Carlo di Francescantonio ricorda l’Amico, il Poeta Mirko Servetti.
L’estate 2023 ha fatto in modo che per me, luglio, diventasse contro ogni logica climatica il mese più freddo dell’anno. Questo perché il giorno 2 di quel mese si è congedato dalla vita terrena Mirko Servetti, Poeta che mi porta inevitabilmente a ritornare sul tema dell’Amicizia alla quale si riserva la “a” maiuscola. E oggi, a poco più di un anno di distanza dall’accaduto, avverto ancora di più la mancanza dell’Amico. Non solo perché l’ambiente della poesia italiana è più povera di una voce appartata unica, ambiente al quale il nostro avrebbe potuto donare altre opere, ma soprattutto per il grande vuoto che avverto nella mancanza di quel rapporto umano che si era creato tra noi. I due libri fatti insieme, ne sono solo una cornice. Solo un qualcosa da “mostrare” in pubblico. Ovvero la superficie di lunghe chiacchierate, attraverso le quali si parlava realmente e con profondo interesse di tutto perché in Mirko non esisteva quello snobismo antipatico che è cifra di alcuni autori ma solo la delicata sensibilità di considerare sia l’alto che il basso come due parti naturali di questo mondo terreno. E allora i discorsi, senza imbarazzo alcuno, davano spazio e considerazione a tutto: attraversando gli scritti di Eliot e i testi dei Rolling Stones, quel particolare disco dei Beatles e sino ad arrivare al commento dell’ultimo film o libro commerciale. Erano discorsi sotto certi aspetti pop, i nostri, con improvvise impennate degne della migliore musica classica. Per questo Mirko è stato per chi scrive un punto di riferimento importante e per molti aspetti un vero esempio di essere umano. Viene molto facile, si potrebbe pensare, parlare bene di chi non è più tra noi e questo accade spesso. Ma, al di là di ogni costruita ipocrisia, sento la coscienza a posto nel portare nuovamente il mio pensiero su Mirko Servetti ai lettori de L’Altro. E sono altrettanto consapevole che queste parole sono una piccola cosa, il mio contributo fatto minuscolo fiammifero affinché la fiammella del ricordo non si spenga troppo facilmente. Fiammella che ha dalla sua la Poesia che Mirko Servetti lascia a chiunque ami il genere e abbia la curiosità di frugare, tra le pagine del web, nelle biblioteche e nei cataloghi di quei piccoli editori ancora superstiti che lo hanno pubblicato. E allora in questo pensiero che ha qualcosa di eterno mi consolo, al punto di sentirmi quasi felice, perché l’addio di Mirko è solo parziale dal momento che quanto ha scritto, almeno in parte, può restare tra noi e a noi. Quindi, mi dico, quello di Mirko non è affatto un addio ma la scelta di appartarsi ancora di più e lasciar voce solo alla Poesia.
Di seguito tre poesie da Terra bruciata di mezzo – fra Vespero e Lucifero, poemetto pubblicato nel 2013 da Matisklo Edizioni.
Anfratti di cucina
dove i tuoi parlari
furono scaldico diletto,
fabulæ inventate alle finestre
bratte di piovaschi
cumulati per anni
solo per indugiare al gioco
come metafisica dozzinale.
Ma fu misura dell’esser soli,
un confronto col quartiere
che gradualmente
si riscuote dal sopore.
*
Si frantuma l’aria
con gli avanzi di tavola
e i trascesi crepuscoli,
cattedrale da stupire
perché rovina monotona
e quieta …
…allora la toccavi
la vivevi all’aperto,
distante da queste pareti
e dalla meridiana
riflessa sul pavimento.
Tra i formulari arcani
navigavi sguardi privi di rotta
non immaginando quali effigi
avrebbero fatto ala al tuo ingresso.
*
Sei tu noi siamo,
in quelle istantanee
senza paesaggi che non siano
tendopoli vacanziere
o stabbi per angeli espatriati.
Non mi hai detto
quante stanze abitasti
né ti ho detto
quanti cieli ho visto,
e se avemmo vite convergenti
chi lo può dire
se non le silhouettes nostre
abbarbicate ai cantucci del soggiorno,
le terraglie accatastate
all’immutabilità della calenda
poiché l’inganno è nel dire
che il mondo è situato qui
e il dolore altrove.
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Un sentito ringraziamento a Giuliano Servetti, che ha generosamente concesso sia la pubblicazione della fotografia che le poesie del fratello Mirko Servetti.