Il mondo antico e tardo-antico, diversamente da quanto molti oggi ritengono, aveva consistenti anticorpi alla credulità popolare e appare agli occhi dell’interessato, non necessariamente dello studioso, assai più attrezzato del contemporaneo contro le false dottrine e le infatuazioni para-metafisiche, le quali segnano profondamente le ideologie e le organizzazioni che le capitalizzano per scopi oscuri, dove non s’intravvede altro se non il risentimento di queste verso ogni forma di controllo razionale del mondo.
Recenti sviluppi politici, in Italia come in altri paesi fra i quali l’attuale “capitale imperiale”, la Quarta Roma cioè gli Stati Uniti, sembrano andare nella direzione di una reviviscenza di concezioni ideologiche troppo sbrigativamente ritenute superate: con la fine del ventesimo secolo, ad esempio, si sono considerate esaurite, o solo artificialmente tenute in vita da un culto tardivo, alcune forme di fascismo secondario o minore, come il franchismo spagnolo o la Guardia di Ferro rumena: il primo, esperimento clerico-fascista durato quanto la vita del dittatore Franco, l’altro contraddistinto da una cultualità tanato-escatologica basata sulla forza e sulla purezza razziale.
L’insorgenza dunque, sostenuta da vasto consenso popolare, di forme ereditarie di questi fascismi ben dentro il secolo ventunesimo, pone problemi nuovi, non solo e non tanto in ordine al contrasto o all’emergenza democratica e costituzionale che vi si potrebbe collegare, quanto per il portato simbolico di tali eredità, una volta che fossero giunte al potere e quindi in condizione di gestire i delicati equilibri dell’internazionalizzazione e della trasformazione della maggior parte degli Stati europei in Stati federati.
I desideri inconsci, i programmi occulti e il portato simbolico delle ‘nuove tardo-ideologie’. Teoria del dominio
In tal senso, la conoscenza anche analitica del programma politico e di azione di questa nuova Destra potrebbe non essere sufficiente: è indispensabile invece, a completamento del quadro, conoscere anche il loro programma occulto e le aspettative segretamente diffuse fra i loro attanti e militanti; questo senza perdersi a considerare tutte le altre forze politiche e sociali le quali, per convenienza o timore, si metteranno a disposizione o formeranno alleanze con loro.
Per prima cosa va notato come il complesso ideologico e simbolico delle destre è rivolto ad una teoria del dominio, tende cioè a ricercare le condizioni di una permanenza al potere senza termine dato, rientrando solo con riluttanza nel gioco della sostituibilità – tipica della visione liberale, che considera le forze di governo come un attore del gioco economico complessivo e le reputa permutabili nella logica dell’alternanza, sostanzialmente equivalenti nel lungo periodo. L’apparato ideologico e simbolico della destra è, piuttosto, una teologia politica fondata sul valore del legittimo sovrano, della perpetuità del potere e della trasmissione di esso secondo ius sanguinis.
Lo sguardo obliquo di Ioan Petru Couliano. Intellettuale assassinato che aveva compreso la dimensione religiosa del potere
Sulla base di questa premessa torna di scottante attualità uno degli intellettuali più obliqui del secolo scorso, Ioan Petru Couliano. Scomparso prematuramente nel 1991, Couliano (o secondo altre trascrizioni, Culianu o Coulianu) è stato uno dei più brillanti cultori di quel campo di studi che lui stesso, con nove anni di insegnamento a Groningen fra il 1976 e il 1985, definisce Religiongeschichte Schule (Storia delle Religioni e relativa Scuola) che nella generazione precedente aveva visto sorgere la luminosa opera di un altro rumeno, Mircea Eliade, e nei quali si distinguerà anche l’italiano Elémire Zolla. Essenziale ricordare che Couliano si era laureato nel novembre 1975 a Milano, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi su Hans Jonas intitolata Gnosticismo e pensiero contemporaneo, relatore il Prof. Ugo Bianchi.
Dopo un passaggio in Francia per il suo secondo dottorato, nel 1986 Ioan Petru Couliano si sposta negli Stati Uniti e all’Università di Chicago ottiene un incarico di visiting professor oltre alla residenza permanente seguendo, così, un destino di emigrazione abbastanza simile a quello del suo maestro ideale e mentore, Mircea Eliade. Il 21 maggio 1991, Couliano viene assassinato nei bagni della Swift Hall, nell’Università di Chicago, con un unico colpo di pistola alla nuca: poco tempo dopo, nel luglio, il suo incarico accademico sarebbe divenuto a tempo indeterminato. Il suo caso non è mai stato risolto. Dell’assassinio è stata ritenuta responsabile la Securitate, la polizia segreta del dittatore comunista Ceausescu, dopo la “rivoluzione” del 1989 ritenuta una scheggia impazzita ma che, invece, non è improbabile fosse stata largamente riconfermata nei ranghi e nell’organizzazione dal successivo governo “democratico” di Ion Iliescu, che Couliano aveva pure criticato ferocemente.
Appassionato studioso e conoscitore profondo della Religiongeschichte e, in misura non inferiore, della tarda antichità greca e romana, come si vede da questi brevi scorci biografici Couliano fu sempre molto attento alla dimensione politica specialmente del suo paese d’origine, la Romania. E fu proprio a seguito di sue considerazioni poco “gentili” nei confronti della storia rumena e della sua inquietante ambiguità, che Couliano ruppe proprio vero la metà degli anni Ottanta l’ultimo tabù, mettendo in luce il ruolo avuto da Eliade nel fascismo rumeno e il suo coinvolgimento nella Guardia di Ferro. Quest’ultima, a dire il vero, pur finanziata dal regime fascista italiano propendeva piuttosto per il nazionalsocialismo germanico.
Nonostante la prematura fine dell’autore, alcuni libri di Couliano hanno fatto storia e sono tuttora diffusi ed apprezzati: il più celebre è forse I viaggi dell’anima pubblicato da Mondadori nel 1991. Ma quello che riguarda il nostro discorso è il folgorante Esperienze dell’estasi dall’Ellenismo al Medioevo, uscito con Laterza nel 1986.
Il paragrafo che dà un senso compiuto all’insolito titolo di questo articolo è tratto dal capitolo quarto (L’ascensione dell’anima nei misteri della ‘Spätantike’), là dove Ioan Petru Couliano tratta della psicanodia e delle caratteristiche ricorrenti nella struttura di questo “viaggio” secondo le principali religioni misteriche tardo-antiche, ossia i Misteri di Dioniso e di Mitra. La tesi implicita è che l’uomo è un dio che ignora di esserlo, e da iniziato deve essere sollevato a questa consapevolezza:
Si tratta dell’intersezione e dell’omologia strutturale del destino umano e del destino di un dio: in questo caso la dottrina segreta è il mito; l’iniziazione è l’inserzione nel senso più largo possibile della vita umana nella vicissitudine mitica e, in quanto tale, è almeno un atto magico, ma spesso un atto ben più drastico; la rinascita è una deificazione (Vergottung) in senso molto specifico.
Il principio iniziatico. Le qualità divine dell’Uomo cosciente possono salvarlo, se incosciente lo condannano
L’iniziazione antica, quindi, consiste tutta in questa vicenda – oggi diremmo una narrazione – di reviviscenza del dio attraverso l’essere umano; dal punto di vista umano, è la rivelazione del dio dentro di sé il che porta a dire, secondo la logica più intuitiva, che l’uomo ri-nato – cioè nato due volte – è un dio incosciente, una creatura e al tempo stesso una epifania. Ciò in quanto l’essere divino dell’uomo non si dà come comprensione immediata e originaria, poiché questa è possibile solo nel superamento della temporalità dell’essere questo uomo cioè: nell’eternità. Nell’a-temporalità il singolo è risolto senza essere abolito; per dirla con parole diverse impara ad amarsi nell’amore per il dio.
Molto altro ci sarebbe da dire sulla particolare prospettiva storica e sull’enorme fascinazione di questo tempo – la tarda antichità – che Couliano sa rievocare con tanto magistero; ad esempio sul rapporto fra impurità e metensomatosi nell’interpretazione di Plutarco, che tanto rassomiglia a certe suggestioni del buddhismo e alla condanna di questo dell’interminata catena delle incarnazioni. Limitiamoci a citare l’insolita motivazione che Plutarco fornisce, a sostegno del suo giudizio sull’inferiorità degli iniziati dionisiaci: se l’anima permane umida a causa del piacere suscitato dai bagni nelle acque di Lete, la sua liberazione sarà incompleta…
Il nesso con certa politica di oggi. Il potere affonda nel sacro per creare il «Dio mortale». Conservatorismo come religione.
Ma torniamo alla prima parte di questo articolo per collegarlo con la seconda.
La pura e semplice emergenza politica non spiega, nemmeno in parte, l’inquietudine che coglie l’osservatore delle recenti vicende italiane, europee e atlantiche: una destra radicale al potere, difatti, non genera inquietudine soltanto in relazione a determinate prassi di governo; ma soprattutto per l’insospettato ritorno dell’apparato mitico e simbolico di cui le destre europee si nutrono fin dalle loro origini. È appena il caso di ricordare il lealismo monarchico degli ultras francesi degli anni Venti e Trenta dell’Ottocento, i quali sognavano non solo di riportare la monarchia in Francia – operazione sostanzialmente fallita, anche se vi fu un altro re con Luigi Filippo di Orléans – ma di abolire la Rivoluzione e i mutamenti sociali conseguiti ad essa, riportando indietro l’orologio della storia. Ho definito quello della destra radicale una teologia politica perché secondo questa il potere affonda le radici nel sacro, e in certa misura anche nel segreto: alcuni sono preposti a comandare, dirigere, dominare, e sono pochi; gli altri, i molti, sono destinati invece all’obbedienza. La comprensione della loro subalternità non è affatto necessaria: è necessaria invece la loro devozione.
Nell’ideologia della destra radicale, che è conseguenza e non causa della sua teologia, l’assolutezza del comando non ha nulla a che vedere col gioco dell’alternanza nelle costituzioni liberali, ma rimanda piuttosto al concetto di sovrano come “dio mortale” presente nel Leviathan del filosofo Thomas Hobbes (pubblicata fra il 1651 e il 1668), riconosciuto teorico dell’assolutismo monarchico.
A dirla tutta, non c’è neppure bisogno che i componenti di questo fronte siano, si dichiarino, o anche solo si percepiscano come monarchici nel senso hobbesiano del termine. Tutta la loro azione pratica e di governo dipende da questa concezione sacrale del potere e la conservazione di esso, o conservatorismo, dovrà susseguire necessariamente in quanto incardinato in questo apparato mitologico, riportato alla vita assieme ad un sistema simbolico che non possono rinnegare senza perciò rinnegare sé stessi: ne è riprova l’insistenza sulla visione di sé “identitaria” rivendicata fin dai primi giorni di governo.