il carico residuale

L’algoritmo del male, ovvero il ‘carico residuale’, ovvero i migranti sono immondizia

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Confesso il mio disagio, nello scrivere questo articolo. Mi pare di essere giunti a un punto di non ritorno, anzi, di averlo persino oltrepassato. Dispersi, quali oramai siamo, nel mare aperto del nulla, della perdita totale di ogni significante. Le parole pronunciate dal ministro Piantedosi (il “carico residuale”) a proposito delle tre navi ONG ferme sulle coste italiane e soprattutto, è il caso di dirlo, a proposito del loro contenuto (merci, non uomini), possono essere spiegate solo così.

Storia della ferocia italiana. Borghesia e Burocrazia, la supercombo che porta al ‘carico residuale’

Sono l’incontro tra la ferocia della quale è composta la sostanza del tipo borghese italiano (ovvero di tutti noi) e il grigiore del burocrate, unico elemento che caratterizza ogni politico che governi questo paese. Sulla natura di questo incontro è necessario indagare, disperatamente. Che l’uomo medio italiano sia tutt’altro che uno stinco di santo, credo sia persino superfluo dirlo. Persino Mussolini arrivò a dirlo: non fu lui a creare il fascismo, il fascismo erano gli italiani. E nel dopoguerra, con la nascita della civiltà dei consumi, le cose non poterono che radicalizzarsi. Pasolini non usò mezzi termini, quando lo fece definire da Orson Welles ne La ricotta. L’uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista. Con punte di sadismo, ebbe ad aggiungere Moravia in altrove, dal momento che l’uomo medio è fondamentalmente represso. Il tutto, impacchettato e venduto dalla ferocissima neonata televisione, divulgatrice di formaggini e qualunquismo, generatrice di indifferenza e di massificazione.

Possiamo sempre fare di peggio

Da allora, probabilmente, noi abbiamo saputo fare di peggio. La nostra società, che dal consumo è passata all’iper consumo (e in definitiva allo spreco) e dalla comunicazione è passata al digitale, può ritenersi compiuta in molte degenerazioni che la precedente riusciva soltanto in minima parte a limitare. Compresa la ferocia. Che dalle stanze più oscure delle famiglie borghesi italiane o dalle sagrestie delle nostre chiese, è uscita alla luce del sole, riuscendo a istituzionalizzarsi. Tanto che a rileggerle oggi, per esempio, le parole di Andreotti sulla morte di Pasolini prima e su Ambrosoli qualche anno dopo (praticamente le stesse), quei terribili “se l’è cercata…”, sembrano quasi i rimbrotti bonari di un vecchio nonno moralista. Perché oggi, sappiamo fare e dire molto di peggio. Credo, tra l’altro, di riuscire a segnalare un excursus cronologico, a proposito di questo atroce e compiuto inferocimento borghese.

Già presente negli italiani, scoperta da Mussolini, consacrata dalla televisione, rivitalizzata da Salvini, la ferocia è stata istituzionalizzata dalla gestione del Covid, da lì alle parole del ministro Piantedosi il passo è stato breve

Tutto è partito qualche anno fa, con una violenta e martellante campagna mediatica contro l’immigrazione compiuta principalmente dalla Lega di Salvini. Fu un gioco perverso che vide al centro, forse per la prima volta in maniera così invasiva, il ruolo dei social media. Il borghese medio italiano, si sentì invaso. Era una invasione, alla quale qualunque tentativo di spiegazione logico razionale non poteva porre rimedio. Se sostenevi, dati alla mano, che siamo uno dei paesi europei col più basso numero di immigrati e che i reati da essi commessi erano una percentuale minima su scala nazionale eri visto come un cretino. E portali a casa tua, era il minimo che potevi sentirti rispondere. Altrimenti era il peggio che si potesse sentire, nei vari commenti. La voce degli impiegati, degli elettricisti o dei commercianti, delle maestre elementari o delle casalinghe, della cosiddetta classe media era un grido. Di una violenza inaudita, di una cattiveria altrimenti neanche sospettabile. Una furia cieca.

Poi accadde qualcosa che scombinò i piani, che sparigliò le carte sul tavolo.  Arrivò il covid, e dei migranti, povero Salvini, non importò più nulla a nessuno. Eppure quella che poteva sembrare, dal punto di vista politico, una iattura per la destra così attratta da questo argomento, si sta rivelando col tempo, una fortuna. Perché la vicenda covid, se è possibile, con la sua componente di irrazionalità, di leggi fratricide, di marchi ed etichette ad personam, il covid che ci ha letteralmente chiuso per un anno dentro casa, abituandoci alla paura nei confronti dell’altro, dell’incontro, il covid ci ha reso ancora più cattivi. Ha, in definitiva, abilitato la cattiveria, l’ha resa fondamentalmente accettabile, istituzionalizzandola. Ecco che allora le parole del ministro Piantedosi – che chiama i migrandi ‘carico residuale’, ricordiamolo – assumono un significato, per un’analisi storica. Potevano verificarsi solo in tempi come questi, nei quali la ferocia, divenuta oramai istituzione, parla, filtrata dalla comunicazione e dai suoi algoritmi (non escluderei che tali parole siano state messe in bocca al ministro proprio da qualche suo collaboratore, tutti i politici oramai si fanno accompagnare da qualche giovane esperto in marketing e comunicazione).

Cosa si intende con ‘carico residuale’? Che i migrati sono immondizia 

Perché un residuo è ciò che avanza e che generalmente viene scartato e buttato via. E finisce nel macero, come l’immondizia. Quelle persone che non potevano essere accolte perché non rientravano nei parametri stabiliti erano questo, erano immondizia. Ma questo ovviamente, non si può dire, l’algoritmo non lo avrebbe permesso. Meglio dirlo in un altro modo, impacchettare le parole, giocare agli eufemismi. Ne vedremo altri, ci potete giurare, di questi giochini di parole. E resteremo in silenzio, non solo perché abituati ma anche perché, dietro quelle parole mascherate, c’è quello che siamo realmente. Un paese che ha reso normale la ferocia. Come una buona abitudine. Non più come il gesto ipocrita dei nostri nonni che magari uscivano dalla chiesa e voltavano lo sguardo dal mendicante che chiedeva le elemosina ma come una sfacciata convinzione, da blaterare sui social network o per la strada. Senza neanche quel caro pudore, seppure un po’ meschino, dell’Italia di un tempo. Non sottovoce ma gridato senza vergogna. Un urlo sfacciato di inciviltà, alla faccia della cristianità rivendicata con orgoglio dalla signora presidente. Buon Natale, in anticipo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Per l'immagine in testa all'articolo: ©Tomáš Hustoles|Burst

1 Comment

  1. Capisco la tua indignazione e lo sconcerto per il lessico infame di Piantedosi (d’altronde se la pianta è quella: fascio+prefetto, non so che altro ci sia da aspettarsi); ma non è un pò eccessiva questa condanna collettiva di tutti gli italiani, dal dopoguerra ad oggi? Io non mi riconosco nell’invettiva, fra l’altro vaga. Nè basta invocare l'”auctoritas” pasoliniana. Se proprio vogliamo adottare tutta la severità che esprimi, questa santificazione di Pasolini non proviene,in fondo, dagli stessi “tartufi” che se ne scandalizzavano?

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