L’Altra settimana #1 / Aneddoti, opere e personaggi dell’arte, della musica, della letteratura. Focus anni Settanta nuova tendenza per libri, film e Tv

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Roberto Roversi. Moravia, Video Music, le cene con Rick Hutton

Accadono troppe cose. Dunque escono troppi libri. La media è 200/250 al giorno. La professione è in ritardo. Sarà così fino alla fine. Nell’eccitazione dell’ambiente di lavoro. Nell’indifferenza della società.

Casualmente dalle spedizioni in arrivo: cogliamo una raccolta di scritti di Alberto Moravia, messa insieme una prima volta a metà anni Ottanta.
Essa ribadisce la qualità del pensiero e l’efficacia della scrittura dell’autore romano. Strappa pure un sorriso quando egli si sofferma su Video Music, il canale di video musicali che si affermò in quel periodo.

Condivisibili le osservazioni di Moravia sul frastuono del rock, pure quel frastuono lo abbiamo cercato; intanto che la memoria torna alle cene con Rick Hutton, tra i conduttori del canale, dove il cibo era inferiore al vino – non come qualità.

Roberto Roversi ritratto con Lucio Dalla | Foto ilSussidiario.it

Da un’altra pacchetto spunta un’antologia di Roberto Roversi, il poeta bolognese che scrisse i testi per Lucio Dalla. Un vuoto di memoria ci porta ad aprire la rubrica e a controllare. Quando lo rintracciamo, ci sembra di avercelo di fronte.

Gli ultimi di Quodlibet, Federico Fellini e letteratura, un nuovo Primo Levi, le lezioni di Sergio Solmi, una raccolta di interviste di Gianni Celati. Per la musica contemporanea, Paul Bley.

Solo negli ultimi tempi la casa editrice Quodlibet, tra gli altri libri, ha pubblicato: un saggio sul rapporto tra Federico Fellini e la letteratura; una originale rilettura di Primo Levi; un brillante manuale di filosofia, scritto da differenti studiosi; le lezioni di Sergio Solmi; una bella raccolta di interviste di Gianni Celati.
La qualità del lavoro dell’editore viene confermata da una collana dedicata alla musica afro-americana, tramite una selezione di titoli tradotti dall’editoria estera e curati dal bravo Claudio Sessa.
Così dopo i preziosi volumi su Art Ensemble of Chicago, Jelly Roll Morton e Louis Armstrong, ora ne appare uno sullo scomparso pianista Paul Bley, tra i protagonisti del jazz contemporaneo.
Sul principio degli anni Settanta Bley fu coinvolto nella genesi della Ecm, una casa discografica tedesca che si riprometteva di rinnovare la musica contemporanea.
Per attuare questo progetto il proprietario dell’etichetta, Manfred Eicher, scelse come campo base Oslo – la capitale della Norvegia dove avevano sede i Rainbow Studios, che gli erano stati raccomandati dal sassofonista Jan Garbarek.
Eicher contattò diversi musicisti, tra i quali tre pianisti americani: Paul Bley appunto, più Chick Corea e Keith Jarrett. I tre artisti realizzarono rispettivi dischi di solo-piano: Bley Open to love, Corea Piano Improvisations, Jarrett Facing you. Tutti e tre suonarono lo stesso strumento, ma ne trassero ciascuno il proprio racconto melodico. Qualcosa di molto vicino alla magia.
Molti anni dopo questi accadimenti ci recammo a Oslo da Jan Erick, il tecnico del suono che aveva collaborato all’incisione di quei dischi. Una persona semplice, spontanea, che ci apparve del tutto appagata.
In quei giorni trascorremmo del tempo con Paolo Vinaccia, un batterista proveniente da Macerata che a ridosso degli anni Ottanta aveva mollato tutto per trasferirsi in Nord Europa.
Paolo (che è venuto a mancare alcuni anni fa) ripeteva non gli mancava l’Italia e che si era del tutto ambientato in quel paese così per bene.
Noi avevamo portato dall’Italia dei dischi e ne ascoltammo uno di Lucio Dalla con lui. Ancora si facevano queste cose insieme. Ricordiamo Paolo si commosse, al punto da alzarsi e lasciare la stanza.

Opere sugli anni Settanta, Generazione Settanta di Michele GotorOpere sugli anni Settanta, nuova tendenza per libri e non solo. La band Comaneci, l’ultimo di Wu Ming: Ufo78 e l’ultimo di Miguel Gotor. Mughini e Il Grande Disordine. 

Il gruppo musicale dei Comaneci, che prende nome dalla fenomenale ginnasta rumena affermatasi alle Olimpiadi del 1976 in Canada; il nuovo libro del collettivo di autori chiamato Wu Ming, intitolato Ufo 78 e dedicato ad una ricognizione della politica e del costume di quel periodo storico; infine il nuovo libro di Miguel Gotor, dal titolo Generazione Settanta e rivolto anch’esso allo studio di quel decennio: queste e altre opere sugli anni Settanta indicano una attuale e precisa tendenza dell’editoria, fermo restando accade qualcosa di analogo anche al cinema e in televisione.
Opere sugli anni Settanta, quindi. Il primo libro sull’argomento, Il grande disordine, lo scrisse un po’ di tempo fa Giampiero Mughni (che l’immagine televisiva deforma rispetto alla sua reale biografia). A differenza dei nomi menzionati, Giampiero è stato un protagonista di quella stagione; che non fu solo quella degli Anni di Piombo, ma anche quella in cui si affermarono le case editrici indipendenti e le radio libere – gettando le basi di un settore della cultura e dell’informazione dal quale provengono molti di noi.
È normale in avvenire saranno analizzati periodi di tempo più vicini. Tuttavia gli anni Settanta rappresentano l’anello di collegamento tra i fermenti delle generazioni precedenti (1968 e dintorni) e il riflusso di quelle successive (dagli anni Ottanta in avanti) e soprattutto da questo punto di vista meritano di essere meglio conosciuti.

Opere sugli anni Settanta, Ufo78 di Wu MingRicordiamo bene come sul principio degli anni Ottanta, quando ci affacciammo sul mondo del lavoro, ancora si percepisse l’onda lunga di quello che era stato e si confidasse essa potesse durare, che potesse dare un senso anche alle nostre cose.

Gli altri anni Settanta, Pier Paolo Capovilla su Artaud, Franco Basaglia, Anthony Braxton che suona nel manicomio di Trieste e la performarce involontaria di Ravi Shankar

L’artista Pier Paolo Capovilla (su «Domani») presenta un suo spettacolo, che avrà luogo a Parma, in parte ispirato ad Antonin Artaud.
Il drammaturgo francese risulta tra gli autori più originali del Novecento; pure, nel corso della sua esistenza, è stato oggetto di problemi di salute mentale.
Nel suo pezzo Capovilla menziona Franco Basaglia, il cui impegno come medico e attivista portò nel 1978 alla chiusura dei manicomi.
Qualche tempo prima Basaglia aveva invitato il musicista jazz Anthony Braxton a suonare nel manicomio di Trieste. Un scelta insolita, data la musica radicale di Braxton, ma che si rivelò felice. Il musicista aggiunse era stata tra le esperienze più siginificative della sua vita.
Più o meno nello stesso periodo Ravi Shankar, il più importante musicista indiano, fu coinvolto in un concerto di beneficenza negli Stati Uniti. Salì sul palco per accordare gli strumenti e al termine dell’esercizio il pubblico (evidentemente convinto di aver assistito ad una performance) applaudì con entusiasmo. Shankar ammise non gli era mai capitato – prendendo probabilmente gli americani per matti.
Antonin Artaud in “Graziella”, film di Marcel Vandal del 1926

In una circostanza Artaud (sul quale Mick Jagger anni fa era pronto a fare un film) specificò che lo spettatore, al termine di uno spettacolo, dovrebbe tornare a casa consapevole di aver preso parte ad un “…momento cruciale”.

Ha ragione Artaud. Un tempo è capitato a tutti noi spettatori. Nessuna promozione può programmare quale sarà il momento cruciale.

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