La serie tv Succession è andata in onda per quattro stagioni dal 2018 al 2023; prodotta dall’americana HBO, ideata dall’inglese Jesse Armstrong, racconta gli ultimi anni di vita di un magnate newyorchese, Logan Roy, emigrato povero da bambino dalla Scozia e diventato uno squalo dal business miliardario. (guarda il trailer)
I doveri del potente
Logan è corpulento, rozzo come i suoi avi boscaioli (l’attore è Brian Cox), odia gli altri esseri umani, li vede tutti come nemici della sua incessante (ma non eterna) lotta per la propria affermazione, il proprio dominio, il proprio potere. A volte pensiamo che il potere abbia le sue leggi non modificabili, che nel potere sia connaturato il male per tutti e il bene per pochi. Ma – come scrisse Nicolò Machiavelli nel Principe – il potere è necessario per controllare, sedare e tenere a bada il caos della natura umana; chi lo vuole prendere, e lo vuole mantenere, non può vivere secondo Morale, ma secondo regole che della Morale fanno uso cinico e circostanziale: serve uccidere una persona cara? La si uccide; serve blandire un essere spregevole? Lo si blandisce. Il “governo” è l’Etica di Machiavelli, le leggi che il potere scrive si possono cambiare, interpretare, abolire, imporre secondo se lo “stato di necessità” lo richiede. È cinico, spietato il Potere. Ma se gli è utile può essere simpaticone. Un potente, un miliardario, non ha che un obbiettivo: ingigantirsi, e poi difendere il suo impero, pensare solo a questo. Che spazio in tutto questo può avere l’amore? L’amore per una “regina”? Per i figli?
Morire sul trono
Logan Roy – come ogni re (Armstrong come cognome gli sceglie appunto, quasi “roi”, royal o royalties…) – è ossessionato dalla successione. Ma non vuole mollare: ha avuto mogli e amanti che diventano mogli come Enrico VIII, e si chiede quale dei suoi quattro figli lo ami di più – come Lear. Parla poco, come tutti gli uomini di potere, e quando parla la sua parola è legge da agire. Connor è figlio di una prima moglie, è il primogenito, ma non è il prediletto: invece i fratelli coltelli Kendall e Roman, e la sorellina Shiv, figli della stessa madre, trottolano come palline per decine di episodi nella roulette del padre-croupier. Ogni volta uno sale alle stelle, e poi precipita alle stalle. Stalle si fa per dire. Questa dark comedy comunque vede “cadere nella polvere” rampolli che conservano il 5% di patrimoni immensi, ma a modo loro si disperano e crucciano veramente in ville inglesi, in ville italiane, in loft a Manhattan, su aerei privati e auto blindate. Sono spesso eccitati, felici mai. Sereni mai. Tranquilli mai.
Fine senza gloria
Logan alla quarta stagione ha un ictus, si riprende, ricomincia a umiliare figli e dirigenti, ma è cominciato il suo tramonto. La febbre per cercare un erede cresce, ma lui, in fondo, lo capiremo, vuol morire senza erede. E mentre fa pipì nella toilette del suo jet privato ha l’infarto definitivo: crolla come un enorme squalo sulla moquette, muore banalmente, ingloriosamente.
Succession è senza dubbio una delle migliori serie tv dell’ultimo decennio: ha vinto Emmy Awards e Golden Globe, su Rotten Tomatoes ha chiuso con indice di gradimento dagli spettatori dell’88%, dalla critica del 95%. La maggior parte della sceneggiatura mette i personaggi molto vicini, dove si possono sussurrare timori, pronostici, cattiverie cortigiane. La telecamera si muove spesso in modo amatoriale, concitata (come in Modern Family), sporcando il montaggio per rendere attendibile questa cronaca dello stress più gigantesco del mondo, quello dei ricconi.
Gli alter ego di Logan
Logan Roy somiglia a tanti magnati della comunicazione realmente vissuti, del passato e del presente. Somiglia innanzitutto a William Randolph Hearst (1863-1951) cui si ispirò Orson Welles per Citizen Kane (1941); somiglia all’australiano Rupert Murdoch (padrone di Sky e Fox), nato nel 1931 e ancora vivo, somiglia a Silvio Berlusconi (1936-2023) per l’inevitabile intreccio di milioni tra affari e politica, e imbarazzantissima vita privata.
In una lunga intervista concessa a NPR (la National Public Radio statunitense) il 5 giugno 2023, una settimana dopo l’ultima puntata di Succession negli USA e il giorno stesso dell’ultima puntata italiana su Sky, Jesse Armstrong ha detto: «Le persone sono in grado di cambiare, di crescere. Ma direi che questo accade di rado, lentamente e non necessariamente tutto in una direzione positiva: puoi andare verso una involuzione, invece che verso una evoluzione. In Succession abbiamo voluto raccontare che quel che si pensa di questi titani aziendali è una bugia: che sono persone molto, molto brillanti e non possono mai sbagliare. Non voglio sminuire i loro talenti, ma non credo che potrei mai fare quello che fanno». © RIPRODUZIONE RISERVATA