Cosa c’entra l’Assunzione di Maria di Nazareth con i Superiori Incogniti nella letteratura esoterica? Tutto, se parliamo di vita, di morte e di immortalità
Il primo aspetto che mi viene di associare è quello che riguarda gli individui storicamente e pubblicamente riconosciuti come mai morti: nelle Scritture sono il patriarca e profeta Enoch, il profeta Elia e Maria di Nazareth, anche se a proposito di questa presunta non-morte la dottrina cattolica mantiene lo stesso riserbo che riecheggia il suo contegno nei confronti dei “miracoli”; nel caso della Vergine si preferisce allora parlare di ἀποϑέωσις o di Assunzione in cielo.
Interessante ricordare che l’Assunzione di Maria senza morte è stata nel corso della storia tutt’altro che pacifica prima che Pio XII, nell’anno giubilare del 1950, proclamasse Dogma l’Assunzione di Maria con l’esplicita obbligazione per tutti i fedeli a credervi, pena «il venir meno alla fede divina e cattolica». Non è senza importanza che, fra l’altro, questo è stato l’ultimo dogma proclamato da un pontefice romano.
La soluzione dei cristiani armeni: Dormizione in luogo della Assunzione
Tanti dubbi quindi, sia nel cattolicesimo che nelle altre comunità cristiane. I cristiani armeni, profondissimi sempre nella loro esegesi evangelica, dubitarono molto di questa Assunzione «in anima e corpo» secondo la formula di Pio XII, in quanto restando alla tradizione (non tutta evangelica), fra l’ascesa dell’anima di Maria e il celeste rapimento del suo corpo, vi sarebbe stato un intervallo di alcune ore di, dirò così, morte temporanea. Per risolvere questa ampia controversia gli armeni festeggiano allora non l’Assunzione, ma la Dormizione di Maria.
Al ben traumatico salto fra vita e morte essi preferiscono uno stato intermedio, clinicamente oggi descrivibile in termini di coma profondo, attraverso cui non è possibile risalire con sicurezza a segni vitali, ma che comunque non comporta l’inverosimiglianza di una smaterializzazione del corpo fisico della Vergine.
Il 15 agosto, una data quasi blasfema
Non mi sembra privo d’importanza il fatto che la festività dell’Assunzione di Maria sia posta in calendario il 15 agosto quando – al di là della precisione astronomica, ed avendo in vista invece uno sfondo di simbolismo agrario – si ritiene il sole giunto allo zenit del suo fulgore estivo, onnipotente e raggiante nella torbida calura tanto da impedire, puramente e semplicemente, il lavoro meridiano.
Ma la metà dell’estate appare anche la celebrazione cosmica del mezzogiorno; questo è la tenebra meridiana o l’ora di Pan, il dio pagano della bizzarria, della danza e del piacere selvaggio. Curioso e vagamente blasfemo questo accostare la divina Madre di Gesù col più impudico degli dèi pagani. Ma bisogna pur dire che è strettamente voluta, questa prossimità, proprio dal plurisecolare processo di “incapsulamento”, di copertura per meglio dire, da parte della Chiesa dominante in occidente dei valori, miti e simboli della tradizione politeistica.
Il mito dell’apoteosi o dell’indiazione di alcuni corpi senza passare attraverso la morte è solidamente impiantato nella storia sacra d’occidente, e persistente, se si continua a parlarne lungo un arco di ventisei secoli. Il suo valore simbolico indica varie direzioni. Intanto la figura del corpo immortalizzato ha un suo corrispettivo infero nel mito dei non-morti, in quanto vittime di una maledizione: l’Ebreo errante, i vampiri, gli zombies del Vodoo haitiano. La presenza di questo opposto inferiore garantisce indirettamente per la qualità del mito, in quanto sempre qualcosa di autenticamente superiore viene replicato da una copia, o doppio, infernale; si tratta di un inscenamento, un rito o un oggetto, che riproduce il processo di ordine superiore in modo deformante e ne rappresenta una sorta di parodia.
Altri non-morti: Federico II di Svevia e il Conte di Saint Germain
In secoli più vicini a noi la capacità di prolungare a piacimento la propria vita mortale, sospendendo l’invecchiamento e il logoramento della carne, è stato attribuito piuttosto ad alcune figure di alchimisti e monarchi; curiosamente riprendendo anche elementi della variante armena della dormizione. L’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia Hohenstaufen, che fu anche Re di Sicilia, giacerebbe dentro la sua tomba nella Cattedrale di Palermo in stato di dormizione, pronto a risvegliarsi per riportare in Sicilia l’antico splendore della corte normanno-sveva.
Il Conte di Saint Germain, nato presumibilmente nel 1712, sarebbe stato visto partecipare a convegni di occultisti alcuni decenni dopo la sua morte. È proprio il Guénon a certificare la teoria della morte inscenata, con il pretesto di un attacco di polmonite, da Saint Germain, per avere agio di sparire troncando tutte le relazioni ed i “legami” con un’epoca della sua vita. La leggenda vuole che il Saint Germain si possa incontrare ancor oggi il giorno di Natale, a Roma, sulle terrazze del Pincio.
Nulla è più malcerto e inconcepibile di un’immortalità fisica. E difatti essa è vista, per il suo versante infero e triviale, come l’impossibilità del corpo a corrompersi.
L’insegnamento martinista secondo cui ogni persona è una cellula dell’Umanità, che è un unico corpo, un unico organismo vivente con una coscienza propria, che resterebbe la stessa anche se perdesse i suoi arti
L’immortalità è invece, in teoria, meno difficile da concepire di quanto si creda comunemente: è la complessità, direi la difficile armonia di tanti organi distinti e complessi, di tante funzioni fra loro strettamente coordinate a rendere il nostro corpo necessariamente corruttibile. Ma un mutamento di struttura, una trasformazione molecolare che lasci l’involucro esattamente identico, potrebbe trasformare questa molteplicità eterogenea in unità; il discontinuo cellulare può diventare un’unica cellula vivente con una serie di organi apparentemente diversi ma agenti all’unisono.
In tal senso si dispone l’analisi fatta da Guénon nel capitolo 7 del suo Regno della quantità e il segno dei tempi, intitolato “L’uniformità contro l’unità”, dove riscontro osservazioni molto interessanti sul tema dell’Unità e della sua funzione sacra e simbolica.
L’Unità primigenia secondo René Guenon e il moto discendente dell’Unità verso il Triplice. La conversione, ovvero l’uso del Trilume martinista
Secondo Guénon l’Unità primigenia si può rappresentare come il vertice superiore di un triangolo, la cui base è la molteplicità alla sua massima estensione, ossia la “quantità pura”. Le parallele che possiamo tracciare, a piacere, a questa base, rappresentano i vari livelli di allontanamento dall’Unità (ma anche di avvicinamento, se ci fosse possibile invertire la prospettiva discendente in ascendente: è questo il senso profondo del termine “conversione” nell’esperienza cristiana).
Bisogna notare come, man mano che procede la discesa nella quantità, l’Unità primaria e pura diventi sempre più inafferrabile. Tuttavia la quantità pura non viene mai raggiunta, perché al di sotto di qualsiasi oggetto materiale. La distanza fra il vertice e la base viene così ad essere incommensurabile; essi non si toccano fin dal punto di origine del tempo, e la manifestazione – che fugge dall’una e corre verso l’altra – è destinata a non raggiungerle mai: l’Unità perché sfuggendole la rifiuta; la molteplicità perché, essendo la quantità la condizione di sussistenza degli enti materiali, è figura immaginaria priva di materia, come lo spettro dell’acqua di un miraggio nel deserto.
I Superiori Incogniti nella letteratura esoterica, ovvero visitare la Quantità pura e la pura l’Unità fino a creare un unico corpo incorruttibile, di Luce
Si può pensare che il mago, l’alchimista, quando acquisisce un completo dominio sugli elementi e sulle sostanze riesca a estendere il suo potere a sé stesso e a trasformarsi; visitando la qualità pura e la quantità pura – nigredo e albedo in linguaggio alchemico – possa trasformare sé stesso in un unico corpo privo di parti, animato da una volontà unica del tutto una con quella divina. In tal senso non essendo più scomponibile, oltrepassando la corruttibilità dei corpi che è essenzialmente solubilità, non siamo più, a rigore, in presenza di un corpo fisico od organismo; dunque anche la morte non potrebbe più raggiungere questa entità trasfigurata.
Non intendo spingermi troppo oltre su questo tema particolare, perché mi riprometto di spiegare meglio in altra sede questa metamorfosi dal molteplice all’Uno in senso metafisico, così come si disvela agli occhi del vero ricercatore spirituale il senso del “corpo di Luce” sotto le cui specie appare agli apostoli il Cristo, durante la cena di Emmaus.
La risonanza che vibra in sottofondo al concetto di “Corpo di Luce” riguarda la questione se possiamo attribuire anche questa proprietà ai “Superiori Incogniti”, e al grado che vi si riferisce in taluni gruppi massonici. Questo, secondo una logica rigorosa. Se vogliamo che questo articolo, pur seguendo il suo naturale sviluppo, non si allontani troppo dal suo punto d’origine, dobbiamo pur riconoscere che questa origine è oscura; non esprime alcun senso proprio ed immediato ed anzi, non è proprio visibile. Il conte di Cagliostro era solito rappresentare questo grado 98 della Massoneria da lui fondata con il glifo “SI”. La S rappresentata come un serpente con una mela in bocca, e la mela trafitta da una freccia, tale da formare una I. (1)
“SI” sta quindi per Superiore Incognito. Ma la sigla potrebbe anche significare Santa Inquisizione, quella che lo processerà dal 1790 tormentandolo per undici mesi, e portandolo alla morte in poco più di cinque anni. Cagliostro dunque fondava per così dire la energia “tradizionale” del suo Rito Antico e Primitivo sull’esistenza e la comunicazione con questi ierofanti.
I Superiori Incogniti nella letteratura esoterica: Blavatsky, la «Rivista di Studi Tradizionali» e la «France Antimaçonnique»
Dei Superiori Incogniti nella letteratura esoterica non è stato tracciato che molto sporadicamente un ritratto attendibile. Molto presenti nell’opera della Blavatsky, i Superiori Incogniti – è un episodio poco noto al pubblico, ma ricordato in vari numeri della «Rivista di Studi Tradizionali» fra il 1999 e il 2001 – appaiono in una polemica sulle pagine della rivista «France Antimaçonnique» fra l’autunno 1913 e la prima metà del 1914, che ebbe come protagonisti ancora Guénon, Charles Nicollaud e Gustave Bord.(2)
Contestando le affermazioni degli altri scrittori, il noto studioso tradizionalista afferma l’origine sovrumana dei SI, e si spinge fino ad asserirne la esistenza fisica attuale, compatibile a suo dire con una vita integrale quale potrebbe essere quella che si svolge in luoghi come Agartha, nei quali la pienezza delle iridescenze della Tradizione realizzata esclude la possibilità di una vita priva della sua componente materiale. In contrasto con il Nicollaud, che sosteneva l’esistenza dei SI solo in astrale, come angeli decaduti o uomini trasfigurati, sorta di collaborazionisti del demonio che riceverebbero, in contraccambio, la possibilità di attraversare e visitare alcuni stati sottili dell’essere, Guénon respingeva l’idea ultracattolica della svalutazione, e per meglio dire del rifiuto del corpo.
Maniacale e perfezionista anche nel processo logico più paradossale, egli riteneva che l’ insegnamento della Pìstis (Pietà), inscindibile dalla Sapienza nel complesso simbolo dell’Astro Fiammeggiante chiamato Gnosi (G), rendesse inaccettabile l’idea che un Essere di Perfezionamento, in grado quindi di raggiungere con il proprio experimentum interiore alcuni stati superiori dell’ Essere, potesse mancare di ciò che alla più triviale delle bestie è concesso, ovvero l’esistenza in un corpo carnale.
Principio universale dei Superiori Incogniti: il raggiungimento di piani superiori e sottili non può prescindere dalla nostra fisicità.
Per esseri completamente smaterializzati, come li pretendeva Nicollaud sulla base di una erronea comprensione del potere dei Superiori Incogniti, confidato a mezza bocca in una qualche setta occultista, il mostrarsi disincarnati non era certo un merito, ma piuttosto un limite. Né la scorciatoia di considerarli superumani come gli angeli ribelli poteva esser fatta valere; se di uomini si trattava – come lo stesso Nicollaud riconosceva – i SI dovevano aver portato con sé le proprie spoglie mortali.
Come si può vedere l’indiazione, il prendere dimora in altri e superiori livelli di perfezione, non può in nessun modo, se teniamo conto del cammino compiuto dal pensiero esoterico negli ultimi due o tre secoli, prescindere dalla nostra natura fisica.
È come dire che essa ha una sua peculiare santità; anche questa corporeità è pietra da levigare al pari della psiche, della mente, dello Spirito e di ogni altra definizione del Soffio Animato che è Vita.
Il corpo non è affatto “tomba” come pretendeva Platone, o straccio fetido dal quale liberarsi al più presto, come è ritenuto nella più rigida mentalità ascetica dei primi secoli del cristianesimo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
1 Maria Pia Perrotta, Cagliostro, in: Leonardo.it
2 Don Curzio Nitoglia, Renè Guènon, in: Catalogo librario di Don Curzio Nitoglia