La scorsa settimana abbiamo pubblicato un interessante articolo sugli aspetti femminili e materni del Dio delle “religioni del Libro”, a firma di Gianfranco Rucco. Si tratta di un primo testo di una trilogia sul Femmino Sacro, che proponiamo ai nostri lettori e lettrici e per la quale ringraziamo l’Autore. Oggi approfondiremo una delle figure più affascinanti fra quelle bibliche, una delle più discusse – spesso alimentando fraintendimenti e luoghi comuni che ne riducono di molto la portata, la prospettiva, il valore – colei che comunemente è chiamata Maria Maddalena. L’Autore, muovendo dagli studi di Carla Ricci, tra i più alti e completi e tra i meno conosciuti dal grande pubblico, ne illustra tutta la complessità, giustamente arrivando a considerare quello di Maria di Magdala uno dei più grandi travisamenti della storia[1]
Maria è un nome molto comune nella Bibbia: in ebraico Mirjam, in aramaico Marjam; di origine incerta, la forma ebraica deriva dall’egizio mr’ (essere amato) o da rà a (vedere, la veggente); la forma aramaica deriva forse da marà (la signora).
Magdala invece è relativo alla città di provenienza che sorgeva nella pianura di Genezareth, sulla riva occidentale del lago di Galilea, a circa 5 km. A nord di Tiberiade e che si colloca nella moderna El Medjel, villaggio arabo esistente fino al 1948 e poi travolto dalla guerra arabo-israeliana; alcuni autori pongono Magdala come derivato dall’ebraico migdol (torre).
La città, ricca per la pesca e per il relativo commercio, era chiamata al tempo di Gesù Tarikea, dal greco tarikhos(pesce salato); con questa denominazione si trova negli scritti dello storico ebreo Giuseppe Flavio.
La cattiva fama di cui gode la città nella letteratura rabbinica successiva al I secolo d.C. appare collegata alla corruzione portata dall’eccessivo benessere; forse questo elemento può aver contribuito in qualche caso a convalidare la confusione sulla qualifica di peccatrice attribuita a Maria di Magdala.
In Luca la città è nominata solo due volte, sempre con riferimento a Maria di Magdala (Lc. 8, 2; 24, 10).
Prima di approfondire l’analisi della figura e del ruolo di Maria Maddalena, occorre soffermarsi su un aspetto tanto importante quanto misconosciuto dei Vangeli; il Vangelo di Luca ci fornisce una importantissima notizia: all’inizio della Sua predicazione in Galilea Gesù era accompagnato anche da donne: “In seguito egli se ne andava per le città ed i villaggi, predicando ed annunziando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici ed alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, Amministratore di Erode, Susanna e molte altre che lo assistevano con i loro beni” (Lc. 8, 1-3).
Si noti, per incidens, che tra le donne citate vi è anche la moglie dell’Amministratore del re Erode, cioè una donna di alto rango sociale che ben difficilmente si sarebbe accompagnata ad una prostituta o a degli “straccioni” e che tali donne contribuivano economicamente alle esigenze della predicazione di Gesù, il che evidentemente significa che non erano povere.
La pericope di Luca sembra pertanto raccontare implicitamente una storia diversa da quella passata nella vulgata ufficiale circa l’estrazione sociale, l’istruzione ed il ceto dei componenti il seguito di Gesù.
Luca è l’unico tra gli Evangelisti a dare l’informazione che le donne facevano parte del seguito di Gesù sin dall’inizio, gli altri faranno menzione delle donne solo in relazione ai fatti della passione, morte e resurrezione.
Oltre alla dimenticanza di commento ai testi relativi alla donna, si riscontra, che dove questa dimenticanza non è possibile per l’importanza che una donna, Maria di Magdala, aveva rivestito nella vicenda umana e post-pasquale di Gesù, è avvenuto un travisamento esegetico: Maria di Magdala è stata resa una prostituta anche se ciò non è ricavabile dai testi evangelici.
Luca dice di Maria di Magdala in 8, 2: “dalla quale erano usciti sette demoni”; il numero 7 ha una rilevanza particolare non solo nell’area semitica e nella Bibbia, ma anche presso i Greci, in Egitto ed altrove: simbolicamente esprime un periodo di tempo completo e l’idea stessa di totalità. Un uso religioso del termine lo si può osservare presso gli Ebrei nell’istituzione del Sabato (settimo giorno dedicato a Dio) e dell’anno sabbatico.
Il versetto usa anche il termine “demoni”; la concezione demologica, che in alcune forme è sopravvissuta fino nei tempi medioevali e moderni, ha le sue origine nella Mesopotamia; i mali della vita che non erano grandi catastrofi venivano attribuiti alla cattiva influenza dei demoni; questa concezione influenzò gli Ebrei e penetrò nel mondo ellenistico; presso i Greci la credenza popolare vedeva nei demoni degli esseri intermedi tra gli dei e gli uomini e cercava di interferire nella loro azione mediante la magia; in molti sistemi filosofici i demoni sono esseri che possono possedere l’uomo.
Nel Nuovo Testamento il termine daimon compare una volta (Mt. 8, 31) e quello daimonion sessantatre volte (11 volte in Mt., 13 in Mc., 23 in Lc., 6 in Gv., 1 in At. e 9 negli altri scritti del N.T.); giudaismo ed Antico Testamento sono le fonti da cui provengono gli elementi di demonologia presenti nel Nuovo Testamento nel quale tuttavia sono molto meno frequenti; il maggior numero di volte in cui nei Vangeli è toccato il problema è per i casi di possessione demoniaca.
Anche nel Nuovo Testamento è presente l’influsso della tradizione giudaica e di altre contemporanee ma non vi compare un sistema teorico speculativo sui demoni, presente invece in quelle tradizionali.
Nei Vangeli non è intenzione dei redattori indicare le cause fisiche o psichiche della sofferenza all’interno di una dimensione puramente umana, ma di presentarla sotto una luce definitiva: una violenza attuata da una potenza del male.
Negli indemoniati gli elementi di dolore fisico sono manifestazione della presenza diabolica che devasta gli spiriti ma anche i corpi; Maria di Magdala, dunque, al di là di qualsiasi ipotesi ed elemento oggettivo sulla sua condizione, è una donna spossessata di sé stessa e posseduta da sette demoni; in questa condizione non c’è nulla di moralmente reprensibile perché la possessione, notoriamente, avviene senza (od anche contro) la volontà della persona posseduta.
C’è accordo nei Vangeli sinottici ed in Giovanni nell’attribuire a Maria di Magdala uno spazio privilegiato; ella occupa il primo posto nelle liste delle donne presenti ai fatti della passione in Marco, Matteo e Luca; in Giovanni è posta dopo la madre di Gesù e la sorella di lei; il fatto che sia nominata assieme alle parenti più strette è un altro modo per sottolinearne l’importanza.
Quale significato si può attribuire allo spazio particolare che viene assegnato a questa donna? La risposta può essere articolata su diversi elementi: il ruolo privilegiato avuto nel rapporto con Gesù; la funzione all’interno del gruppo delle donne che lo seguivano; l’importanza della sua presenza e della sua testimonianza alla vita ed alla predicazione di Gesù, a partire dalla Galilea fino agli avvenimenti tragici della crocifissione e morte; l’essere stata scelta quale prima persona testimone della resurrezione (sola per Giovanni e Marco, con un’altra per Matteo, con altre due per Luca, ma sempre prima nella lista); il ruolo importante avuto nella comunità.
Il fatto che Maria di Magdala sia sempre nominata per prima nelle liste delle componenti il gruppo indica in lei un riferimento, una guida per le altre; il dialogo particolarmente intenso con Gesù e forse la personalità che questa donna doveva avere potevano a buona ragione costituire la base di una sua autorevolezza rispetto alle altre donne, anche se con ciò non si intende affatto circoscrivere la sua figura solo all’interno del gruppo femminile.
Maria di Magdala, assieme alle altre donne che seguono Gesù, è testimone della vita e della predicazione del Maestro a partire dalla Galilea e ciò nel contesto ebraico in cui, dal punto di vista giuridico, la testimonianza della donna non ha valore; infatti Gesù, in contrasto con questa mentalità, dapprima raccoglie le donne attorno a sé dando un valore alla loro presenza e rendendole di fatto testimoni della sua vita e del suo messaggio, poi le introduce nella cerchia più ristretta e privilegiata che si raccoglie attorno a lui (Lc. 8, 1-3) e le rende destinatarie, con gli altri discepoli, del suo annuncio particolare.
Proprio le donne, infine, quando tutti i discepoli abbandonatolo fuggirono e Pietro lo rinnegò, lo seguirono e furono presenti alla crocifissione e sepoltura.
Negli episodi della resurrezione ricorre nuovamente il concetto di testimonianza ma viene evidenziato il contesto che non lo accetta; Maria di Magdala non viene creduta e Paolo nell’elenco delle apparizioni che presenta nella I lettera ai Corinzi non fa riferimento né a lei né ad altre donne.
Del ruolo che Maria di Magdala deve aver ricoperto nella prima comunità ci viene in qualche modo fornita conferma dalla sua significativa presenza negli scritti apocrifi e gnostici; in questa letteratura emerge con evidenza anche una rivalità tra la figura di Pietro e quella di Maria di Magdala.
La Sua presenza nel Vangelo di Maria
Nel Vangelo di Maria (II secolo d.C.) si incontra Maria di Magdala che consola i discepoli dopo l’ascensione di Gesù; alcuni piangevano abbondantemente dicendo: “Bisogna davvero recarsi da coloro che non vogliono credere, e annunciare loro il Regno Essenziale del “Figlio dell’Uomo”? Costoro non L’hanno risparmiato, allora come potranno risparmiare noi?”. Fu per questo che Mirjam si alzò, li baciò ed annunciò ai suoi Fratelli: “Perché rimanete nel dubbio e nella sofferenza? Vi dico che la Sua Essenza di Luce non ci abbandona. Vi dico che sarà Lei a proteggerci…”. Simon Pietro si rivolse a Mirjam con voce alta: “Tu che sei una Sorella per ciascuno di noi, tutti sanno che il Maestro ti ha amata in modo diverso dalle altre donne. Secondo le parole che Lui ti ha affidato, insegnaci ora. Dicci le parole che la tua memoria privilegia e alle quali non abbiamo potuto avere accesso”. Mirjam si avvicinò e disse loro: “Ciò che non siete stati capaci di intendere, Io sono incaricata di annunciarvelo…”. Il discepolo Simon Pietro si alzò allora e trovò queste parole per tutti: “Sorella nostra, queste parole ci frastornano e ci fanno paura. Tuttavia, parlaci ancora, perché tutti sappiamo che il Maestro ti ha incontrata spesso…” Tutti videro allora come il Maestro le avesse insegnato… Simon Pietro guardò Andrea e si alzò: “Accetteremo la possibilità che una donna abbia ricevuto simili parole dalla bocca del Maestro? Che Egli le abbia confidato dei segreti a cui non abbiamo avuto accesso? Dovremo cambiare sguardo e cammino accettando di aprire le orecchie a questa donna? Vi chiedo: è lei che Lui ha scelto, preferendola a noi?”. Mirjam allora si mise a piangere e disse a Simon Pietro: “Mio Fratello nello spirito, che cosa stai attraversando? Pensi che io abbia inventato questa Visione e che a proposito del Nostro Insegnante dica menzogne?”. Levi si alzò fra tutti e disse: “Simon Pietro, ti abbiamo sempre visto focoso. Perché ora ti ribelli contro la donna come se fosse un nostro avversario? Se il Maestro l’ha resa degna del Suo Cuore, chi sei, tu, per respingerla? In verità, l’Insegnante che la conosceva bene l’ha amata più di noi perché la sua anima ha fatto un grande viaggio…”.
Nella Pistis Sophia (III secolo d.C.) troviamo confermata dalla bocca di Maria di Magdala la stessa concezione del temperamento di Pietro e del suo atteggiamento; rivolgendosi a Gesù dice: “temo però Pietro; egli è solito minacciarmi ed odia il nostro sesso”.
A sottolineare la predilezione di Gesù per Maria di Magdala, nel Vangelo di Filippo (II secolo d.C.) si legge: “Erano tre che andavano sempre con il Salvatore: sua madre Maria, sua sorella e la Maddalena…” Gli altri discepoli allora gli dissero: “perché ami lei più di tutti noi?” Il Salvatore rispose e disse loro: “perché non amo voi tutti come lei?”.
Che spiegazione ipotizzare? Forse una conferma della impossibilità per la mentalità dell’epoca e per quella ebraica in particolare di accettare lo spazio che Gesù aveva dato durante la sua vita alle donne e addirittura di vederle quali prime e privilegiate testimoni del Risorto.
La rivalità che emerge dai brani appena visti, oltre a fornire una conferma indiretta dell’importanza avuta dalle donne nella vicenda di Gesù e nella realtà post-pasquale, offre anche indicazioni per la ricerca delle motivazioni più sotterranee che, congiuntamente ad altre, hanno favorito il fenomeno di travisamento esegetico relativo alla identità di Maria di Magdala ed alla sua connotazione come prostituta.
Di questa rivalità tra un uomo ed una donna, Pietro e Maria di Magdala, si può rinvenire una traccia già negli scritti del Nuovo Testamento; nei racconti di Giovanni, di Matteo e nella finale di Marco si riferisce dell’apparizione di Gesù risorto a Maria di Magdala come prima (da sola o con altre); in Luca, che pur presenta le donne al sepolcro, si menziona esplicitamente solo l’apparizione a Pietro; nella lista fornita da Paolo viene nominato per primo Pietro e non compaiono donne.
Abbiamo dunque due diverse tipologie di testi: da una parte quelli che menzionano Maria di Magdala indicandola come prima alla quale appare il Risorto e dall’altra quelli che fanno riferimento a Pietro pur non attribuendogli la prima apparizione (e forse confermando così, indirettamente, la presenza di una tradizione su Maria di Magdala).
Come è stato possibile che una donna con queste caratteristiche sia passata alla storia prima come la peccatrice senza nome di Luca e poi come una prostituta? Occorre interrogarsi sui fenomeni esegetici ma anche inconsci che hanno condotto alla costruzione della figura della Maddalena prostituta, che hanno portato a fare della donna che ha avuto un rapporto privilegiato con Gesù una “Eva” coperta di colpa e di colpa di natura sessuale.
Maria di Magdala: uno dei più grandi travisamenti della storia
Per comprendere le ragioni del travisamento di cui Maria di Magdala è stata fatta oggetto, una ricostruzione minuziosa della storia dell’esegesi, sviluppatasi diversamente per l’occidente e per l’oriente, offrirebbe forse la possibilità di vedere quali autori, in quale tempo, attraverso quali passaggi, hanno dato luogo al formarsi del travisamento di cui parliamo e, in questo ambito di ricerca, sarebbe interessante verificare l’influenza che ha esercitato sulla questione l’esigenza di armonizzazione dei testi, esigenza divenuta particolarmente sentita a seguito della definizione del Canone; vale la pena qui solo far notare che l’oriente cristiano ha mantenuto la distinzione tra le tre Marie, rilevabile anche dalle diverse date alle quali vengono celebrate le feste: 31 marzo, quella della peccatrice senza nome di Lc. 7, 36-50; 18 marzo Maria di Betania; 22 luglio Maria di Magdala.
Meriterebbero un approfondimento alcuni stupefacenti testi di Padri orientali che, proprio partendo dalla tradizione riferita al ruolo di Maria Maddalena, insistevano per un maggior ruolo delle donne nella Chiesa; in questa sede si può solo dire che le Chiese orientali conferiscono il Diaconato, il primo grado dell’Ordine Sacro, anche alle donne e, per giunta, mediante un rituale appositamente dedicato e diverso da quello dell’ordinazione diaconale maschile.
Molti elementi hanno influenzato, specialmente in occidente, l’esito della questione ma in particolare l’ampia mentalità negativa sulla donna e sulla sessualità, che ha portato ad interpretare i “sette demoni” come colpa morale per la Maddalena, mentre la possessione demoniaca non veniva considerata per gli uomini negli stessi termini, ma solamente per ciò che è: la tirannia esercitata da una forza diabolica che spossessa la creatura di se stessa.
Quello che è certo sul piano storico è che il primo autore che ha avviato il processo di unificazione delle figure di Maria di Magdala e della peccatrice senza nome è Girolamo, il quale ha accostato il concetto di possessione con quello di peccato: nessuno tra gli antichi esegeti precedenti aveva operato questo accostamento.
Il processo avviato da Girolamo si conclude con Papa Gregorio Magno il quale, sul finire del VI secolo, in una omelia specificamente dedicata, ha definitivamente determinato l’identificazione di Maria di Magdala con la peccatrice senza nome di Lc. 7, 36-50 e la fusione delle “tre Marie” in un unico personaggio.
Tuttavia la lettura che Gregorio Magno dà di Maria di Magdala è fortemente empatica; egli, infatti, nel solco di Agostino, appartiene alla corrente del pensiero patristico più “simpatizzante” nei confronti della Maddalena.
Paradossalmente proprio Gregorio Magno, che è il responsabile ultimo della costruzione della figura della “grande peccatrice”, è il più acceso nel celebrare la grandezza di Maria di Magdala, portata come il più alto esempio di santità; per lui, infatti, la vita di Maria di Magdala è un itinerario dal peccato alla santità grazie all’intensità del suo amore, trasformato da carnale in spirituale e purificato dalla penitenza e dalla preghiera.
Dopo Gregorio Magno, Maria di Magdala è divenuta l’esemplificazione più utilizzata per riferirsi al peccato, al pentimento ed alla redenzione; si potrebbe dire che tale è stata la forza e l’estensione di questo fenomeno che Maria di Magdala è divenuta la personificazione stessa della colpa; all’interno di questa dinamica ne viene evidenziata un’altra: il peccato, il male, vengono strettamente connessi alla sessualità ed alla corporeità e più specificamente a quella della donna.
È proprio la questione del ruolo della donna nella esperienza di Gesù e nel Vangelo che diviene centrale nel travisamento di cui è stata vittima Maria di Magdala
La domanda infatti è: le donne erano discepole di Gesù al pari degli uomini o rappresentavano solo quel seguito “di servizio” che ci ha tramandato la tradizione ecclesiastica?
Anzitutto, è necessario individuare gli elementi costitutivi del discepolato di Gesù.
Un aspetto del quale i Vangeli danno notizia è la chiamata personale, operata da Gesù, di diversi discepoli; c’è però accordo nella tradizione nel dire che in ultima analisi era sempre Gesù a decidere dell’appartenenza a lui. Se dai testi le donne non risultano chiamate come invece è raccontato per qualcuno degli uomini, a parte la possibilità che la notizia non ci sia stata tramandata nell’ambito del più vasto silenzio che le riguarda, resta il fatto che anch’esse sono accolte e quindi scelte da lui.
Le persone vicine a Gesù lo seguono nel suo spostarsi da un luogo ad un altro; i seguaci di Gesù si dividevano in carismatici itineranti, che lo seguivano e simpatizzanti sedentari; le donne appartenevano sia al primo che al secondo gruppo; le donne di Lc. 8, 1-3 (Maria di Magdala, Giovanna, moglie di Cusa amministratore di Erode e Susanna) itinerano con Gesù, altre come Marta e Maria di Betania risiedono abitualmente nella loro casa dove lo accolgono.
I discepoli sono legati a Gesù da un rapporto di servizio condiviso anche dalle donne; tuttavia si deve considerare che non si tratta del servizio nella logica di questo mondo (Gv.15, 15-16) “non vi chiamo più servi… ma amici… non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto…”; questo servizio si caratterizza per più elementi: l’ontologica differenza della natura delle relazioni tra esseri umani propria della prospettiva del Regno, la chiamata-scelta da parte di Gesù e l’invio ad annunciare,
Ai discepoli è riservato un particolare annuncio ed è interessante notare come questo emerge in Luca dopo la narrazione di 8, 1-3: ad esempio in Lc. 8, 10 si legge “A voi è dato conoscere… agli altri invece solo in parabole”; compare una chiara distinzione tra il messaggio destinato a tutti e quello, diverso anche nei modi, diretto ai discepoli; di questo gruppo più ristretto sono partecipi anche le donne.
Di ciò è chiara riprova il racconto lucano della visita delle donne al sepolcro vuoto: “… due uomini…dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono delle sue parole” (Lc. 24, 4-8).
Qui c’è più di un indizio rivelatore, c’è la prova certa che Gesù avesse parlato con le donne del suo destino fin dall’inizio della sua missione “quando era ancora in Galilea”; coloro che parlano si stanno rivolgendo ad un gruppo costituito solo di donne e sono le donne a ricordarsi delle parole di Gesù.
Il Risorto manda le donne a portare il messaggio di salvezza ai suoi: “Allora Gesù disse loro ‘Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e lì mi vedranno’” (Mt. 28, 10) ed ancora: “Gesù le (a Maria di Magdala) disse: ‘…va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’”(Gv. 20, 17).
Il termine “apòstolos” in greco indica la designazione di un uomo che è inviato e precisamente di un plenipotenziario; secondo l’interpretazione tradizionale, il lessico greco avrebbe offerto il termine ma il suo contenuto sarebbe stato determinato dal concetto tardo-giudaico di “salìah” (inviato), qualificazione concepibile solo per un maschio.
Tuttavia il Nuovo Testamento conosce una eccezione, tanto più significativa in quanto promanante da Paolo, notoriamente non molto incline alla simpatia per le donne: “Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, sono degli apostoli (apostòlis) insigni che erano in Cristo già prima di me” (Rm. 16, 7). Il titolo di apostolo qui non è riservato né ai soli Dodici, né solo a maschi.
Possiamo pertanto fondatamente concludere che le donne facessero parte a pieno titolo del discepolato di Gesù, condividendo alla pari con gli uomini sia l’insegnamento “riservato” che il compito di diffondere il messaggio.
Cosa possiamo allora dire sulla figura e sul ruolo reali di Maria di Magdala?
La tradizione, di cui non sono stati reperiti fondamenti storici certi, vuole che Maria di Magdala, con Lazzaro, Marta di Betania, Massimo ed altri, a seguito di una persecuzione in Palestina, fossero abbandonati su una barca senza vele né remi e infine approdassero in Provenza per diventarne i primi evangelizzatori; la scienza storica è oggi d’accordo con la leggenda per fissare al I secolo d.C. l’evangelizzazione della Provenza, ma mancano i documenti per delle conclusioni più precise.
Nella Cattedrale Vieille Major di Marsiglia è possibile trovare una sorta di sintesi della tradizione provenzale: sotto l’altare, sette formelle in bassorilievo rappresentano scene evangeliche e momenti della leggenda; in una è raffigurata Maria di Magdala che predica il Vangelo ai principi della città ed al popolo.
Indipendentemente dal fondamento e dalla storicità della tradizione provenzale, la rappresentazione di Maria di Magdala che predica trova il suo fondamento evangelico nelle parole di Gesù: “va’ dai miei fratelli e di’ loro…” (Gv. 20, 17) e nel fatto che: “Maria di Magdala…andò ad annunziare” (Gv. 20, 18).
E se Maria di Magdala avesse davvero esercitato prerogative apostoliche?
Questo breve scritto dedicato alla ricerca della verità su Maria di Magdala non può certo far scomparire il portato di quindici secoli nei quali Ella è stata fatta oggetto del travisamento forse più grave che la storia del cristianesimo e dell’occidente ricordino.
Paradossalmente, Maria di Magdala è considerata santa per essersi emendata da una condizione di peccato e di traviamento morale che non le erano mai appartenute nei termini per cui è passata alla storia.
Secondo alcuni commentatori, che pure hanno affermato la confusione determinatasi attorno alla figura di Maria di Magdala, tale confusione sarebbe tutto sommato innocua; ma siamo certi che sia proprio stato di nessuna conseguenza il fatto che per tale “confusione” Maria di Magdala, da donna guarita da Gesù sia stata trasformata in prostituta? Che in questa prospettiva di donna peccatrice per una colpa di tipo sessuale sia stata pensata, dipinta, scolpita, ricordata? Che di lei si sia tanto parlato rivolgendosi a uomini e donne ai quali si proponeva la donna più importante dei Vangeli, ad eccezione della Madre di Gesù, come una prostituta?
La santità di Maria di Magdala è stata costruita sulla negazione della verità della sua vita e della sua esperienza con Gesù; questo articolo vuole solo essere un modesto stimolo alla prosecuzione della ricerca della verità storica ed un atto d’amore nei confronti di una donna straordinaria la cui testimonianza, se le fosse stato dato lo spazio dovuto, avrebbe senz’altro arricchito la versione ecclesiastica “ufficiale” del messaggio cristiano dell’afflato dell’amore del Dio Madre, che la profondissima intuizione profetica del Papa Giovanni Paolo I ci ha tramandato con le parole pronunciate all’Angelus del 10 settembre 1978: “ Dio è papà, più ancora è Madre…”
Che sia proprio questa la ragione ultima e più profonda del travisamento di cui Maria di Magdala è stata vittima? ©RIPRODUZIONE RISERVATA
[1] Le argomentazioni storico-filologiche esposte in questo articolo sono tratte da due opere di una studiosa italiana, Carla Ricci, Presidente della sezione italiana della St. Joan’s International Alliance, o.n.g. con status consultivo all’ONU: Carla Ricci. Maria di Magdala e le molte altre: donne sul cammino di Gesù, M. D’Auria editore, Napoli, 2002 e AA.VV a cura di Carla Ricci e Marcello Marin, L’Apostola: Maria Maddalena inascoltata verità, Palomar, Bari, 2006.