ami?

Quando mi propongono un testo bello, interessante, ben scritto: avere sotto gli occhi qualcosa che ancora nessuno ha letto e immaginarlo in mano a chi lo leggerà.

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