Silvio Berlusconi è morto
Un topo guarda uno spettacolo da circo in TV, secondo l'intelligenza artificiale DALL.E

Silvio Berlusconi è morto. Resta l’Italia del «c’est plus facile»

345 Visite

Ho atteso qualche giorno, fino al terzo per precauzione – col tipo in questione non si sa mai – e altri ancora, complice benevola la linea editoriale di questo sito, per ammortizzare il trambusto di quella comunicazione sulla quale il de cuius ha influito come nessun altro, edificandola, strutturandola a sua immagine e somiglianza nel corso degli ultimi quarant’anni. Ma ora è giusto provare a dire qualcosa, su quel tanto che è successo. La notizia è giunta a tutti. Dunque: Silvio Berlusconi è morto, lunedì scorso, a 86 anni.

Silvio Berlusconi è morto. Finisce un’epoca? Quale?

Con lui, forse (è argomento di queste riflessioni), se ne va un periodo storico del quale, senza ombra di dubbio è stato, addirittura più o meno consapevolmente, protagonista assoluto. Di più, ne è stato il fondatore, il deus ex-machina che diventa in-machina da un certo punto della storia in poi. Chi scrive queste righe, sia chiaro sin da subito, non si lascia condizionare da quel senso di finta pietà, quella necessità banalizzante e qualunquista del tanto decantato “rispetto”. Chi vi scrive, anti-berlusconiano della prima ora (o almeno da quando abbia memoria di una sua precisa identità politica), non ha certo cambiato idea, anzi, travolto da questo carnevale bonario che ha danzato sul feretro, sul quale tutti, anche i più acerrimi rivali hanno dovuto fingere, è arrivato persino a credere che qualsiasi forma di rispetto diventi un tentativo postumo di sminuire la drammaticità del ruolo nefasto che Berlusconi abbia avuto per la storia del nostro paese. L’ultima sua grande illusione, da quel prestigiatore di coscienze che sapeva essere, come nessun altro. Ma credo che per poterci spingere più in profondità, sia il caso di partire dal principio, ab urbe condita, la città della farsa. Segnalerei, come atto fondativo, i cosiddetti “meravigliosi anni 80”. L’Italia usciva da un decennio fatto di barricate, di posizioni forti, di schieramenti marcati. Era l’Italia del piombo, della politica estremista e estremizzata dove ciascuno sentiva, forse persino troppo, la necessità di essere qualcosa e conseguentemente avere qualcos’altro contro cui combattere. L’omicidio di Aldo Moro però aveva segnato una svolta. Da quel Maggio del 1978, gli italiani sono sembrati risvegliarsi. Come in quei film dove i protagonisti accecati dal loro ruolo si ritrovano di fronte al dramma e sembrano bambini che materializzato il dolore si guardano tra loro domandandosi cosa hanno fatto. Ed è allora, probabilmente, che tutto è cambiato.

Il decennio successivo, gli anni ’80 appunto, si proponevano come totale stravolgimento di quello precedente, il muro di Berlino mostrava già più di qualche crepa e a Milano, un imprenditore dal passato poco limpido (ma all’epoca e per ancora molto tempo non se ne è saputo nulla) aveva intrapreso la sua battaglia politica. No, non è un errore, non ho fatto confusione con fatti e date. Sono fermamente convinto che più o meno consapevolmente, Berlusconi abbia gettato le basi per il suo futuro politico, che lo ha portato a essere quattro volte presidente del consiglio, un decennio prima della sua famigerata “discesa in campo”. Altra spiegazione non ci può essere se non questa, se ricordate che in fondo, Forza Italia è nata fondamentalmente in sei mesi e ha stravinto le elezioni contro partiti che, seppure travolti da cambiamenti interni ed esterni, esistevano da almeno quarant’anni. Ma come è potuto succedere tutto questo? A me un’idea è venuta.

E nel modo forse meno razionale possibile, per caso, girovagando sui social, dove mi è capitato di guardare una (poi due, e altre ancora) puntata de “I ragazzi della 3ª C”. Quelli della mia generazione non hanno bisogno di spiegare che cosa fosse, quello che oggi chiameremmo serie tv, gli altri, più fortunati, potranno risalirci con facilità. La sigla (credo fosse quella della seconda stagione) è una sorta di manifesto culturale, con alcuni versi che all’epoca potevano sembrare delle innocenti boutade («studiare Omero con un videoclip», «studiare Ariosto con un videogame») ma che fatte ascoltare a un ragazzo del 2023 appaiono normalissime, altri che volevano i cantanti come insegnanti e un ritornello che emulando uno spot di un famoso aperitivo, ispirava e impacchettava il senso del tutto: «c’est plus facile». Ecco, questo era il contenuto morale ed etico che Berlusconi, attraverso il megafono travolgente delle sue televisioni proponeva agli italiani. Tutto può essere più facile, più disimpegnato, più divertente, tra una bevanda gassata e una felpa con la marca in bella vista. E su quelle fondamenta si è edificata una nuova società. Potrà sembrare limitativo, riassumere tutto a questo? Forse, eppure io non saprei trovare parole diverse, tanto per fare un esempio, per spiegare la “Riforma Gelmini” che ha definitivamente distrutto la scuola e l’università italiana: «c’est plus facile» questo era il motto, questa era l’idea. Tutto il resto va da sé, tutto ciò di cui si è discusso in questi anni, i falsi in bilancio, le barzellette, i rapporti con la mafia, la prostituzione minorile, le leggi ad personam, i fatti del g8 di Genova, finiscono per diventare quasi un dettaglio, ed è così che in fondo passano ancora oggi per molti italiani. Perché Berlusconi questo lo aveva capito bene.

Il più italiano degli italiani sapeva che in fondo ciò che questo paese chiede è di essere addormentato, assecondato nella sua allegra pigrizia

Tutto il resto passava in secondo piano, garantito il pane e il circo. Ecco perché mi fanno sorridere quanti, ancora in questi giorni rivendicano la propria autonomia al servizio del Cavaliere. Quelli che ancora dicono: ho lavorato per lui ma non mi ha mai imposto nulla, non sapendo che l’italiano per sua natura non ha bisogno di avere imposizioni, gli basta essere comprato, per attaccare l’asino dove il padrone vuole.

Cosa che è accaduta praticamente con tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui, perché la libertà è solo una parola, se non se ne conosce il significato. A pensarci bene, da questo punto di vista Berlusconi mi fa quasi tenerezza. Mi fa tenerezza pensare che tutte le manifestazioni di affetto e di stima, che tutte le lacrime versate, tolte quelle dei suoi Cari, siano non sincere, siano le lacrime del servo che ricorda con affetto tutti i benefici ricevuti dal padrone, siano, in fin della fiera, lacrime comprate. Mi fa tenerezza e quasi sorridere pensare, e glielo direi, che in fondo gli unici che abbiano avuto nei suoi confronti un rapporto sincero siano quelli che lo hanno odiato, come il sottoscritto. Anche l’odio caro Silvio, può essere un sentimento nobile, talvolta persino più dell’amore, perché sa essere più libero o per dirla in termini che forse avresti capito meglio, sa essere disinteressato, gratuito.  Quello che invece non mi fa sorridere affatto, anzi mi terrorizza è ciò che Berlusconi ha lasciato in eredità a questo paese. Ripenso a Pasolini, alla sua “ferocia della banalissima televisione” e credo che anche la sua lungimiranza profetica non si sarebbe spinta così oltre, seppure aveva inquadrato il problema. Il lascito di quei decenni è oramai frutto ben maturo. La generazione dei ragazzi della III C è fatta di allegri cinquantenni che passano gran parte del loro tempo libero su tik tok, che dicono che vanno a fare Zumba (o a giocare a padel) perché hanno bisogno di non pensare, senza sapere che non corrono minimamente il rischio di farlo, che hanno addirittura creduto che chiunque possa fare politica, che ciascuno vale uno, che ciò che conta è la singola libertà dell’individuo, con poco o punto interesse verso la collettività, anche dal punto di vista sessuale.

Anche il sesso, del resto, è stato un punto di svolta fondamentale della traccia storica che Berlusconi ha segnato. E oggi mi pare persino una grande occasione mancata

Non sarebbe stato male in fondo, pensare a un uomo politico che attraverso il suo comportamento, dopo decenni di rigorosa adesione (più o meno rigorosa a dire il vero) al democristiano ruolo della famiglia a cui hanno partecipato persino a sinistra, liberasse l’Italia dalla morale. Invece no, anche quello si è risolto in una barzelletta, perché al più italiano degli italiani non interessava la liberazione. Sembrerebbe gli interessassero le pacche sul culo, le olgettine, le nipoti di Mubarak, come in un film di Alvaro Vitali. E la pubblicità della propria vita privata, gusti sessuali annessi, erano solo uno sfogo impunito della propria volontà personale? Non è sbagliato, in fondo, pensare che qualunque altra persona che non fosse il miliardario Berlusconi, sarebbe finito sulla croce del comune senso del pudore. Ve lo immaginate un carpentiere che viene scoperto a fare orge con minorenni vestite da infermierine? Dio ce ne scampi. Invece no, perché i la generazione dei ragazzi della III C sa benissimo che ciò che conta sono prima di tutto i soldi. Soldi e vacuità, queste le parole magiche per spiegare tutto Berlusconi. E spiegare il deserto che lascia alle sue spalle che lo ha reso, più di qualunque altra cosa, il più grande nichilista del 900 italiano. Cosa accadrà dunque? Non è facile capirlo adesso. Da anti-berlusconiano avrei invocato una soluzione “classica”, una damnatio memoriae che si proponesse di cancellare ogni traccia. Ma l’Italia si sa, è un paese che fa sempre molta fatica a fare i conti con la propria storia. Non è facile per niente, capirlo adesso. Eppure, una speranza è che proprio nella radice del male si possa inoculare un vaccino, una cura.

Qualche giorno fa, una ragazza che frequenta le mie lezioni mi dice che lei addirittura pensava che Berlusconi fosse comunista, visto che era l’unico che ne parlava sempre

Le ho risposto che aveva ragione, in fondo, ha fatto molti più comunisti lui negli ultimi trent’anni che la sinistra (e che cosa sarebbe stato in fondo, il comunismo sepolto sotto il muro di Berlino se non ci fosse stato lui a mantenerne vivo il ricordo?). Mi ha chiesto scusa, lei di questa roba non ne sapeva proprio nulla. Ecco, forse andrà a finire come in quei romanzi in cui il mostro uccide il suo creatore. Forse l’unica speranza è proprio nell’oblio che i figli dei ragazzi della III C, in quel disinteresse divenuto oramai unico strumento possibile, senza alternativa. Forse, caro Berlusconi, anche tu pagherai lo scotto di ciò che hai voluto creare e di te, per fortuna, molto presto non se ne saprà più nulla. Anche se questo, certamente, per noi che restiamo, non è certo consolante. È solo l’ennesima, ultima barzelletta, che non fa ridere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

I post più recenti nella categoria L'Altra medaglia