Visioni del futuro di Stanislaw Lem (secondo Jacques Bergier)

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Gli anni Settanta e la nuova frontiera: tecnica, scienza, esoterismo, surrealismo e i loro risvolti

Nella prima metà degli anni Settanta la cultura occidentale venne investita da un nuovo fenomeno, allora d’incerta denominazione, ma comunque definito nelle sue linee generali come una necessaria rinascenza dello spirito umano alla luce delle più recenti scoperte scientifiche e tecniche; una nuova frontiera che avrebbe esteso in modo inconcepibile gli angusti limiti delle nostre conoscenze.

In quel periodo di nuova rivoluzione tecnico-scientifica, esoterismo e surrealismo si fondevano in modo inedito e molto promettente, pur comportando possibili rivolti negativi: angoscia per il futuro, instabilità della psiche collettiva e una malattia emergente: il disagio sociale o sociopatia.

Era dell’Acquario e Postmodernismo. Il realismo fantastico di Pauwels e Bergier

Oggi abbiamo perlomeno tre definizioni utili a descrivere quell’”annuncio”, quella premonizione che a distanza di oltre cinquant’anni non possiamo che considerare corretta: Era dell’Acquario; New Age; Era nucleare. A queste il recentemente scomparso filosofo estetico Gillo Dorfles avrebbe senz’altro aggiunto la ulteriore definizione di Postmodernismo.

Di questo imminente balzo in avanti del mondo furono precursori Louis Pauwels e Jacques Bergier, autori del Mattino dei maghi (qui una versione scaricabile) pubblicato nell’ottobre 1960, tradotto ed edito in italiano tre anni dopo da Mondadori. I due autori riproponevano, in un progetto da loro stessi definito “realismo fantastico”, il fortunato connubio degl’illuministi curatori dell’ Encyclopedie Denis Diderot e Jean D’Alembert, destinato a realizzare la più ampia ricognizione del tempo su sapere scientifico e scienze umane: Pauwels era un cultore di esoterismo, Bergier un ingegnere e matematico. Il libro di P. e B., un notevole successo editoriale, ebbe una prosecuzione di estremo interesse nella rivista Pianeta, edizione italiana dell’omologa francese, nei primi anni Settanta.

la Fantascienza di Stanislaw Lem

Stanislaw Lem e la fantascienza “marxista”

In uno dei quaderni del 1970 Bergier rilascia una lunga recensione dell’opera dello scrittore polacco Stanislaw Lem (Leopoli 1921 – Cracovia 2006) noto per i suoi romanzi di fantascienza “alternativi” alla linea da noi più conosciuta degli autori di lingua inglese (Asimov, Clarke, Dick, Bradbury), poiché Lem scriveva all’interno della sfera d’influenza geopolitica sovietica, ed era professatamente un materialista e marxista. Tuttavia – credo che questo non debba sorprendere – nonostante la sua collocazione ideologica Lem è stato autore delle più sorprendenti e talora angosciose esplorazioni “fantastiche” del futuro possibile, e dunque si armonizzava perfettamente con le premesse ideali e programmatiche del realismo fantastico.

Lo stesso lemma “fantascienza” appare oggi un poco usurato dal tempo: oggi si preferisce designare un certo tipo di letteratura ambientata nei mondi “possibili” come fantasy. Comunque lo si voglia rappresentare, in questo campo siamo soliti distinguere due principali correnti: una essenzialmente ottimistica, l’altra essenzialmente pessimistica riguardo al futuro. In effetti la possibilità stessa è ambivalente per natura, potendo facilmente, anche per deviazioni infinitesime, piegare verso un paradiso realizzato oppure verso l’ incubo. Quando fra Otto e Novecento il genere era ancora in gestazione, un maestro indiscusso – e tuttora molto seguito – ne fu H. P. Lovecraft, al quale il “mito di Cthulhu” dette grandissima e meritata fama di autore maledetto.

La fantascienza prima del Fantasy tra utopia, distopia e allotopia

Ai suoi primordi però, e anche vari decenni dopo, la fantascienza come utopia o l’ opposta distopia non considerava ancora una terza, e forse più fertile, possibilità, che era la allotopia. La fantasia creativa quando immagina il futuro si sposta facilmente e insensibilmente in uno spazio altro. Se però l’unica legge del fantastico è di non essere una mera deformazione della realtà, bisogna ammettere che si tratta dell’esercizio più difficile da concepire; la realtà indagata nella narrazione può non riguardare il futuro, ma essere piuttosto la descrizione analitica di un universo a noi parallelo, una bolla di spazio-tempo che può essersi originata nel nostro stesso mondo e perfino negli eventi della nostra stessa generazione, e successivamente staccata, per continuare a vivere e svilupparsi in modo completamente autonomo, senza ulteriori contatti con l’ambiente originario.

Il contesto storico di opere come Solaris o L’invincibile

Per conoscere meglio Stanislaw Lem è quindi utile ricostruire, anche in breve, il clima degli anni in cui hanno preso forma opere come Solaris o L’invincibile. In piena guerra fredda era necessario che ciascuno dei due blocchi, il capitalista e il socialista, il Primo e il Secondo Mondo, fossero fra loro speculari. Ad ogni scoperta dell’uno doveva seguirne una dell’altro nel medesimo campo; nella cd. “corsa allo spazio” l’Unione Sovietica aveva peraltro accumulato un certo vantaggio nei confronti degli Stati Uniti e del mondo capitalista mettendo in orbita il primo satellite, il primo uomo e la prima donna.

Fantascienza di Stanislaw Lem
Prima scena di Solaris, film del 1972

Nel corso degli anni Sessanta e di parte dei Settanta gli americani riguadagnano terreno e arrivano allo sbarco lunare, grazie ad ingentissimi investimenti statali: in contrasto con l’ ideologia economica liberista lanciano e potenziano una colossale impresa pubblica, la NASA, perché la corsa allo spazio è un primario interesse strategico della nazione e nessun soggetto privato potrebbe sopportare l’enorme pressione e concentrazione dell’opinione pubblica sui traguardi della “Nuova Frontiera”. Le due superpotenze si combattono in ogni campo, meno quello militare in forma diretta: dalla danza agli scacchi, dagli sport olimpici al cinema, estremizzando in questa inusuale politica di potenza le proprie caratteristiche: ad esempio il cinema sovietico, di esclusiva produzione statale, predilige i tempi dilatati ed una sorta di simbolismo lirico; il cinema americano si esprime al meglio nell’azione e in un impianto metaforizzante, semplificato per la cultura di massa, basato sulla dialettica manichea fra ombra e luce, eroe ed antagonista, bene e male, entità facilmente identificabili negli USA e nel loro rivale. Così diventa, per il blocco sovietico, un’ esigenza pressante quella di disporre di autori letterariamente abbastanza validi da contrapporre allo strapotere anglosassone nel racconto fantastico. Lem è l’uomo adatto. Ha studi scientifici non conclusi alle spalle, che lo mettono in condizione di liberare un’immaginazione ricca di spunti e di ipotesi sperimentali troppo avanzate perfino per i centri di ricerca più visionari del tempo. Inoltre appare di convinzioni saldamente materialistiche, o almeno così vuole far credere per non cadere nella rete della censura.

Dunque vediamo più da vicino l’opera forse più conosciuta di Lem, il romanzo Solaris, che ha avuto ben due versioni cinematografiche: Solaris di Andrej Tarkovskij del 1972 e, con il medesimo titolo, il film di Steven Soderbergh del 2002 prodotto negli USA, con George Clooney e Natascha McElhone.

Solaris, romanzo di fantascienza di Stanislaw Lem

Solaris non è in un luogo remoto dell’universo, ma nel nostro sistema solare. È un pianeta che gli umani conoscono, che con i loro strumenti hanno osservato approfonditamente. La sua caratteristica principale è perfettamente nota: essere ricoperto da un unico, immenso oceano – immenso lo è in senso letterale: non confinando con alcuna terra emersa, coprendo integralmente la sfera planetaria, non ha misura perché sferico (il moto infinito è circolare, dice Aristotele nella Fisica) e non delimitato da alcunché di diverso dalle acque. C’è dell’altro che, nel racconto, ha convinto gli uomini ad effettuare una spedizione: l’oceano di Solaris è un unico, immenso, proteiforme essere pensante con un corpo acquatico. Lem sviluppa, in forma narrativa, l’ipotesi sull’origine della vita che nella prima metà del Novecento fu enunciata da due biochimici: il sovietico Alexander Oparin (1894-1980) e l’inglese J. B. S. Haldane (1892–1964), più popolarmente nota come teoria del “brodo primordiale”. In sostanza nell’oceano primordiale – anche la Terra delle origini quindi assomigliava a Solaris – si sarebbero sviluppate macromolecole previventi di notevole complessità chiamate coacervati. Questi precursori degli esseri organici si sarebbero sviluppati separatamente dalle acque per la proprietà della non-miscibilità; quindi evoluti in cellule organiche, primi mattoni della vita.

Lem immagina che i coacervati non si siano evoluti in cellule – va precisato che uno dei fondamenti della teoria evolutiva esige che lo stadio precedente si estingua nello stadio successivo – ed abbiano raggiunto invece lo stato di intelligenza restando un colloide immerso nell’ambiente liquido, in isolamento relativo e quindi senza diluizione. Questo coacervo diviene un non-essere pensante di proporzioni tali da stare, in rapporto all’intelligenza umana, “come il pensiero umano con quello di un virus” scrive nella sua recensione Jacques Bergier. L’oceano di Solaris – in una curiosa e assai paradossale versione parascientifica dell’ideale socialista – è vivo perché intelligente, non il contrario; e si è evoluto senza mai diventare individuo, come accade con le cellule organiche.

Il problema che a questo punto sorge – anticipando di vari decenni le preoccupate domande dei cultori della teoria degli Antichi Astronauti – è come sia possibile intendersi, come si possa comunicare con un’intelligenza tanto diversa e superiore alla nostra. Se l’esigenza del viaggio verso Solaris è di prendere contatto con essa, potrebbe rivelarsi del tutto incongrua e facilmente destinata al fallimento, poiché rimanda ai limiti naturali del nostro intelletto, secondo il quale l’essere com-presente con un essere di altro tipo in un dato luogo sia necessario per averne una conoscenza più approfondita…  In realtà l’oceano pensante non può che giocare con noi e con la nostra pretesa della conoscenza che, anche in ambito scientifico, ha portato a posizioni spiccatamente pessimistiche: il fisico J. Robert Oppenheimer ha definito la nostra propensione a conoscere “l’agonia permanente dello spirito umano”.

Man mano che la nave spaziale si avvicina a Solaris, l’oceano entra in contatto con i membri dell’equipaggio; in un modo certo misterioso e per noi indecifrabile e nondimeno efficace, anzi, al massimo grado dell’efficacia: il comandante si accorge che i suoi compagni danno segni di squilibrio, parlano con fantasmi e ne sono ossessionati al punto di diventare violenti e potenzialmente pericolosi. Decide quindi di isolarli per evitare guai peggiori. Ma egli stesso viene coinvolto. Gli appare l’adorata moglie morta come una visione sua particolare, non come spettro incorporeo ma come essere nuovamente fisico, presente, con il quale può dialogare.

Sintesi della Tradizione nella fantascienza di Stanislaw Lem: il Corpo di luce

Qualcosa del genere non è del tutto nuovo nella cultura religiosa occidentale. Nella religione greca alcuni individui elevati al rango eroico non passano attraverso la morte fisica ma vengono rapiti, in corpo e spirito, poi condotti a vivere nell’ Isola dei Beati nella remota regione iperborea, per vivere eternamente senza conoscere corruzione.

Gesù Cristo, nel celebre episodio della cena di Emmaus, appare agli apostoli.

Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».

(Vangelo di Luca, 24: 36-39)

Per definire questo stato terzo della materia vivente, non morta ma altrettanto sicuramente aliena dalla vita naturale, è stata coniata l’espressione di “corpo di luce”,  col significato di corpo di energia particolarmente purificata; in senso umano genera un individuo ascetico e distaccato ma non sprezzante e punitivo verso la carne. Tale è il “corpo” della moglie risorta del comandante e questo, ci ricorda Bergier, è propriamente stato l’anelito degli alchimisti nel corso di lunghi secoli nei quali hanno cercato, in forma sperimentale, di raggiungere il corpo di luce, definitivo ed eterno, attraverso la distruzione e putrefazione del corpo naturale, il che rende più chiaro il senso della morte come passaggio e non come fine dell’essere.

Sorprende, certo, trovare echi così misteriosi e profondamente spirituali in un autore come Lem, che si dichiara “materialista” e dunque ateo. La letteratura, l’arte in generale, non hanno alcun obbligo di esattezza, restando sul terreno dell’emozione, dell’evocazione, del fantastico. Eppure la narrativa di Stanislaw Lem sembra collegarsi alla perfezione con la ricerca inaugurata da Pauwels e Bergier nel 1960 quando, indicando una nuova aurora per la magia scacciata, negata e repressa, grazie alla fusione “a caldo” con gli orizzonti quasi inimmaginabili delle nuove scienze e della fisica, biologia e chimica contemporanee, sta diventando di nuovo possibile una sua completa riabilitazione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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