U Carbun
Copertina del nuovo album "Zenayah verscion", di Marco Carbone, in arte U Carbun.

U Carbun e il nuovo album “Zenayah verscion”: poesia in genovese, reggae e sperimentazione. L’ntervista video

401 Visite

Dopo 15 anni di silenzio, ovvero di ricerca musicale e poetica, Marco Carbone, in arte U Carbun torna sulle scene con un album pazzesco. Lo ha intervistato per L’Altro, Carlo di Francescantonio. Guarda l’intervista su YouTube (durata: 11’50”) o leggi, qui di seguito, il racconto che ci fa in anteprima del nuovo album.


Dopo 15 anni di ricerca, torna la musica di U Carbun poeta e cantautore in lingua genovese

L’uscita a sorpresa dell’album Zenayah verscion – poexia reggae in zeneise dato alle stampe in una curatissima edizione autoprodotta dal collettivo de Januaicans è l’occasione per tornare a parlare di Marco Carbone, in arte U Carbun, poeta e artigiano costruttore di tamburi, veterano della scena reggae italiana, da decenni impegnato nello sperimentare componimenti poetici in lingua genovese e musica rigorosamente reggae.

Non si tratta di una posa, bensì di uno stile di vita che U Carbun sente rappresentarlo da sempre e in maniera molto onesta è impegnato a portare avanti questa interessante contaminazione. Il tutto insieme al collettivo de Januaicans, che sapientemente da diversi anni accompagna la voce di U Carbun. Band formidabile composta da una serie di musicisti (o, se preferite, in genovese, mûxicanti) cangianti: in questo disco, ad esempio, hanno suonato nomi conosciuti nel panorama reggae nazionale quali Papa Paul (percussioni), ma anche musicisti dotatissimi come Tod Gnakka (chitarre e basso) e tutto un lungo elenco di nomi interessanti e alte professionalità per i quali rimando ai crediti nella foto del retro copertina.

Zenayah verscion, il nuovo album di U Carbun

U Carbun
Quarta di copertina dell’album

Zenayah verscion, nuovo album dopo ben più di quindici anni dall’ultimo lavoro in musica, è stato idealmente preceduto da un libro di poesie sempre in genovese e anch’esso autoprodotto, intitolato Mi chi, che si è rivelato vero e proprio filo conduttore dal momento che il testo recitato della poesia che da il titolo al libro apre anche questo disco. Un recitativo, in funzione di ingresso in questo universo alternativo. Inoltre, altra singolare e forse non voluta anticipazione: quattro anni fa un bellissimo singolo di denuncia sociale: Bongoverno. Brano che si è rivelato davvero una sorpresa, perché insolitamente cantato in italiano. Dunque, in maniera curiosa, si potrebbe anche ipotizzare che ci sono stati sia due ponti che due grandi indizi, negli ultimi anni trascorsi, che hanno portato lentamente alla luce il nuovo 33 giri.

U Carbun: una vita fuori dal rumore, una vita nel silenzio – quindi nella musica

A chi scrive U Carbon non può che ricordare quel fuoco che ha portato un grande filosofo dell’Ottocento americano, Henry David Thoreau, a rifugiarsi nei boschi, alla ricerca di sé stesso, lontano dal superfluo e opprimente agio della società. Questo perché U Carbun ha dentro di sé una doppia e serena anima: quella del genovese attento divulgatore delle sue origini e quella libera, piacevolmente anarchica, jamaicana (non a caso il collettivo de Januaicans attinge sia nel nome che nello spirito a questa dualità), che lo spingono da sempre verso le radici della terra, come bene illustra la canzone (Na votta eu un) Erbu, secondo singolo estratto dall’album, e contemporaneamente a un’apertura internazionale che se ancora oggi non è stata degnamente riconosciuta è per quel mercato mainstream che spesso penalizza chi ha scelto di prenderne le distanze. La via underground fatta di pazienza, riflessione, studio e ricerca che U Carbun percorre da grande pioniere per portare al pubblico la sua arte, altro non è che una conferma dell’universale filosofia di libertà. U Carbun rallenta, proprio quando tutti (nel mercato discografico, come nella vita) accelerano e non è una cosa di poco conto, se applicata agli standard che la nostra società è arrivata a imporre agli esseri umani che la compongono. Come l’albero da lui cantato, U Carbun, ha radici ben piantate, non si fa spostare, accoglie come benedizioni sia l’acqua che il sole, il freddo o il torrido. E intanto prosegue nello sperimentare, ostinatamente fuori da schemi e regole, facendo esperienza e restituendo esperienze: come quella ormai storica nata dagli N’versi, con i quali nel 2006 ha prodotto il libro/CD Tra u Marco e l’anchizze, lavoro di ricerca sempre sulla lingua genovese che ormai è diventato un’opera fondamentale della Liguria.

Zenayah verscion è composto di dodici brani che sono poesie in musica, undici in genovese e una in italiano, uscito in una tiratura di 300 copie in vinile e disponibile on line sulla piattaforma BandCamp. E anche questo disco si rivela un altro ponte, perché anticipa un altro singolo, non contenuto in Zenayah verscion e al momento disponibile solo in video su YouTube, intitolato Unbre de duman (De Natty & De Andread riddim) che spalanca le porte ad altri scenari artistici imminenti (almeno questa la direzione, che noi accogliamo davvero con grande entusiasmo). ©RIPRODUZIONE RISERVATA

I post più recenti nella categoria Arte