Negli ultimi giorni, la baruffa quotidiana in cui gli italiani amano accapigliarsi (e nella quale spesso si lascia coinvolgere anche chi vi scrive) si è focalizzata sull’elezione delle presidenze dei due rami del parlamento. Lasciamo, per un attimo, la gazzarra degli applausi e dei fischi, dei pro e dei contro (che come in quella scena de I tartassati di Totò e Aldo Fabrizi, spesso confusi, si confondono tra loro). Quello che invece ci ha incuriosito, scartabellando siti e giornali, è stato trovare per entrambi il riferimento politico e culturale alla famiglia e alla tradizione. Un vero vessillo ideologico, attorno al quale pare si ergano fieri. La difesa della famiglia tradizionale. Una roba che io non ho mai capito. Ma che vuol dire? Difendere la famiglia è concetto già di per sé piuttosto contorto. In più bisognerebbe capire cosa sia quella tradizionale. E ancora in che senso difenderla? E soprattutto, da cosa o da chi? Andiamo per gradi.
Difesa della famiglia tradizionale, ma quale esattamente?
In effetti la famiglia è perfetta, per delitti passionali, tradimenti da commedia e aspirazioni borghesi
Però anche quella famiglia là aveva altro che zone d’ombra. Veri e propri abissi. Sui quali, borghesemente si ironizzava. E così tra vizietti, mogli in vacanza e mariti in città, barzellette, segretarie e idraulici e chi più ne ha più ne metta, si tirava a campare, tralasciando allegramente che dagli anni cinquanta ad oggi, il numero dei crimini più efferati, delle ingiustizie e delle violenze è avvenuto tra le mura domestiche (ed è un numero, quasi sempre per ipocrisia e omertà, decisamente arrotondato per difetto). Intendiamoci, la società contemporanea è certamente diversa da quella della famiglia del Mulino Bianco. È una società 2.0. Ma aldilà del fatto che i padri di oggi sembrano degli studenti universitari un po’ invecchiati e le mamme passino gran parte del loro tempo sui social a fare concorrenza (estetica e ancor peggio cerebrale) ai figli, non è cambiato poi molto. Insomma, siamo ancora quelli delle commedie all’italiana, alla Lino Banfi. E sposarsi e mettere su famiglia resta l’unico obiettivo sociale, garantito e favorito anche dalla costituzione e da un numero consistente di leggi in ogni ambito. Il guaio, semmai, è che altre “categorie” stanno insidiando il meccanismo, rischiando, per gli idealisti della famiglia, di far implodere il sistema dall’interno. Le coppie dello stesso sesso premono affinché gli venga riconosciuto uno status che possa in qualche modo normalizzarli socialmente. Ed è un peccato, perché è uno status borghese quello che cercano. Meglio sarebbe stato semmai, se avessero provato a scrollare la torre d’avorio, in nome di una vera ristrutturazione sociale. Così più che una rivoluzione, è un cambiare tutto alla Tancredi. Il punto però sta solo in questo, non se ne trovano altri.
Il culto della famiglia tradizionale è un comodo cuscino su cui distendere il muscolo atrofizzato della coscienza collettiva e al tempo stesso, un modo più o meno camuffato per sfogare la propria intolleranza verso la diversità.
Una fandonia terribile, insomma. E il fatto che i neo due eletti presidenti delle Camere se ne facciano da sempre fieri promotori rende bene l’idea del criterio di misura su cui dovremo confrontarci.