Mirko Servetti poeta ligure
Nella foto: Mirko Servetti | Per gentile concessione di Giuliano Servetti

Caro, carissimo Mirko Servetti! Poeta, ma prima di tutto Amico

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Uomini in fiamme e Il carico umano sono gli ultimi due libri di Mirko Servetti, poeta ligure, nato ad Alassio il 5 febbraio 1953 e scomparso a Imperia il 2 luglio 2023. Due libri ai quali ho contribuito, nella veste di coautore. Gesti letterari nati da una collaborazione artistica, che è stata naturale conseguenza di un’amicizia iniziata nel 2014 ai tempi di Matisklo Edizioni. Matisklo piccola e coraggiosa casa editrice di Savona, ideata e diretta da Francesco Vico e Cesare Oddera, nella quale pubblicavano opere autori off mainstream come la poetessa Vera Bonaccini e il filologo Fabio Barricalla (entrambi amici di Mirko). Realtà di innovativa rottura che ha però cessato l’attività da qualche anno. In quel 2014 io e Mirko avevamo due libri, anzi due eBook pubblicati da Matisklo: lui Terra bruciata di mezzo-tra Vespero e Lucifero (Il mio libro migliore, mi avrebbe sempre ripetuto negli anni a venire), ed io, insieme a Roberto Keller Veirana e con un contributo poetico della compianta Serena Zaiacometti, Il verso dei lupi. In tutta sincerità devo a quel momento che amo definire “gli anni di Matisklo” l’incontro e la sintonia umana con Mirko e la sua poesia che ha portato al nostro dittico su carta.

Svanisce la percezione abituale

della luce che si fa corpo sfiorato

dal dondolio senza ragione
che non sia il sorriso rubato

alla vastità di un mondo inspiegabile.

Parlare pensieri che mai appartengono

agli spazi liberi del guardaroba,
una figura immaginale, esattamente

come quella che non trovo oltre

la periferia del tuo ventre.
Non è strano che le ore dispensino
petali che le tue mani lasciano andare

per vie diverse traversando quei fianchi

fatti per essere sentieri d’erba
sul perimetro di un parco lasciato incolto

*** 

Le due riviere, nel cociore a meridiana,

si stendono davanti al parabrezza
e con calma sorridente ci trasportiamo

a levante con l’avere dei nostri

fogli stampati. Vi sono
indici e terre da trasmettere
e condividere con i poeti, chi tetro
chi curioso chi ridanciano.
Vi sono perfino, in quell’aria
un po’ prima di Feriæ Augusti,
inverni danzati nel misto
dei trench più neri
di un angelico crogiuolo.
Quella spiaggia accolse
anime e vite sospese
ad un trauma di beatitudine.
Ma ora si tratta di cantilenare
sul cammino di ronda,
fra merlature e nubi d’afa
per coinvolgere ventri e sguardi
golosi. Il più pare fatto
e si osa il lusso di
spegnere grida e incomprensioni amministrative.

Il ritorno sarà in autostrada,
lo prometto

Queste la prima e l’ultima poesia di Mirko, che aprono e chiudono Uomini in fiamme. E spesso mi tornano alla mente le nostre tante conversazioni telefoniche (quelle che capitava venissero interrotte perché sull’altra linea chiamava Giuliano, il fratello). Parlavamo di argomenti diversi, scollegati tra loro. Di musica soprattutto e pochissimo di poesia, a parte autori come Nanni Cagnone che era sempre nei nostri pensieri in quanto punto di riferimento. E quando parlavamo di letteratura, si finiva con il ricordare Francesco Biamonti l’ultimo enaudiano, secondo il parere di Mirko che condivido. Ma solitamente lasciavamo agli altri il dramma di discuterne, di intavolare strategie editoriali e pianificare ossessive presentazioni. Noi siamo sempre stati appartati. Piuttosto indugiavamo sui Colosseum, soprattutto sul lato B dell’album Valentyne Suite, la suite vera e propria, oppure parlando dei Genesis (ascolto oggi Nursery cryme, sicuro che lo possa sentire anche Mirko), o della felice scelta di citare una canzone come Sweet mama fix di Larry Martin Factory a chiudere una poesia. Ci impantanavamo nella musica progressive anni Settanta, per poi sprofondare nelle sabbie mobili della volgarità politica. Da questi deragliamenti l’idea di scrivere un libro a quattro mani. Questa, in estrema sintesi, la preistoria di quello che sarebbe diventato nel settembre 2018 Uomini in fiamme.

Godot, la morte?

Ridi pure tranquilla,

ritarda sempre

E questo l’haiku che apre Il carico umano, l’ultimo libro di Mirko. A volte lo rileggo, ne cerco un senso, non lo trovo, mi scoraggio. Lo rileggo, incontro un’ipotesi di senso, una fiammella, mi sento felice, mi sento ancora oggi insieme a Mirko, a mettere su carta ricordi disordinati sparsi nel tempo. Sul tavolo dove scrivo la fotografia donatami dal fratello Giuliano. Mirko nella foto mi guarda. Anche quando mi sposto nella stanza, lo sguardo continua a seguirmi. Sembra divertito. Il sorriso spensierato, l’occhiale calato sul naso, lo sguardo di chi già in giovane età sapeva che la vita la si deve vivere con ironia. Eppure a me sembra tutto tragico. A me che resto ad osservare il tempo dell’amicizia con Mirko che, se riassunto, va a comporre appena gli ultimi dieci anni. Il rapporto umano con Mirko poeta, ma prima di tutto Amico, diventa caos emotivo perché mai avrei immaginato che sarebbe diventato così presto tutto un ricordo. A volte luminoso, altre doloroso. Tanto dipende dalle giornate, dall’accanirsi del quotidiano. Un aneddoto curioso, durante la stesura de Il carico umano: l’idea originaria, a differenza di Uomini in fiamme, dove io e Mirko avevamo nel libro sezioni di poesie distinte, era di confondere le acque arrivando a mischiare i nostri versi. Chi ha scritto cosa?, ci sembrava una domanda da sviluppare su carta. Mirko stava lavorando agli haiku e me ne inviò un centinaio, io invece avevo i soliti versi liberi da assemblare. D’accordo con Mirko ho pensato a una scelta casuale. A differenza del metodo di John Cage che si affidava all’I Ching, ho optato per la via più semplice e dilettantesca dello scegliere selvaggiamente a caso. E così ho estratto una serie di haiku come se stessi pescando i numeri della tombola. Tanti quanti servivano a terminare almeno la vaga idea di libro che avevamo. Ebbene, il caso ha voluto che una volta terminato il lavoro tutto avesse un’armonia: dove finivano i versi di Mirko iniziavano i miei, con una logica e un proseguimento dei contenuti che mai ci saremmo aspettati. Questo fa de Il carico umano un libro realmente sperimentale. Eppure adesso sul tavolo restano due libri fatti insieme che non mi sembrano nemmeno così interessanti, se paragonati a tutto quel movimento di telefonate, email, incontri, scrittura, confronto, che ha portato a scriverli e poi, con fatica lo ammetto, a trovare due editori disposti alla pubblicazione. Quasi cinque anni di lavoro in coppia ma Mirko non aveva fretta di pubblicare e mi ha insegnato la pazienza, l’essenziale distacco. Quel prezioso momento dove, a un certo punto, quasi te ne freghi anche del libro che hai scritto e guardi oltre.

Scura nudità

sull’asfalto al mattino.

Fine del libro.

L’haiku che chiude Il carico umano e congeda autori e lettori dal libro. La fine del libro che, nel tempo, avrebbe preso il significato di un andarsene per davvero. Involontario, certo, ma sempre un andare via. E a chi resta, il ricordo. E se di poeta si tratta, nell’aria anche l’impegno dell’omaggio senza che diventi oltraggio. Per diversi mesi ho riflettuto su come poter omaggiare degnamente il nome dell’amico Mirko, brancolando nel buio. Ma la chiave per aprire la porta necessaria me l’ha data qualche settimana fa proprio lui:

accade che in sogno mi viene a trovare. Sono a casa, in cucina. È un’ora non propriamente definibile della giornata, quando vedo Mirko venirmi incontro dalla sala. Insieme a lui una donna. I capelli corti, il castano spezzato da un poco di grigio, il viso magro. Penso si potrebbe definire scavato e per questo interessante. Mirko è il solito Mirko. Ci salutiamo come eravamo abituati a farlo: come se ci fossimo lasciati appena pochi minuti prima. Mirko non mi presenta la figura femminile, ma conosco un certo suo pudore per quello che riguarda gli affetti personali. Piuttosto gli dico subito di essere contento di vederlo, perché ho bisogno di parlargli. In effetti, da qualche settimana con Antonio Bux e Fabio Barricalla stiamo pensando di pubblicare se non l’opera omnia di Mirko almeno una corposa selezione. Ma c’è qualcosa che avverto come non giusto, da questo il bisogno di parlarne con lui. Solo che adesso Mirko e la donna non sono più sulla porta della sala, ma li avverto in camera da letto. Una volta lì dentro, li vedo come se stessero fuori dalla finestra. Le loro figure dietro alle fessure delle persiane. Mi dico che è un sogno, anche se faccio fatica a crederlo veramente. E dopo essermelo detto ancora ci troviamo nuovamente in sala, tutti e tre seduti. Mirko mi guarda e io finalmente parlo, con queste parole: Mirko non sappiamo se pubblicarti l’opera omnia, oppure una selezione di poesie, oppure Terra bruciata. E lui, spostando lo sguardo da me, risponde senza esitare: Terra bruciata. D’accordo, penso, mentre ci troviamo tutti e tre in piedi e sulle nostre teste niente soffitto ma un cielo lontanissimo e denso come se fatto d’acqua. Mirko mi saluta iniziando a levarsi, insieme alla sua silenziosa compagna. Ora galleggiano con la leggerezza delle anime e salgono come se stessero danzando. Quando sono arrivati quasi a toccare il cielo, quel cielo liquido si apre e a me viene da pensare a un cerotto quando lo stacco lentamente dalla pelle. L’ultima cosa che vedo: due pesci che in quella porta di cielo liquido si immergono e poi i contorni sfocati della mia camera da letto, il comodino, l’alba che penetra dalle stesse fessure delle persiane.

Una cosa, tra le tante, che ricorderò per sempre: quando mi confrontavo con Mirko ed eravamo alla ricerca di un editore per i nostri libri, andavamo per tentativi e molte risposte potevano essere anche deludenti. Mirko non se ne curava affatto e quando io gli proponevo di contattare un altro editore, facevo presente che c’era la possibilità di non venire nemmeno considerati o che avanzassero richieste di contributi economici   e lui sempre di buon umore mi diceva: Tanto cosa abbiamo da perdere? Niente, mi dico oggi, quindi non è mai la fine del libro. E sono queste parole il più grande dono che mi ha lasciato la sua nobile anima.


Nota

Un ringraziamento sentito a Giuliano Servetti, per l’autorizzazione a pubblicare la fotografia di Mirko e i versi che accompagnano e migliorano i miei aneddoti.

Biografia

Mirko Servetti è nato ad Alassio nel 1953 e viveva ad Imperia, dove è scomparso nel luglio 2023. Esordisce nella seconda metà degli anni Settanta con poesie, interventi critici e d’opinione sulle pagine della rivista Alla bottega. Intorno alla metà degli anni Ottanta comincia anche la lunga ed ininterrotta corrispondenza con il critico, poeta e italianista Giorgio Bárberi Squarotti, considerato mentore e preziosa guida. A quegli anni risale anche l’adesione alle antologie poetiche in tape Paté de voix e Baobab, in collaborazione con il musicista ed amico Walter Ferrandi, che esce nel 1986 con Tam-Tam, la rivista del compianto Adriano Spatola. Il poema Canti tolemaici susciterà il positivo interesse di molti poeti e uomini di pensiero italiani, quali Alessandro Raffi (con cui comincia una proficua amicizia), Paolo Ruffilli, Maria Grazia Lenisa, Antonio Spagnuolo e Giò Ferri, che firma la prefazione al primo volume Degli scherzosi proemî. La seconda parte, Le rifrazioni asimmetriche, pubblicata da Bastogi Editore nel 1993, avrà la prefazione di Maria Grazia Lenisa. Mentre nel 1997, sempre Bastogi stampa la raccolta di sonetti L’amor fluido, con prefazione di Giorgio Bárberi Squarotti. Si allargano e si intensificano i contatti con i migliori periodici letterari. Collabora col gruppo toscano di ricerche intermediali Eliogabalo alla realizzazione del cortometraggio sperimentale Ciack… la prima!, girato presso un centro psichiatrico e di cui cura la regia. Nello stesso periodo entra in contatto con la rivista L’area di Broca, dando inizio ad una nutrita e amichevole corrispondenza con Mariella Bettarini. Appassionato di musica se ne è occupato in qualità di musicista suonando il basso elettrico. I suoi libri di poesia, nel dettaglio, dopo l’esordio con Frammenti in fuga (Lalli Editore, 1981, scritto in coppia con Teresio Zaninetti), sono: Quasi sicuramente un’ombra (Forum/Quinta Generazione, 1984); il poema Canti tolemaici (Tracce e Bastogi, in due volumi, Degli scherzosi proemî, 1989 e Le rifrazioni asimmetriche 1993); L’amor fluido (Bastogi Editrice, 1997); Quotidiane seduzioni (Edizioni del Leone, 2004); Canzoni di cortese villania (Puntoacapo Editrice, 2008, riunisce con alcune variazioni le due precedenti raccolte); Terra bruciata di mezzo-fra Vespero e Lucifero (Matisklo Edizioni, 2013, poemetto in digitale); Indefinito Canone (Matisklo Edizioni, 2016, versione digitale e cartacea); Uomini in fiamme (Edizioni Ensemble, 2018) e Il carico umano (Terra d’ulivi Edizioni, 2022), entrambi scritti insieme a Carlo di Francescantonio.

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