Molti scrittori e molte scrittrici si sono cimentati nella creazione di contenuti narrativi che intraprendessero un’attenta analisi psicologica della costruzione – e successiva perdita – del sé; Shirley Jackson è riuscita a parlarne toccando corde dell’animo umano che, in gran parte, ci rappresentano tutti, creando un filo rosso che collega la psiche a quella parte inconscia del nostro animo che chiameremo paura.
La scrittrice, appartenente al movimento letterario americano del Novecento, si è sempre attorcigliata attorno alle sue muse, che al posto di entità portatrici di ispirazione e creazione, potrebbero farci pensare alle Chere della mitologia greca, gli spirti femminili della morte, che al loro passaggio portano morte, follia e distruzione.
I personaggi creati dalla mente della scrittrice, infatti, vengono sempre soggiogati da qualcosa di esterno, qualche presenza velata, un rumore flebile ma costante, un’ombra non identificata, un passante che racconta storie macabre e poi lascia il luogo come se nulla fosse accaduto e lentamente, invischiati in questo processo di distruzione, i caratteri dei personaggi vengono abbandonati dalla realtà stessa, per entrare in un mondo fatto di incertezze, follia, terrore.
Non capiremo mai quanto questo terrore sia reale o vivo solo nella loro mente ed è questo che rende i racconti di Shirley Jackson intramontabilmente paurosi.
Il 31 ottobre 2023 è uscita una raccolta di racconti dell’autrice per la casa editrice Adelphi, che contiene “La strega”, “L’ubriaco”, “Charles” e “Il dente”, tutti apparsi nel 1949.
Il filo rosso che lega questi racconti è la dissociazione dalla realtà che ogni personaggio affronta nelle varie storie.
La Strega
Ne “La strega” un bambino viene colto alla sprovvista nel momento in cui un uomo si avvicina a lui e alla sua famiglia in un vagone di un treno, che va in una direzione a noi sconosciuta. L’uomo comincia a narrare del male che ha inflitto in passato alla sorellina, il racconto si tinteggia di rosso e di terrore nel momento in cui ammette di averla uccisa e fatta poi mangiare da un orso. Il bambino ha di fronte a sé la madre e la sua sorellina e con il racconto dell’uomo sembra venire soggiogato da idee malsane e terribili.
Le atmosfere del racconto sono rese fiabesche dallo stile della Jackson, che introduce l’elemento dell’orso divoratore, facendoci pensare alle fiabe dei fratelli Grimm e ai loro risvolti malefici. Ci fa chiedere se il bambino sia entrato in contatto con un’altra parte di sé, se l’uomo sia la strega che poco prima aveva detto di aver visto fuori dal finestrino o se egli stesso sia un’emanazione del suo futuro sé.
Shirley Jackson ci lascia nell’oblio e nel terrore che qualunque di queste ipotesi possa essere reale.
Quell’uomo ha davvero tagliato a pezzi la sua sorellina?
“Era uno scherzo” disse la madre, e aggiunse con insistenza: “Uno scherzo”.
“Forse” disse il bambino. Poi, con il lecca-lecca in mano, tornò al suo posto e si rimise a guardare dal finestrino. “Forse era una strega”
L’ubriaco
Anche “L’ubriaco” vede la sovrapposizione e l’annullamento costante di due entità che creano una conversazione paurosamente apocalittica sul futuro. In inglese, il titolo originale del brano “The intoxicated” (“L’intossicato”) può aiutarci a dare una chiave di lettura più inerente alla storia: un uomo ubriaco incontra un’adolescente a una festa ed entrambi presentano un’alta soglia di cinismo nei confronti del mondo. La ragazzina è convinta che il mondo finirà presto e l’uomo quasi si augura che finisca per perire assieme ad esso ed ecco che, tornando al titolo, vediamo i due protagonisti intossicati da una visione che non accetta miglioramento, né progressione, ma solo un’inversione dell’umanità intera.
“Le cose saranno diverse, dopo” disse la ragazza.
“Tutto ciò che rende il mondo così com’è oggi non ci sarà più. Avremo nuove regole e nuovi stili di vita. Forse una legge vieterà di vivere nelle case, così nessuno potrà nascondersi”
La citazione in riferimento alle case è di estrema importanza: il romanzo più celebre dell’autrice è “L’incubo di Hill House”, in cui il vero protagonista è la casa stessa, è lei a dare personalità e profondità ai personaggi della storia. Le quattro mura che ci tengono al riparo dal mondo esterno hanno un grande significato per l’autrice ed è particolare il fatto che ne “L’ubriaco” sia proprio una diciassettenne a vedere le case come un nascondiglio, una grotta in cui nascondere i peggiori lati di sé. Un’identità in divenire che vede già spezzata la costruzione del proprio sé, perché in futuro non ci saranno luoghi in cui poter diventare chi crediamo di essere, ma solamente chi siamo condannati a diventare.
“Forse una legge obbligherà tutte le diciassettenni a rimanere a scuola a imparare il buonsenso” disse lui, alzandosi.
“Non ci saranno scuole” disse lei, in tono piatto. “Nessuno imparerà niente. Per non tornare al punto in cui siamo adesso”
Lo stile della scrittrice ci porta attraverso una visione post-uomo, o meglio, una sorta di pre-umanità, un ritorno alla bestialità, un allontanamento senza ritorno dalla cultura, in cui la società dovrà ricominciare daccapo e, come causa-effetto, ogni singolo individuo sarà un’altra persona, un altro sé.
Charles
Nel terzo racconto della raccolta, il protagonista è un bambino, Laurie, che si lamenta con la famiglia delle scaramucce e degli scherzi di Charles, un bambino della sua classe. Si scoprirà, solo alla fine del racconto, che questo Charles non è mai esistito.
In questa narrazione ci verrà in mente quanto la fantasia dei bambini possa essere articolata; eppure, in un secondo momento, potremmo pensare che i brividi che ci lascia addosso il racconto, siano dati proprio dall’incertezza che quella realtà sia, effettivamente, reale e tangibile. Laurie si sta immaginando tutto? La sua psiche è definitivamente divisa in due e lo fa comportare, e successivamente percepire, come due persone distanti e distorte? Anche qui, la Jackson ci lascia nell’incertezza. Quello che sembra essere un disturbo psichico, potrebbe essere un’emanazione orrorifica di un fantasma.
“In genere Laurie si adatta molto in fretta” dissi. “Suppongo che stavolta sia stato influenzato da Charles.”
“Charles?”
“Sì,” dissi ridendo. “avrete un bel da fare a scuola, con Charles”.
“Charles?” disse la maestra. “A scuola non abbiamo nessun Charles”.
Il Dente
L’ultimo racconto narra le vicende di una donna, Clara, che si sposta dal suo paesino per andare a New York, per farsi visitare a causa di un forte dolore a un dente.
In questo racconto, vediamo che la dissociazione del proprio sé inizia in concomitanza con il viaggio in autobus, che porta la donna ad abbandonare una piccola realtà per abbracciarne una ben più grande, ovvero quella della metropoli.
Sotto antidolorifici e spaventata dalla possibile (e poi effettiva) estrazione del dente, la donna affronta ciò che chiameremmo “il viaggio dell’eroe”, che però non finisce con l’esaltazione della figura stessa del personaggio, ma anzi, ci ritroveremo davanti a un’entità al confine tra follia e orrore e ritroveremo una donna che non si riconosce nemmeno più allo specchio.
Durante il viaggio, la donna farà la conoscenza di Jim, una presenza che non è ben definita e che rimane rilegata in un mondo che non ci è permesso di conoscere. L’uomo, infatti, sembrerebbe una presenza sovrannaturale, che simboleggi Dio, il Diavolo o una parte scheggiata della psiche della donna, non ci è dato saperlo.
Anche in questo caso, la componente fiabesca è molto forte, Jim ha effetto su di lei tramite le sue parole, che appaiono come una lenta cantilena che non può essere scacciata, un racconto prima della notte oscura. Proprio come Dante nel suo viaggio ultraterreno, Clara si distacca dalla realtà, svenendo e svegliandosi ripetutamente, cullata dalle frasi di Jim, che appaiono decontestualizzate, lontane, appartenenti a un mondo antico e sinistro.
Una volta arrivata, il medico le dice che avrebbe dovuto farsi togliere il dente tanto tempo fa.
[…]“Forse tutti i malanni umani erano contenuti nei denti, e lui avrebbe potuto guarirli, se solo la gente si fosse fatta curare per tempo”
Durante l’estrazione, anestetizzata, la donna raggiunge il mondo misterioso che fa da sfondo alla storia e in cui incontra nuovamente Jim.
“All’inizio si allontana tutto, pensò, ricordatelo. E ricorda il suono e il sapore metallico di ogni cosa. E l’oltraggio.
E poi la musica vorticosa, la musica che risuonava confusa e assordante tutt’intorno e non finiva mai, e lei correva a rotta di collo in un lungo e orribile corridoio vuoto con porte su entrambi i lati e in fondo al corridoio c’era Jim, che tendeva le mani e rideva e gridava qualcosa che lei non riusciva a sentire per via della musica assordante, e lei continuava a correre e diceva: «Non ho paura», e qualcuno l’afferrava per un braccio e la tirava dentro una porta, e il mondo si ingrandiva spaventosa-mente, all’infinito, e poi si fermava, con la testa del dentista che la guardava dall’alto e la finestra che tornava al suo posto lì di fronte e l’infermiera che le stringeva un braccio […]
“Dio mi ha dato da bere del sangue”
A seguito dell’estrazione del dente c’è il culmine della follia, la donna non si riconosce allo specchio, la sua identità è scheggiata dal dente che manca, come se tutto il suo dolore contenesse la sua intera personalità. A supportare la tesi, si verifica un passaggio in cui, disperata, guarda cosa ha nella borsa e tutti i suoi documenti sono spariti; tutto ciò che possa attestare la sua effettiva presenza nella realtà, non esiste più.
Infine, spostata definitivamente dalla sua persona, creatura ormai di quel mondo che aveva appena saggiato durante l’intervento, l’epilogo arriva per la donna, attraverso un finale più chiuso rispetto agli altri due racconti. Shirley Jackson ci dice direttamente che la donna sceglie di camminare a piedi nudi assieme a Jim, su quella sabbia calda di cui le raccontava durante il sonnolento viaggio sull’autobus.
Il mondo di Shirley Jackson è un mondo onirico e allo stesso tempo molto reale; in questa raccolta, come negli altri suoi scritti, ci offre una visione ampia sulla psiche umana e su quanto quello che crediamo realtà possa non essere reale e viceversa, facendoci immergere in racconti di stregoneria e spiriti che si scontrano con la surrealtà della vita. ©RIPRODUZIONE RISERVATA